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Ecoballe nel Tirreno, Legambiente e Greenpeace intervengono a 5 anni dai fatti

Legambiente: “Si smetta con questo assurdo ed estenuante scaricabarile, si proclami finalmente lo stato di emergenza nazionale”

Dopo cinque anni è urgente rimuovere le ecoballe disperse nel mare toscano, perché il golfo di Follonica e il Santuario dei Cetacei Pelagos non possono più aspettare.
È questo l'appello lanciato da Legambiente Toscana in occasione dell'arrivo in regione della Goletta Verde 2020. Giovedì 23 luglio ricorrerà il quinto anniversario da quel tragico giorno di tempesta che nel 2015 convinse il capitano della motonave Ivy a sversare in mare 63 mila kg di plastica pressata che aveva a bordo. Un carico che sarebbe dovuto arrivare integro a Varna, nel Mar Nero, per essere incenerito in un cementificio e che invece è caduto in Italia, nel cuore del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, al largo di Piombino.

In cinque anni non è ancora arrivata la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, dopo mesi di incomprensibili rimpalli di responsabilità e il congelamento – per un anno intero – dell’azione dell'ex commissario, Aurelio Caligiore, a causa di un presunto conflitto di interessi sollevato dall'Autorità garante per la concorrenza e il mercato.

Il Capo della Protezione Civile Angelo Borrelli indugia nell'inoltrare la richiesta formale di attivazione dello stato di emergenza al Consiglio dei Ministri, che quindi non si sta occupando del problema. Il Premier Conte, dal canto suo, non firma il decreto per deliberare lo stato di emergenza.

Il risultato è gravissimo: sotto gli occhi attoniti delle comunità dell'arcipelago toscano e dell'intero Paese le 40 ecoballe “superstiti” del carico disperso in mare – originariamente consistente in ben 56 “colli” – si stanno lentamente sfaldando, con gravissimi e forse irreversibili danni per l’ecosistema marino dell'Alto Tirreno e con conseguenze ancora non valutabili per il Santuario dei Cetacei Pelagos.
“Si smetta senza ulteriore indugio questo assurdo e incomprensibile scaricabarile – dichiarano all’unisono Stefano Ciafani e Fausto Ferruzza, rispettivamente presidente nazionale e regionale di Legambiente – e si provveda quanto prima a dichiarare lo stato di emergenza, a nominare un nuovo commissario e finalmente a rimuovere quella che si sta annunciando come una vera e propria bomba ecologica a orologeria per il nostro ambiente marino”.

Greenpeace esegue monitoraggi nel santuario dei cetacei

Dopodomani, giovedì 23 luglio, sarà il quinto anniversario della dispersione in mare di decine di tonnellate di plastica disperse da una nave cargo salpata da Piombino e diretta a Varna, in Bulgaria, con un carico di 1.888 balle di rifiuti di plastica da incenerire. A causa di un’avaria, un’ora dopo la partenza il comandante diede ordine di sversare in mare parte del carico. È così che 65 tonnellate di plastica finirono nelle acque protette del Santuario dei Cetacei e oggi, la maggior parte di queste, giace ancora sui fondali rappresentando una grande minaccia per un’area ad elevato valore naturalistico.

Greenpeace, che si trova nelle acque dell’Arcipelago Toscano per la spedizione di ricerca “Difendiamo il Mare”, condotta con la barca Bamboo della Fondazione Exodus di don Mazzi, ha pubblicato un mese fa un’inchiesta, “Un santuario di balle”, per fare luce sulle responsabilità. In questi giorni l’organizzazione ambientalista insieme ai ricercatori del CNR-IAS di Genova e dell’Università Politecnica delle Marche sta eseguendo dei monitoraggi nell’area per capire se la plastica dispersa sui fondali ha generato un impatto nelle acque del Santuario e del Golfo di Follonica in termini di rilascio di microplastiche. Le indagini si stanno concentrando non solo sulla presenza di microparticelle in plastica nelle acque, ma anche nei sedimenti, nel pescato e nelle specie ittiche allevate nel Golfo di Follonica.

«È paradossale che sia una piccola organizzazione con limitate disponibilità economiche come Greenpeace a eseguire tali ricerche. D’altra parte, cosa possiamo aspettarci da tutte quelle istituzioni che da cinque anni non sono riuscite a recuperare le tonnellate di plastica che giacciono in fondo al mare?» dichiara Giuseppe Ungherese, Responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace. «Abbiamo appreso della richiesta di stato di emergenza nazionale che il ministro dell’Ambiente Costa presenterà al Cdm e crediamo che non ci sia altro tempo da perdere. Il Santuario dei Cetacei merita di essere realmente tutelato, non può essere ridotto a una discarica sottomarina di plastica dove si può impunemente inquinare».

Greenpeace Italia ha presentato anche un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale nei confronti della Regione Toscana che, all’epoca dei fatti, aveva in mano una fidejussione di quasi tre milioni di euro a garanzia dei possibili danni ambientali intercorsi durante le operazioni di trasporto. Quei soldi potevano essere utilizzati per recuperare il carico disperso ma sono stati restituiti.

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