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Dieta dei grandi carnivori e dinamiche evolutive: su Mammal Review uno studio internazionale coordinato dall'Università di Siena

Dieta ricca in presenza di un menù variegato? Non per tutti i grandi carnivori del pianeta è così.

Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Mammal Review da un team internazionale di ricerca, coordinato dal professor Francesco Ferretti del dipartimento di Scienze della vita dell’Università di Siena, ha valutato la ricchezza della dieta delle 12 specie di grandi carnivori più diffuse al mondo in relazione alla locale ricchezza di prede, esaminando un campione di oltre 500 studi realizzati su scala globale.

La ricerca, a cui hanno collaborato il professor Sandro Lovari dell'Ateneo senese, Philip Stephens, della Durham University (Regno Unito), Mauro Lucherini dell'Universidad Nacional del Sur (Bahia Blanca, Argentina) e Matt Hayward dell'University of Newcastle (Australia), ha prodotto un quadro differenziato tra le specie, suggerendo che i carnivori più grossi, dominanti nelle relazioni competitive con altri carnivori, possono “comprimere” la dieta di quelli di dimensioni inferiori.

"Le specie che sono solitamente predatori - spiega il professor Ferretti - al vertice della piramide alimentare, come tigre, leone, giaguaro, iena macchiata, puma, lupo, lince eurasiatica, mostrano una dieta più diversificata all'aumento del numero di specie di prede disponibili localmente. Tuttavia, leopardo, ghepardo, licaone, leopardo delle nevi e dhole, un grosso canide selvatico asiatico, che sono solitamente specie “subordinate” negli ecosistemi in cui vivono, non traggono lo stesso vantaggio alimentare dalla presenza di una comunità ricca di prede".

La competizione tra specie di carnivori è solitamente molto intensa e non di rado sfocia nell’uccisione della specie più piccola da parte di quella più grande. Lo studio di Ferretti e colleghi evidenzia che solo le specie dominanti possano arricchire liberamente la propria dieta in presenza di una ricca comunità di prede.

"I grandi carnivori terrestri - conclude Ferretti - rivestono notevole importanza ecologica, conservazionistica, economica e culturale. Questi risultati aiutano a comprendere le dinamiche evolutive della coesistenza tra specie di carnivori e presentano importanti risvolti conservazionistici: per esempio, alterazione dell’habitat o sfruttamento intensivo della fauna da parte dell’uomo, con effetti sulle comunità di grandi erbivori, sono destinati ad avere un impatto negativo non solo sui carnivori più iconici, ma anche su quelli relativamente subordinati, determinando un aumento della competizione con i predatori più grandi".

 

Fonte: Università di Siena

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