Collaboratore di giustizia della camorra si toglie la vita nel carcere di Sollicciano
Tragedia nel carcere fiorentino di Sollicciano. Un detenuto cinquantenne , originario della provincia di Caserta, appartenente al clan Lubrano affiliato ai Casalesi, collaboratore di giustizia, si è tolto la vita nella sua cella del carcere. L’uomo era sottoposto a misura di sicurezza perché socialmente pericoloso.
Ne da notizia il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, per voce del Segretario generale Donato Capece: “L’ennesimo suicidio di una persona detenuta in carcere dimostra come i problemi sociali e umani permangono, eccome, nei penitenziari. Negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 21mila tentati suicidi ed impedito che quasi 170mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze. Purtroppo, a Sollicciano, il pur tempestivo intervento degli Agenti di servizio non ha potuto impedire il decesso dell’uomo”.
Capece, richiama un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che sui suicidi in carcere aveva sottolineato come "il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere".
"Ma", conclude, "fondamentale è eliminare l'ozio nelle celle. Altro che vigilanza dinamica. L'Amministrazione Penitenziaria, nonostante i richiami di Bruxelles, non ha affatto migliorato le condizioni di vivibilità nelle celle, perché ad esempio il numero dei detenuti che lavorano è irrisorio rispetto ai presenti, quasi tutti alle dipendenze del Dap in lavori di pulizia o comunque interni al carcere, poche ore a settimana”. Da qui il rinnovo dell’invito al Guardasigilli Bonafede di trovare una soluzione urgente ai problemi penitenziari toscani e dell’intero Paese.
Il SAPPE, che ieri aveva manifestato davanti alla sede romana del DAP per sollecitare proprio l’adozione di provvedimenti urgenti da parte del DAP e del Ministero della Giustizia per il Corpo di Polizia Penitenziaria ed il sistema carcere, ricorda che alla data del 31 maggio scorso, erano detenute in carcere 53.387 detenutirispetto alla capienza regolamentare di poco meno di 50mila posti. Gli stranieri ristretti nelle nostre carceri sono 17.572 (il 32,91%). Ben 102.604 i soggetti seguiti dagli Uffici di esecuzione penale esterna, 1.348 i minorenni e giovani adulti presenti nei servizi residenziali e 13.279 quelli in carico ai servizi della Giustizia minorile
Il Garante toscano interviene appena avuto notizia del suicidio: “Intollerabile l'inerte indifferenza. Solleciterò Governo e ministero. La vita di un uomo merita più investimenti del bonus mobilità”
“La vita di un uomo merita più investimenti di un monopattino. Non è più tollerabile questa inerte indifferenza. Solleciterò Governo e ministro perchè molte delle risorse oggi a disposizione siano investite sulla cura e l'assistenza dei detenuti”. È il commento del Garante regionale Giuseppe Fanfani appresa la notizia del suicidio di un collaboratore di giustizia a Sollicciano.
“Il suicidio, per di più di un collaboratore di giustizia, ripropone nuovamente e con estrema gravità il problema dell'integrità personale, della sicurezza e dell'assistenza e cura verso i più fragili all'interno delle carceri. Un tema che dovrebbe qualificare la democrazia di un popolo e il rispetto dei principi costituzionali, e che invece tutte le volte ci pone di fronte ad una pratica quotidiana ed a una situazione carceraria della quale la collettività dovrebbe vergognarsi” continua Fanfani.
“Quest'uomo aveva iniziato un cammino diverso e di redenzione e come tale doveva essere ancor di più tutelato e protetto anche nelle conseguenti note fragilità”. “Il silenzio, colpevole e l'indifferenza evidente del legislatore e del Governo sono tangibili. Più che ad un bonus mobilità è necessario un intervento deciso, serio e finalmente tangibile sui nostri istituti penitenziari” conclude il Garante.