Fanghi usati come concime, Valiani: "Quale politica necessaria per un altro sviluppo"
La cronaca dei giorni scorsi ci informa che oltre ventiquattromila tonnellate di rifiuti speciali nocivi (contenenti cromo esavalente e idrocarburi), prodotti di risulta dell’industria conciaria, sono stati smaltiti illecitamente su più di centocinquanta ettari di terreni coltivati a granturco e girasole, "grazie" ad aziende agricole compiacenti dietro compenso. Un operaio della Zona del Cuoio, amico e compagno Mario, ha scritto una nota preoccupata su il rapporto tra produzione e ambiente https://www.facebook.com/mario.risaliti/posts/10217688330815687, pigliando spunto dall’ultima vicenda ambientale e giudiziaria relativa allo spandimento su terreni agricoli di fanghi pericolosi derivati dall’industria conciaria. Sostiene che anche la nostra ‘non è un’isola felice’.
Effettivamente dobbiamo prendere atto che questi tipi di ‘fallimento del mercato’ sono ormai presenti anche nella nostra regione, in diverse situazioni. Rammentiamoci, ad es., che ogni politica ambientale futura deve considerare l’impegno prioritario per la bonifica dei cosiddetti SIN – siti di interesse nazionale (in Toscana le aree di Livorno, Piombino, Massa…). Ed è urgente una nuova pianificazione sui rifiuti, a partire dal grosso punto critico della carenza di impianti per far diventare materia prima seconda le diverse parti della raccolta differenziata e certi residui produttivi.
Il settore del cuoio, collocato nel centro della Toscana, è uno dei simboli produttivi della nostra regione ed è caratterizzato, come altri comparti produttivi, da una spiccata prevalenza dell’esportazione. L’evento ’biblico’ che si sta ancora passando ha dato dei colpi duri sull’occupazione e lo sviluppo dell’economia toscana.
Per il ‘dopo Covid’ – e anche in vista delle prossime elezioni regionali - si intravedono differenti orientamenti nella discussione politica. Una parte – anche trasversale ai vari schieramenti politici - dice: poche storie, senza la ‘ripresa del PIL’, senza un ritorno a ‘prima’, si rischia il nostro livello di benessere, sicchè avanti con ogni tipo di ‘libertà’ per le imprese, eliminiamo tutti vincoli burocratici, ecc. Secondo una ben nota visione che comunque un maggiore profitto dell’imprenditore ‘sgocciola’ automaticamente un po’ di vantaggi per i lavoratori.
Un’altra parte, più lungimirante, e che deve essere ben sostenuta, dice alle imprese che non conviene, specialmente sul medio lungo periodo, competere sui bassi salari e su ‘furbizie’ che mettono in conto anche danni ambientali. Non fa bene alla buona politica fermarsi a ‘lisciare il pelo all’impresa’, solo per raccogliere qualche presunto gruzzolo elettorale. Lo Stato – ma il concetto vale anche per le altre istituzioni, come Regione e Comuni - non può essere un semplice ‘strumento’ al servizio delle imprese. Il potere democratico deve essere al servizio della collettività tutta, del progresso sociale complessivo e con particolare riguardo alla dignità del lavoro.
Se la Toscana perdesse i suoi tratti di qualità, non solo nel paesaggio e nel patrimonio storico, ma anche per quanto riguarda una certa tensione verso le ‘cose fatte bene e in modo giusto’, cosa ci rimane? E poi, sappiamo che, più in generale, il capitalismo, dai vincoli tesi al rispetto dell’uomo e dell’ambiente (non dagli orpelli burocratici inutili, che, anzi, con attenzione, vanno individuati e superati) ne ha sempre cavata una nuova vitalità.
Da vecchio medico del lavoro del servizio pubblico mi sono trovato ad usare la forza della legge per sostenere i necessari cambiamenti delle condizioni di rischio per i lavoratori. Nello stesso tempo cercavo anche di spiegare al datore che l’impegno per attuare le misure necessarie, ancorché motivate dal diritto fondamentale e irrinunciabile della tutela della salute, non era un ‘disturbo’ allo sviluppo aziendale, bensì una condizione per garantire, al posto di un presunto vantaggio immediato di profitto, un futuro più solido alla stessa azienda.
Infine – a proposito di recenti posizioni strumentali ‘contro la burocrazia’ – queste vicende impongono un’altra necessità politica: è fondamentale sostenere i servizi pubblici di controllo e studio ambientale come le ARPA, che in questi anni hanno subito, al pari e forse più di altri, una certa emarginazione culturale e politica, nonché perdita di operatori. Non si tratta solo di assicurare a questi servizi le risorse necessarie, ma anche di difendere con forza il carattere di ‘terzietà, indipendenza e capacità di integrazione con altre strutture della pubblica amministrazione (a partire dalla sanità). La loro funzione di controllo, informazione, prevenzione e supporto alla repressione degli illeciti dannosi per la nostra salute e per il nostro ambiente è irrinunciabile.
Mauro Valiani, Sinistra Italiana