Come il Vietnam ha contenuto il Coronavirus: la testimonianza del pisano Adriano Vignoli
In questo capitolo di testimonianze dei toscani all’estero durante l’emergenza Coronavirus, gonews.it vola in Oriente, si ferma al confine con la Cina e atterra in Vietnam.
Questo Stato, dagli incredibili paesaggi che ospitano tra i più bei monumenti e pagode buddiste al mondo, ad oggi rappresenta un ottimo esempio di contenimento della pandemia. Infatti dal giorno in cui la Cina ha rivelato al mondo i suoi primi casi, il vicino Vietnam ha adottato tutte le precauzioni necessarie senza sprecare un minuto in più, registrando al momento poche centinaia di contagi e nessun decesso. Tutto è scoppiato durante il Tet, il Capodanno Cinese, che per tradizione svuota le affollatissime città, chiude i negozi e riporta le persone a casa dai propri familiari. Durante questo periodo, Adriano si trovava in Vietnam per lavoro e ha vissuto l’inizio della poi dichiarata Pandemia, fino ad oggi.
Adriano Vignoli ha 57 anni, abita a Pisa ed è ingegnere della Piaggio. È distaccato in Vietnam, in uno stabilimento dell’industria pontederese di veicoli a motore, ed è alla sua seconda esperienza lavorativa nel sud-est asiatico. L’ingegnere si trova ad Hanoi, la capitale, dal 3 gennaio 2020.
Ripercorriamo le fasi dell’emergenza Coronavirus in Vietnam, dai primi contagi a oggi.
“Mi trovavo qui quando tutto è iniziato – ha raccontato Adriano. Durante il Tet, che viene festeggiato in tutta l’Asia ed è l’equivalente del nostro Natale, la metropoli di Hanoi era diventata un’altra città, con ristoranti e negozi chiusi, svuotata dalle persone e dal caos dei motorini. Quando siamo rientrati dal Capodanno Cinese è venuto fuori che c’erano stati i primi casi, di due vietnamiti di ritorno da Wuhan e risultati positivi al Covid-19”. Le prime due persone contagiate, ha continuato Adriano, provenivano dal villaggio di Son Loi, bloccato immediatamente dalle autorità e messo in quarantena. “Ho visto subito un’ottima reazione del Governo. Il luogo del nostro stabilimento confina con questo villaggio quindi eravamo preoccupati poiché molte persone che lavorano con noi sono proprio di quelle zone, interessate dai primi contagi”. Così oltre allo Stato, anche al lavoro Adriano e i colleghi hanno iniziato ad adottare “precauzioni con largo anticipo, come mascherine e distanziamento sociale”.
Queste misure preventive hanno portato, infatti, a degli iniziali ottimi risultati: “La prima fase si è conclusa con 16 contagi e 0 decessi. Poi – ha proseguito l’ingegnere – a inizio marzo c’è stato un fenomeno Covid di ritorno, portato ad Hanoi da una vietnamita che rientrava da Londra. Ancora una volta il Governo ha agito tramite un’accurata ricerca di tutti i contatti della donna e non si è fermato alle persone che erano sul suo stesso volo, ma si è esteso anche al quartiere dove abitava, facendo un’azione di contenimento e mettendo in quarantena molte persone in maniera mirata. Un ulteriore step si è avuto quando in un ospedale di Hanoi è stata registrata qualche infezione”. Dall’episodio dell’ospedale, “le autorità hanno dato inizio al lockdown di Hanoi”. Durante questi processi di contagio lo stabilimento dove lavora Adriano aveva già attuato, dal 23 marzo, il lavoro su turni “in modo dal ridurre del 50 per cento le persone presenti in azienda”, oltre a chiudere l’ufficio di Hanoi e dare inizio allo smart working. Un lockdown descritto dal pisano “radicale come in Italia”. Infatti anche nella capitale vietnamita tutti i negozi sono stati chiusi, restavano disponibili solo quelli di generi di prima necessità e anche i voli da e per lo Stato sono stati bloccati.
L’allentamento graduale delle misure di contenimento è arrivato circa due settimane fa, ma le persone continuano ad essere prudenti: “Dopo lo sblocco del lockdown dal Governo, abbiamo continuato ad adottare precauzioni sul lavoro". Al momento sono stati riaperti i negozi, bar, punti di aggregazione e i voli interni. Chiunque arrivi dall’estero adesso ha 14 giorni obbligatori di quarantena mentre per quanto riguarda le scuole, “non sono mai state riaperte da dopo il Tet”.
Ad oggi, giovedì 21 maggio 2020, il Vietnam ha registrato dall’inizio dell’epidemia mondiale 324 casi e zero decessi. “Le vittime non ci sono, almeno ufficialmente, e il 50% dei contagiati sono di ritorno e continuano ad esserci perché il Vietnam sta facendo rientrare i suoi cittadini dal resto del mondo”. Forse una così buona resistenza al Coronavirus deriva da esperienze pregresse? “Non si sa se perché in passato il Governo Vietnamita è rimasto scottato dalla gestione della Sars, che li aveva presi alla sprovvista, ma stavolta ha reagito in maniera precisa e mirata, salvaguardando la salute dei cittadini e il business, nonostante abbia fatto ricorso alla chiusura totale come l’Italia”.
Qual è stato il metodo del Vietnam per contenere il Coronavirus?
“Prima cosa, tracciatura. Hanno tracciato con grande attenzione i contatti. Dal paziente F0, che ha contratto il Coronavirus si va al suo primo contatto che diventa F1 e da questo ad F2 e così via… hanno ramificato e fatto mappature tramite le autodichiarazioni”. Come l'autocertificazione che in Italia si doveva compilare per uscire, anche Adriano in Vietnam ha spiegato: “Ho dovuto riempire più volte, nel Residence dove abito, i fogli su richiesta delle autorità sul mio stato di salute e da quanto mi trovavo in Vietnam. Dopo la tracciatura è scattata per moltissimi la quarantena”. Questa resistenza al virus probabilmente può derivare anche da altri fattori. “C’è anche l’impressione che la mortalità in Asia sia inferiore. I dati sono ufficiali del Governo e sembrano coerenti, anche in base a quello che vediamo”. Un Governo che continua a mantenere alta l’attenzione, poiché molti potrebbero avere il virus ma non manifestarlo e quindi tutto è ancora sotto controllo.
Essendo un paese definito 'povero', circolano voci di scettici che non credono alle centinaia di contagi, ma al fatto che non siano stati rilevati o comunicati correttamente. Cosa risponde?
“Il livello con cui il Governo ha comunicato con la cittadinanza è stato molto attento e puntuale. È stato fatto un grande sforzo per convincere i cittadini sull’importanza dell’igiene e di indossare le mascherine. Da una parte non puoi metterci la mano sul fuoco… il Vietnam ha pur sempre un partito unico dove la verità è quella ufficiale. Ma l’impressione è comunque positiva, sembra che abbiano davvero gestito bene la cosa”.
L’Oriente ha delle tradizioni sconosciute dall’Occidente. Gli usi e costumi delle società e gli stili di vita differiscono molto dai modelli europei. Durante la pandemia, nei collegamenti dei giornalisti all’estero alle nostre televisioni italiane, abbiamo potuto vedere non solo immagini dell’emergenza sanitaria ma anche dei mercati di animali, diventati oggetto al centro delle discussioni per le presunte origini del Coronavirus. È delle ultime ore infatti, la notizia proveniente da Wuhan del divieto di consumo, per i prossimi cinque anni, di animali selvatici.
“Il discorso dei mercati è più un fatto culturale che sanitario. Il passo avanti da fare è adottare provvedimenti come in Europa, dove qualsiasi piatto che arriva in tavola ha seguito una filiera di controlli veterinari” – ha commentato Adriano sul tema. “Più la Nazione è arretrata e meno sono in atto. Qui in Asia succede spesso di vedere animali vivi al mercato, per un motivo igienico. Parliamo di zone dove i frigoriferi cominciano a prendere piede ora quindi, quando vai a comprare, devi essere sicuro che il prodotto sia fresco se non lo puoi conservare bene. Ecco perché c’è la tendenza ad esporre animali vivi, che però porta ad altri problemi igienici. Magari arriveremo anche noi a mangiare ragni e blatte, però se la filiera è tenuta sotto controllo dal punto di vista sanitario tramite preventivi controlli veterinari, non presenta rischi”.
I dispositivi di protezione sono disponibili per la popolazione?
“Qui le mascherine si trovano, non abbiamo avuto difficoltà a reperirle e indossarle rappresenta un’abitudine precedente al Coronavirus". Le persone le mettevano già da prima per l’inquinamento, “anche se sono modelli diversi tra quelle per le polveri sottili e quelle contro il Covid. Le persone hanno inoltre reagito in maniera molto prudente, nessuno era in giro durante il lockdown”.
Come erano visti gli italiani all’estero durante il boom di contagi in Italia?
“I nostri colleghi vietnamiti erano sinceramente preoccupati per noi e ci chiedevano come stessero i nostri parenti. Hanno un senso della famiglia molto spiccato e nessuno ci vedeva come un pericolo, anche perché eravamo qua da tempo”. La situazione però si è ribaltata velocemente. Da quanto ha raccontato Adriano con i primi casi in Vietnam i lavoratori dall’Italia non partivano più e la minaccia più grande sembrava proprio quella orientale. Dopo poco tempo, come sappiamo, i ruoli si sono invertiti, portando l’Italia ai primi posti nel mondo per contagi e purtroppo per numero di decessi. “Siamo rimasti estremamente sorpresi nel vedere i casi italiani, sembrava ci fosse qualche errore, qualcosa che non tornava. In Italia stanno facendo centinaia di migliaia di tamponi, ecco perché probabilmente saltano fuori tanti casi”.
Cosa ne pensi, da lontano, di come ha agito l’Italia per far fronte al Coronavirus?
“Giudico il mio Paese in maniera positiva. All’inizio tutti abbiamo fatto fatica a capire quale fosse il vero livello di rischio dell’epidemia. Sentivo trasmissioni europee con punti di vista molti diversi e mutevoli. Alla fine il nostro Paese ha reagito bene, con il blocco dei voli e la difficile scelta del lockdown. Non mi sento di criticarlo per la sequenza di regolamenti adottati uno a presso all’altro. Non è una situazione che ha riscontro nella storia recente, dovremmo tornare alla Spagnola del 1919 per prendere un riferimento. I politici dovevano capire e agire in tempo, ma non penso abbiano fatto una brutta figura. Siamo stati additati come untori – ha continuato Vignoli – ma ha poca importanza. La cosa bella, nella tristezza del boom di contagi, è stata ritrovare il significato della bandiera italiana. Prima si vedeva solo in occasione dei mondiali o, se esposta davanti casa fuori da un evento sportivo, assumeva forse una connotazione quasi negativa di schieramento politico. Invece ora ha assunto un altro simbolo, tutti si sono ritrovati italiani in questa occasione. Restano solo i dubbi sui tagli alla sanità praticati nel passato e quanto possano aver impattato sul numero di decessi”.
Quali sono i tuoi timori?
“Io penso che la ricetta in queste situazioni sia una sola. Bisogna essere pazienti, prudenti ma ottimisti perché l’ottimismo è la chiave per il benessere mentale e fisico. Il mondo ne ha passate tante, non sarà questa pandemia a fare più danni dei conflitti mondiali. La passeremo, ma la cosa che stanno dicendo in molti è come trarre insegnamenti e approcci per migliorare la nostra esistenza, il nostro modo di vivere occidentale, da questa esperienza. Certo non è pensabile di non avere più contatti fisici ma ci sono spunti interessanti in questa storia per la digitalizzazione. La qualità della vita nelle grandi metropoli, di chi solo per andare a lavoro impiega 4 ore nel trasferimento, forse in questi casi può essere utile applicare sempre lo smart working. Non sarà il toccasana di qualsiasi cosa – ha concluso Adriano – ma vedo la necessità di riflettere sui modelli di vita per migliorare l'esistenza di ognuno”.
I dati
Oggi, giovedì 21 maggio 2020, in Vietnam sono 324 i casi positivi da Coronavirus. I casi attivi sono 60 e zero i decessi.
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Margherita Cecchin