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Coronavirus nelle Rsa, in Toscana oltre 100 morti: cosa è andato storto, dati alla mano

Il Covid-19 ha stravolto il concetto di gestione ordinaria dell'intero sistema sanitario del nostro paese: un virus nuovo, di cui si conosceva poco, e al quale eravamo oggettivamente impreparati a reagire. Eppure se il Covid-19 una cosa non l'ha mai nascosta è la subdola preferenza a uccidere le fasce deboli della popolazione, a partire dagli anziani.

Era lecito quindi aspettarsi che l'osservato speciale fossero le case di riposo. Eppure in queste ore, in Italia e anche in Toscana, sta scoppiando un vero e proprio 'caso RSA' fatto di nuovi contagi, decessi e di una serie di inchieste. È il racconto di un sistema di assistenza ai più deboli che in alcuni casi si è trasformato in una trappola. Facciamo il punto sulla Toscana.

CORONAVIRUS RSA TOSCANE: LE MISURE PRESE

Il Governo è intervenuto la prima volta sulle RSA il 4 marzo 2020 con il relativo Dcpm in cui si vieta l'accesso a visitatori e parenti e invitava "ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione". La Toscana già a fine febbraio, con un'ordinanza a carattere generale, aveva comunicato modalità sull'uso dei DPI e sui comportamenti da tenere nelle strutture socio-sanitarie, poi è intervenuta con un'ordinanza il 29 marzo 2020 in cui stabilisce direttive per il contrasto del Covid-19 specificatamente nelle strutture per anziani e RSD. Nell'ordinanza si specifica che il personale sintomatico doveva sospendere l'attività e che tamponi erano previsti laddove si registrassero casi. Si davano poi direttive sulla gestione dei casi positivi, in particolare sulle modalità di isolamento, se possibile all'interno della stessa struttura, altrimenti in altra residenza sanitaria idonea alla quarantena. Va precisato che la maggior parte delle strutture toscane sono a gestione privata, dunque in una prima fase l'intervento del sistema sanitario era vincolato alla positività di un ospite su comunicazione delle stesse strutture.

Il 31 marzo, invece, il presidente Rossi ha annunciato uno screening di massa per operatori e ospiti. Al 2 aprile la Regione comunica di aver eseguito circa 4mila tamponi, su una 'popolazione' complessiva (ospiti e operatori) di circa 20mila soggetti. In data 3 aprile è stata emessa un'altra ordinanza per eseguire i test sierologici. Lo screening ad oggi, 16 aprile, non si è concluso, ma la Regione sta impegnando molte energie per sollecitare una rapida conclusione. Ai primi di aprile è stato redatto un vademecum contenente le indicazioni regionali per fronteggiare l'emergenza Covid nelle RSA che contiene una sorta di summa delle disposizioni prese, delle misure protettive adeguate, delle norme di comportamento e di quelle di gestione di casi positivi.

Il 7 aprile la Regione ha emesso un'ulteriore ordinanza che affina e potenzia quanto stabilito con quella del 29 marzo in particolare riguardo le disposizioni sulla gestione dei casi positivi e il potenziamento dell'intervento delle Aziende sanitarie. Nell'ordinanza si fa riferimento alla presa in carico dei positivi da parte del Servizio Sanitario regionale, all'isolamento di pazienti positivi, all'eventuale potenziamento di personale e infine all'eventuale gestione da parte delle Aziende sanitarie di strutture utilizzate ad hoc per la gestione di eventuali contagi.

Il 14 aprile, infine, la Regione ha fatto un accordo per test sierologici attraverso la collaborazione con laboratori privati, annunciando priorità al personale RSA. Queste sono le basi normative, ma come è stata gestita l'emergenza in Toscana?

LO STUDIO DELL'ISS

Uno sguardo d'insieme ce lo dà il 'Survey nazionale sul contagio COVID-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie' redatto dall'Istituto Superiore di Sanità. La ricerca è stata realizzata attraverso l'invio di un questionario di 29 domande alle strutture sanitarie per indagare sulla situazione in corso a partire dal 1 febbraio 2020. In Toscana sono state prese in esame 60 strutture rispetto alle oltre 300 tra RSA e RSD complessive. Si tratta quindi di un campione rappresentativo e statistico su base nazionale, ma ci fornisce dati interessanti.

Nel sondaggio si legge che al 1 febbraio erano presenti in Toscana 3231 ospiti di RSA. Al 6 aprile i decessi sono stati 331, circa il 10% degli ospiti totali registrati, ma non sappiamo quanti siano morti di morte naturale. Si tratta del dato più alto dopo Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. Di fatto di questi 331 casi solo 15 sono risultati positivi, mentre 86 avevano sintomi seminfluenzali. Il 30,5% dei deceduti era quindi positivo o sintomatico. Il tasso stimato di mortalità considerati ospiti positivi e sintomatici è del 3%. È però un'indicazione importante che il 40% dei decessi sia avvenuto nel periodo tra il 16 e il 31 marzo, ossia nel pieno dell'emergenza sanitaria Covid-19, mentre nelle prime due settimane di aprile è scesa bruscamente al 2%. È quindi probabile che una gran parte dei decessi sia riferibile proprio al Coronavirus nel momento in cui le direttive erano più blande, così come è plausibile che parte di questi decessi non sia stata conteggiata nei casi Covid-19 pur essendolo.

Ma come si sono 'attrezzate' contro l'emergenza le RSA? Quali sono state le difficoltà? a livello nazionale l'85.9% ha riportato la mancanza di DPI, solo il 17.7% hanno riportato una scarsità di informazioni ricevute circa le procedure da svolgere. Il 24.9% dichiarano di avere difficoltà nell’isolamento dei residenti affetti da COVID-19 e il 6.8% hanno dichiarato "altro", specificando fra le principali difficoltà quelle di reperire i DPI e l’impossibilità di eseguire tamponi. L’87% delle strutture ha interrotto le visite entro il 9 marzo.

Il 15,8% delle strutture hanno dichiarato di avere operatori infetti. Interessante il dato emerso rispetto alla possibilità di isolare il paziente infetto: su 269 RSA il 47% hanno dichiarato di poter disporre di una stanza singola, il 30% una stanza con raggruppamento, l'8% ha risposto no. Il report ha chiesto anche in merito a programmi di formazione: in Toscana il 44% delle strutture avrebbe fatto un corso di formazione del personale specifico per il Covid-19, l'86,7% ha però fatto formazione sull'uso dei DPI. L'83% ha risposto di aver fatto controlli delle temperature a anziani e operatori.

Riassumendo i dati, che ripetiamo sono un campione statistico e contano più come percentuale che come numero, emerge che a livello nazionale la Toscana ha il 3% di RSA ed è la quarta regione per ospiti e purtroppo per morti. Su un totale di 3231 ospiti si sono registrati 331 decessi, con 101 positivi al Covid-19 o con sintomi. L'indice di letalità di sintomatici/positivi rispetto al totale è del 3%, mentre il 30% dei morti era positivo o sintomatico. Se in questo dato sono contenuti certamente alcuni pazienti morti con sintomi influenzali senza Covid-19, dall'altra è plausibile che alcuni siano sfuggiti al test ma fossero positivi. Il sondaggio rivela infine il 15,8% di operatori infetti e oltre 200 residenti infetti o con sintomi. Del campione rappresentato è interessante che l'85,9% ha avuto una qualche difficoltà con i DPI.

A livello nazionale al sondaggio dell'ISS i morti accertati di Covid-19 sono 133 in Italia a cui vanno aggiunti i 1310 con sintomi simil-influenzale.

CORONAVIRUS RSA TOSCANE: I DATI (QUASI) UFFICIALI

Dal campione rappresentativo alla realtà: in Toscana sono presenti 322 tra Rsa e Rsd con 14.719 ospiti. Ad oggi non c'è nessun report ufficiale e complessivo dei morti totali. Al 2 aprile 2020, secondo i dati dell’Agenzia regionale di sanità, complessivamente in tutta la Toscana sono stati eseguiti 3.028 tamponi sugli ospiti e 1.845 tra il personale delle strutture, con il risultato del 13% di positivi.

Il numero complessivo ufficiale che abbiamo parla di 42 decessi e 600 positivi, ma si riferisce al 7 aprile (18 nelle strutture del territorio dell’Asl centro, 15 nell'Asl nord ovest e 9 nel territorio dell’Asl toscana sud est). Un numero che data la continua evoluzione del contagio e l'alto rischio per gli anziani positivi è troppo 'vecchio' oltre che sottostimato. Una prima indicazione di ciò potrebbe essere l'analisi incrociata dei dati che ci dicono che dalle sole 82 strutture considerate nel campione dell'ISS sono emersi 101 deceduti tra positivi e sintomatici, ed è plausibile che tra questi ultimi ci siano dei positivi 'sfuggiti' al test.

Ma a comprendere che quel dato è parziale basta fare un giro sul web, tra i comunicato delle Asl e le notizie date dalla stampa. Nel territorio dell'Asl Toscana Sud Est l'azienda registra ufficialmente 21 decessi al 15 aprile. A Bucine si dà notizia di 10 decessi e una quarantina i positivi (17 operatori, 24 ospiti), 3 i decessi a Montevarchi e ancora una quarantina di positivi (13 operatori, 27 ospiti); a Sarteano sono 7 i morti, con 14 operatori positivi e 27 ospiti. Sarebbero invece 3 i decessi di cui si dà notizia a Grosseto.

Passando all'Asl Toscana Centro qui non sono stati forniti dati riassuntivi. Il dato ufficiale riferibile all'Asl Centro al 7 aprile dice 18 morti. Il caso più noto è quello della RSA di Comeana, su cui è stato aperto un fascicolo d'inchiesta, e dove sono morte 6 persone e 30 casi positivi tra operatori e pazienti. A Mezzana si registrano 23 positivi e un morto. A Dicomano si registra una cinquantina di casi positivi, mentre sono una sessantina a Pelago, con 4 morti. Altri casi noti sono quelli di Scandicci con 17 positivi e Firenze dove si registrano in varie strutture un centinaio di casi positivi in totale. Un morto è stato segnalato a Signa, con 52 positivi. Due i decessi a Gambassi con due pazienti ricoverati in ospedale e una quarantina di positivi, si registrano casi positivi anche nelle residenze di Empoli e Fucecchio. A Pescia si dà notizia di 6 morti.

In un comunicato dell'Asl Toscana Nord Ovest del 14 aprile si segnalano 63 decessi, oltre a 302 ospiti positivi e 109 operatori. È nota la situazione della RSA di Forcoli dove si registrano 5 decessi, mentre a Pontedera c'è almeno una decina di contagi, altro caso noto è quello di Gallicano con 3 morti e decine di positivi. Ma ad essere più colpite sembrano la RSA della Lunigiana e di Massa Carrara. Segnaliamo i dieci decessi a Bagnone, almeno 15 a Pontremoli; 6 i morti a Marina di Pietrasanta e 6 a Livorno, due a Piombino.

I numeri noti, quindi, ci dicono che i morti sono almeno 104, più del doppio di quelli riportati dalla Regioni ai primi di aprile, mentre centinaia sono i positivi tra gli ospiti anziani, quindi soggetti ad alto rischio di mortalità per Covid-19 nelle prossime settimane. Infine lo screening di tamponi non è stato completato, ed è immaginabile che qualcuno dei deceduti sia 'sfuggito' al controllo, magari in una fase iniziale dell'emergenza.

UN CASO POLITICO

Al momento il 'caso RSA toscano', oltre ai 100 morti, ha prodotto anche un'inchiesta sull'RSA di Comeana, oltre ad alcuni esposti in Procura che potrebbero portare all'apertura di nuovi fascicoli. Al momento non si conoscono i dettagli, né sono noti eventuali indagati.

Ma la vicenda è diventata anche un caso politico. Stanno arrivando richieste di chiarimento da tutte le forze, facendo intendere peraltro che la questione RSA sarà uno degli argomenti politici della prossima campagna elettorale per le Regionali. Tommaso Fattori, candidato di Toscana a Sinistra, ha puntato il dito su i "ritardi inaccettabili" nella pianificazione dello screening, la candidata della Lega Ceccardi parla di "bollettino di guerra dalle Rsa", mentre membri del carroccio di "Rsa dimenticate dalla regione", FdI lancia una commissione d'inchiesta regionale, infine Forza Italia, che parla anch'essa di poca attenzione al problema e colpevoli ritardi, parla anche di "mancanza di protocolli adeguati".

Sulla questione è intervenuta l'assessore Saccardi che ha spiegato che "fin dal 2 marzo erano state date indicazioni su come comportarsi" specificando che delle 322 strutture solo 42 sono di competenza Asl e che quindi "nelle strutture gestite da privati  le aziende sanitarie intervengono solo quando si presentano problemi di salute, quando cioè il medico di medicina generale, contattato dalla struttura, ci comunica la presenza di un possibile caso positivo”. L'assessore ha poi ricordato che "con l'ordinanza del 7 aprile , si è deciso di venire in soccorso delle strutture private, laddove in difficoltà, con personale di supporto delle aziende sanitarie e di intervenire per garantire un’assistenza pari a quella delle cure intermedie anche nei casi di contagiati asintomatici o con lievi sintomi”.

Insomma il punto sembrerebbe quello che la gestione privata delle strutture non avrebbe permesso un controllo adeguato e che se i dati non venivano comunicati, cioé se qualcuno provava a nascondere eventuali sintomatologie o sottovalutava i rischi, la Regione non poteva intervenire. Anche questo è dopotutto un altro argomento politico e lo stesso Fattori denuncia che "Le persone anziane sono state abbandonate al settore privato perché oggi la terza età rappresenta un gigantesco giro d’affari". Denuncia condivisa anche da Cgil e Uil.

Proprio i sindacati, incontrati dalla Regione il 25 marzo, hanno denunciato fin da subito il rischio e scoppiato il 'caso Rsa' hanno rilevato la sottovalutazione del problema da parte dei gestori e della Regione. Sarebbero tantissime le segnalazioni di operatori preoccupati a cui era stato detto di non allarmarsi, o di precauzioni non prese e DPI non utilizzati, oltre al continuo dell'attività lavorativa in presenza di sintomi. È quanto denuncia anche un servizio sul TG2 nella quale si intervista una sindacalista NURSIP UP e che ha suscitato polemiche dopo la smentita di quanto riportava da parte del Governatore Rossi.

La Fp Cgil Firenze da parte sua si scaglia contro la privatizzazione del servizio e spiega che "non sono state prese le adeguate misure sanitarie", mentre la UIl, che aveva denunciato il rischio già i primi di marzo, parla di "incapacità" da parte dei gestori di far fronte alla situazione e valutare correttamente il rischio.

LE DOMANDE

I dati fin qui esposti sono parziali. I numeri ufficiali toscani ad oggi parlano di almeno 42 morti al 7 aprile, il sondaggio di 15 morti positivi accertati e 86 sintomatici, mentre il conteggio dei dati noti accorpato ci porta ad oltre 100 morti; e tutti, per i motivi diversi di cui abbiamo parlato, sono dati sottostimati. I contagiati stando ai dati ufficiali risalenti al 2 aprile è di almeno 600 persone, con una positività del tampone del 13%. Se lo studio sulla letalità fatto dall'ISS fosse confermato (3% tra sintomatici e positivi) si parlerebbe di circa 500 morti. Al momento i dati parziali non ci permettono di fare un 'bilancio' rispetto al numero totale di ospiti e operatori delle strutture toscane. Ma se i numeri fin ora raccolti possono sembrare un contraccolpo inevitabile dell'emergenza sanitaria in corso, è pur vero che quelle strutture dovevano essere sicure, avevano questo compito. Fa riflettere, insomma, che stando ai dati forniti dal Dipartimento della Protezione Civile 1/5 dei morti in Toscana ad oggi proviene proprio dalle RSA ( i morti complessivi sono infatti 585 ad oggi).

La nostra regione, che ha un numero di operatorie pazienti tra i più alti in Italia, non sta vivendo dati alla mano un caso RSA paragonabile a quello della Lombardia, eppure la sensazione che si potesse fare meglio c'è: se una struttura sanitaria è violata da un virus che sta scorrazzando per il paese e ha fatto decine di migliaia di morti in ogni caso una riflessione va fatta. Nessuno mette in dubbio la complessità dell'emergenza, ma quando strutture nate per proteggere categorie fragili si trasformano proprio per questo in un invito a nozze per il virus, qualcosa non è andato come doveva.

Il virus non ha mai fatto mistero della sua subdola simpatia per certe tipologie di popolazione: soggetti che andavano protetti di più perché più esposti al rischio, soggetti che andavano protetti di più perché concentrati in strutture che potevano trasformarsi in bombe ad orologeria. Se i campioni fatti al 2 aprile accertavano che il 13% della popolazione delle 'RSA', tra ospiti e operatori, è infetta e quel dato fosse confermato, significa che quelle strutture si sono dimostrate troppo fragili. La Regione aveva fornito norme comportamentali fin da marzo, ma ha aspettato due settimane per disporre uno screening a tappeto. Inizialmente ha ordinato i tamponi solo in presenza di casi positivi accertati, ma senza cercarli. Inoltre lo stesso assessore Saccardi ha ammesso che la Regione non era in grado di controllare la maggior parte delle strutture in mano ai privati, lasciando quindi molta discrezione sulla valutazione del rischio. Insomma la questione non è come si è agito, ma se si sia perso tempo prezioso.

Sotto la lente di ingrandimento, oltre ai ritardi nello screening, ci sono poi i comportamenti presi all'interno delle strutture: come abbiamo detto sono molte le comunicazioni di operatori preoccupati a cui è stato chiesto di continuare a lavorare (alcuni anche con sintomi), così come resta incerto l'effettivo adeguamento delle strutture alle direttive e ai DPI, soprattutto in mancanza di controlli adeguati ammessi dalla stessa Regione. Certo non è giusto fare di tutta l'erba un fascio: molte strutture hanno seguito alla lettera le disposizioni nonostante le evidenti difficoltà, altre non sono state messe nelle condizioni di lavorare in sicurezza non per loro colpa, ma evidentemente in altre qualcosa è andato storto.

Al netto delle inchieste e delle eventuali responsabilità penali, non si può assistere a questa 'strage dei nonni' puntando il dito solo sul caso: stabilire se ci sono state azioni criminali o errori materiali non sta a noi dirlo, fare qualche domanda si. Le misure prese e le direttive imposte erano sufficienti? Strutture pubbliche e private sono state messe nelle condizioni di lavorare con gli idonei DPI? Ci sono state negligenze da parte di operatori o gestori? Davvero l'80% non era in grado di rispettare quelle disposizioni sui DPI come risposto al questionario? Per quali motivi? Eventuali sintomi o situazioni sospette sono state prontamente comunicate? I controlli, sollecitati anche da alcuni prefetti, per il rispetto delle misure sono stati fatti? Era chiaro che nelle RSA e RSD vi erano i soggetti più fragili, perché allora si è aspettato due settimane per fare i tamponi lasciando alle strutture la possibilità di tacere casi sospetti o sottovalutarli? Insomma il punto sarà stabilire quanto sia colpa del caso e quanto di una cattiva gestione dell'emergenza.

Giovanni Mennillo

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