Coronavirus in Danimarca, il racconto dell'empolese Filippo: "Il senso civico è molto forte"
Il viaggio di gonews.it all’estero, traghettato dalle voci dei toscani che hanno lasciato il granducato e si sono sparsi per il mondo, continua. Questa volta ci troviamo nel nord Europa dove il metodo di gestione dell’emergenza Coronavirus ha fatto parlare molto i telegiornali italiani e non solo. Un metodo completamente diverso, fatto di altre misure, più leggere e meno oppressive, che non denotano irresponsabilità quanto una diversa conformità, per composizione e ideali, dall'Italia. A parlarcene dalla Danimarca è stato Filippo.
Filippo Frangioni è empolese e ha 27 anni. Dopo essersi laureato in Economia all’Università di Pisa, il 27enne si è trasferito a Copenaghen dove dal 2016 ha concluso gli studi con un master in International Business e ha iniziato a lavorare per un’azienda farmaceutica.
La Danimarca, così come altri paesi scandinavi, è già pronta all’allentamento delle misure di contenimento da coronavirus. Infatti è prevista per il 15 aprile, la riapertura delle scuole e la stessa possibilità è stata data anche alle aziende. “La Danimarca è un Paese molto diverso dall’Italia, sia per dimensioni che per cultura. I casi di coronavirus sono molto più bassi rispetto agli altri paesi europei, per queste differenze ma anche perché la popolazione è più giovane – ha raccontato Filippo. Avendo 5milioni e mezzo di abitanti rispetto ai 60 dell’Italia è anche più facile controllare la diffusione del virus”.
Fin dalle prime misure il governo “ha seguito lo stile liberale”. In Danimarca le tradizioni e il comportamento delle persone sono strettamente legati al rispetto delle regole. “Tutto è dato al senso civico della popolazione. Un modello molto restrittivo stile Italia o Spagna non funzionerebbe qui, potrebbe portare a una rivoluzione popolare. Ci sono state molte direttive soft, inizialmente sono stati limitati gli assembramenti, i grossi eventi sportivi e i festival – ha continuato Filippo. A oggi siamo ad una restrizione che concede l’assembramento di un massimo di 10 persone”. La Danimarca ha iniziato ad applicare le misure circa un mese fa: “Il 13 marzo hanno dichiarato l’emergenza e hanno richiesto alle aziende di conseguire lo smart working. Una settimana dopo hanno chiuso i confini del Paese, bloccando gli aeroporti e limitando tutti gli accessi non urgenti. Una settimana dopo circa, il 20 marzo, il Governo ha richiesto alle attività non essenziali di non tenere aperto. Non hanno obbligato nessuno a fare niente, hanno richiesto alla popolazione di mantenere due metri di distanza, alle aziende di tenere i dipendenti a casa come alle attività commerciali, tutto per il bene collettivo. Nonostante non ci siano obblighi con pene e sanzioni, che scattano se ci sono più di 10 persone insieme, sembra che le raccomandazioni siano rispettate molto”.
Un approccio che lascia quindi libertà di agire alle persone, che sembrano comunque essere consapevoli dei rischi e dell’importanza dell’emergenza sanitaria. “Si richiede lo smart working ma non ci sono sanzioni per le attività. Molte sono a lavoro, i parchi sono aperti ed è permesso fare sport fino a che la distanza sociale è rispettata”. In Italia la tanto desiderata e a volte anche discussa corsetta giornaliera, nello stato dalle case colorate ha assunto un volto nuovo, per consentire agli appassionati di non rinunciare al proprio allenamento all’aperto. “Nei parchi sono stati messi dei sensi unici, così che non ci si incontri faccia a faccia con altri corridori. È una cosa che potrebbe essere considerata anche in Italia”. Il giovane empolese, nella sua descrizione, ha tenuto a precisare più volte che il suo paese d’origine, rispetto alla Danimarca, ha molte differenze e quindi fare un paragone risulta quasi impossibile. “La popolazione è diversa, qui come in altri paesi scandinavi c’è molto rispetto per ciò che viene stabilito dal Governo che va oltre le idee politiche. C’è uno spiccato senso civico– ha continuato il 27enne. Se nel parco c’è una persona che corre nel senso opposto gli altri lo fermano e lo correggono, così come se qualcuno non rispetta la distanza. Io all’inizio ero molto scettico riguardo a questo metodo, ma la responsabilità individuale delle persone sta funzionando”. A oggi quindi, in Danimarca, molte attività proseguono e non si riscontrano obblighi ferrei come in Italia ma comunque luoghi di aggregazione come discoteche o bar sono stati chiusi, e i ristoranti effettuano il solo servizio da asporto.
Filippo dal 13 marzo sta rispettando la quarantena insieme alla fidanzata, limitando gli spostamenti e le interazioni se non strettamente necessario e lavorando in smart working.
Come sono stati visti gli italiani in Danimarca, dallo scoppio dell’emergenza a oggi?
“All’inizio sono stato visto come un pessimista cosmico. Parlando con la famiglia e gli amici a Empoli e leggendo i giornali, mi sono e continuo a rendermi conto della gravità della situazione. Ho quindi provato a diffondere le informazioni anche qua – ha proseguito. Con gli amici italiani ci siamo trovati d’accordo ma i colleghi scandinavi prendevano la situazione molto alla leggera. Credevano che fosse un problema solo italiano fino a quando il virus non è arrivato anche qua e tutto è cambiato. Ho comunque ricevuto, tranne qualche occhiataccia in giro se parlavo in italiano, molta solidarietà in ufficio, in tanti mi chiedevano spesso come stesse la mia famiglia”.
Come vedi la situazione in Italia adesso che sei lontano?
“Tutte le sere leggo il bollettino della protezione civile e spero che il trend cambi. Sono felice di vedere che siamo arrivati a un punto dove le misure prese dal Governo Conte stanno facendo effetto. All’inizio seguivo i numeri in Toscana e nell’Empolese Valdelsa e mi informavo spesso, tramite famiglia e amici, sulla situazione all’ospedale San Giuseppe. Condivido pienamente quello che è stato fatto dal nostro Governo, indistintamente da ogni idea politica. Gli italiani dovrebbero appellarsi al loro senso civico e seguendo le disposizioni si son visti i risultati. Non riesco nemmeno io a giustificarmi come i casi continuino a crescere in Italia, vedendo paesi in scandinavia dove non ci sono state queste misure ma il numero ha smesso di salire. Spero che gli italiani possano seguire le leggi senza fare i furbi e che la situazione cambi il prima possibile, avendo la famiglia e gli amici l’emergenza italiana mi riguarda da vicino, anche se sono lontano”.
Quali sono i tuoi timori verso il coronavirus? Hai paura?
“Inizialmente ero molto scettico delle misure prese qua. Pensavo che ci potesse essere una vera epidemia, ora mi sento molto più sicuro, ho cambiato idea ed esco un po’ di più rispettando le misure. Rimango molto preoccupato della situazione in Italia”.
Essendo molto vicino alla Svezia, al centro dell’informazione degli ultimi giorni per la gestione dell’emergenza coronavirus, come la vedi?
"Come Paese confinante e avendo alcuni colleghi e amici che vivono lì, vedo che non è stata presa nessuna misura restrittiva. Come in Danimarca, anche in Svezia i cittadini si appellano molto al senso civico. Avendo rispetto di ciò che viene stabilito dal Governo, dalla Nazione e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità la popolazione rispetta le distanze sociali e evita gli assembramenti. Nonostante sia tutto aperto c’è comunque molta attenzione".
Filippo ha infine ampliato il suo ragionamento uscendo dalla questione Italia-Danimarca, ma guardando tutta l’Europa dall’alto. Abbiamo più volte spiegato che le conseguenze del coronavirus sono state diverse per questi Paesi anche nel rispetto delle stesse diversità, nel numero della popolazione e delle tradizioni. Il continente dalla bandiera blu con le stelle gialle racchiude infatti dentro di sé, realtà a volte opposte. “Il Coronavirus ha mostrato l’Europa per quello che è, disgregata. Sono rimasto molto colpito dalle misure prese a livello europeo, delle differenze tra Paese e Paese. Ognuno di questi è stato lasciato solo – ha continuato Filippo – e forse c’è bisogno di fare qualcosa per ristrutturare le concezioni a livello centrale di quest’Europa allo sfascio”.
E da Copenaghen si conclude il racconto di un giovane toscano che crede nella responsabilità e nel senso civico, a cui dobbiamo forse aggrapparci più che alla speranza. La sirenetta più famosa al mondo intanto resta seduta sul suo scoglio e guarda il mare, simbolo di libertà e in questo caso di riapertura e ritorno graduale alla normalità, nell’attesa che al più presto anche l’Italia possa tornare a specchiarsi nella sua tavola blu come fa la statua simbolo della capitale danese.
I dati
Oggi, venerdì 10 aprile 2020, in Danimarca sono 5,635 i casi positivi da coronavirus. I casi attivi 3,662 e i decessi 237. Nella vicina Svezia i casi registrati risultano 9,141 con il triplo dei decessi della Danimarca, a quota 793.
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Margherita Cecchin