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Beagle liberati al Green Hill, un castellano tra gli 11 attivisti assolti dopo 8 anni

Fabio Serrozzi

Fabio Serrozzi

Sono quasi passati 8 anni da quel fatidico 28 aprile 2012, quando durante una manifestazione animalista a Montichiari (Brescia) la protesta portò alla liberazione di 69 cani beagle dell'allevamento Green Hill. Erano in 3mila ma solo 12 attivisti vennero denunciati dalla proprietà per il gesto. Tra questi c'era Fabio Serrozzi, originario di Castelfiorentino, all'epoca dei fatti 37enne, che solo oggi è riuscito a uscire dal tunnel giudiziario con una sentenza in Corte d'Appello inequivocabile: il fatto non sussiste.

Il fatto avvenne alla luce del sole, non di notte e a volto coperto come in altre occasioni. Fuori dai capannoni erano presenti le forze dell'ordine che fermarono e arrestarono Serrozzi e gli altri 11. Tre giorni in carcere per furto, violazione di proprietà privata, danneggiamento. Il processo non venne stabilito per direttissima, si arrivò fino alla Cassazione e poi di ritorno in Appello per la chiusura finale.

Per arrivare alla chiusura del primo grado di giudizio servirono tre anni. "Ci tolsero le attenuanti, nonostante le condanne richiesta che andavano dai 3 ai 4 anni con 250mila euro di risarcimento il giudice dette una condanna minima, dagli otto mesi a un anno e mezzo ciascuno, riconosceva il gesto etico della situazione", spiega Serrozzi. "Nessuno si era appropriato degli animali, noi li avevamo liberati", afferma.

In parallelo era partita un'altra indagine da parte della forestale. Si scoprì che quegli animali venivano maltrattati, vivisezionati, tenuti in condizioni abominevoli, come la Lav aveva già fatto intendere con le sue manifestazioni. Il 18 luglio 2012 vengono posti i sigilli, vengono condannati un veterinario e la co-gestrice nel processo e i 2639 beagle vengono affidati interamente alla Lav, per poi essere adottati. In appello e in Cassazione le condanne vengono confermate.

E gli attivisti? C'era il paradosso per cui anche in appello vennero confermate tutte le accuse, per un'azione che, a vedere da come erano finite le cose nell'altro caso, avevano una loro etica. Si è dovuti arrivare in Cassazione. Gli ermellini riconoscono che gli 11 manifestanti (una ragazza si è fermata al processo di appello, mantenendo la condanna) si erano "ispirati da motivi di particolare valore morale". E quindi il processo di appello è tutto da rifare.

L'udienza si tiene a fine gennaio, la sentenza viene letta oggi, inaspettatamente: il fatto non costituisce reato.

Come ha vissuto Fabio Serrozzi questi 8 anni implicati in un processo che alla fine lo ha visto vincitore: "Non avevo paura della pena, il mio intento è cercare di portare avanti questo obiettivo. A causa della pena sospesa non potevo avere il passaporto, adesso posso riprenderlo. Ringrazio il mio avvocato Loretta Fe Garosi di Empoli che mi ha seguito per tutto il tempo in modo gratuito. Lei si è messa a disposizione perché credeva nella causa".

Otto anni sono lunghi e i processi hanno comunque un costo: "La causa è stata molto dispendiosa, abbiamo speso quasi 20mila euro di avvocati per la Cassazione. Li abbiamo recuperati con una raccolta fondi e l'aiuto della Lav (una socia era implicata), abbiamo organizzato eventi nazionali nell'anniversario del 28 aprile per ricavato per la causa (ricavando 6-7mila euro), abbiamo creato magliette ‘Anche io ho rubato una vita alla vivisezione’, e abbiamo avuto donazioni varie. Altri soldi che abbiamo ottenuto, ora che la causa è finita, saranno poi devoluti per cause simili di altre raccolte fondi".

Elia Billero

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