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Adriano Prosperi presenta Un volgo disperso alla Biblioteca Braccagni di Colle

Adriano Prosperi

Adriano Prosperi, uno dei più grandi storici italiani, sarà ospite sabato 29 a Colle di Val d’Elsa (ore 16.30) della Biblioteca “Marcello Braccagni” per presentare il suo ultimo lavoro Un volgo disperso. Contadini d’Italia nell’Ottocento, pubblicato da Einaudi, uno studio accurato e ricchissimo di elementi di riflessione sulle durissime condizioni di vita e di lavoro nelle campagne, soprattutto toscane, nel XIX secolo.

L’autore ne parlerà con Fabio Dei e Mauro Valiani.

L’iniziativa è organizzata dagli “Amici di Romano Bilenchi”, dall’Associazione “La Scintilla”, dalla Società Storica della Valdelsa con il patrocinio del Comune di Colle di Val d’Elsa.

L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti. Si raccomanda la massima puntualità.

L’autore

Adriano Prosperi (1939) è professore emerito di Storia moderna presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Tra le sue opere, nel catalogo Einaudi: Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari («Biblioteca di cultura storica», 1996 e «Piccola Biblioteca Einaudi», 2009); La figura del vescovo fra Quattro e Cinquecento: persistenze, disagi e novità (Storia d'Italia. Annali, vol. 9, 1986); Penitenza e Riforma (Storia d'Europa, vol. IV, 1995); Incontri rituali: il papa e gli ebrei (Storia d'Italia, vol. 11/1, 1996). È autore, insieme a Paolo Viola, di Manuale di storia moderna e contemporanea («Piccola Biblioteca Einaudi ns», 2000). Nel 2001 (sempre nella «Piccola Biblioteca Einaudi ns») è stato pubblicato Il concilio di Trento: una introduzione storica. Nel 2005 in «Einaudi Storia» è uscito Dare l'anima (nuova edizione PBE 2015); nel 2008 Giustizia bendata. Percorsi storici di un'immagine; nel 2010 è uscito, nei «Passaggi Einaudi» Cause Perse - Un diario civile; nel 2013, negli «Einaudi Storia», Delitto e perdono (nuova edizione PBE 2016); nel 2016, negli «Einaudi Storia», La vocazione; nel 2019, negli «Einaudi Storia», Un volgo disperso.

Il libro

Per la conoscenza storica le vite dei lavoratori della terra sono rimaste nell’ombra. In assenza di testimonianze dirette bisogna rifarsi ai medici condotti, obbligati a vivere tra i contadini per occuparsi della loro salute. L’obbiettivo della medicina ufficiale fu quello di risanare l’ambiente di lavoro e di vita della collettività attraverso il controllo dei fondamentali parametri dell’igiene: aria, acqua, suolo. Ciò obbligò i medici a studiare le condizioni di vita dei contadini. Impegnati nella lotta contro le malattie epidemiche e la mortalità infantile, i medici condotti denunziarono le condizioni di vita dei contadini, in numerose inchieste e statistiche realizzate dai regimi napoleonici, dall’Austria e poi, sistematicamente, dallo Stato italiano. E furono materia delle topografie sanitarie dedicate ai comuni dove operavano. Emerge qui sempre piú netta la barriera sociale che divide la cultura ufficiale dal mondo contadino: l’igiene. La sporcizia appare come il segno ineliminabile di un mondo a parte, tanto da raggiungere talvolta gli estremi del razzismo. Quali erano le condizioni di vita dei lavoratori della terra nelle campagne italiane dell’Ottocento? Pierre Bourdieu ha coniato per i contadini la definizione di «classe oggetto», che inevitabilmente si affaccia in questo libro. Essa esprime la loro subalternità nella storia europea dei secoli scorsi: individui rappresentati da altri, oggetto di commiserazione o paura per ribadirne la condizione subalterna. Quella classe fu cancellata dalla cultura dominante anche perché priva dei mezzi per farsi conoscere. Nel secolo XIX inchieste, statistiche e topografie sanitarie misero davanti all’opinione pubblica rappresentazioni della realtà contadina che aprirono un conflitto interno agli schieramenti politici. Tornare sui contadini dell’Ottocento costringe a varcare un tempo tanto breve nel computo delle generazioni quanto remotissimo Eppure quel secolo XIX e quella storia dell’Italia di allora ci compaiono davanti come una presenza familiare se solo la misuriamo con le generazioni dei nostri personali antenati. Ma il tempo dei nostri bisavoli era davvero vicino al nostro? E quanto regge quell’articolazione scolastica del disegno del passato che lo ha inserito nell’epoca che chiamiamo contemporanea?

Fonte: Ufficio Stampa

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