Coronavirus, i Cobas: "Si è fatto qualcosa per gli operatori ecologici?"

In questi giorni di epidemia da Coronavirus si sente parlare di provvedimenti per scongiurare la pandemia, si dotano per esempio le forze dell’ ordine di guanti e mascherine. Senza voler fare ulteriore allarmismo, la domanda è: Si è fatto qualcosa per gli operatori ecologici? I Dispositivi di Protezione Individuale normalmente usati sono sufficienti a tutelarli o servirebbe un Kit adeguato alla situazione? Vediamo operatrici ed operatori per le strade senza mascherina, è una scelta loro o non gli sono state fornite? Il servizio è essenziale, provate ad immaginare la mancata raccolta dei materiali anche solo per qualche giorno. Chi la svolge non è carne da macello ma ha pari dignità rispetto a tutte le altre categorie di lavoratori e lavoratrici che continuano i loro servizi alla comunità nonostante l’ eccezionalità del momento, ingiustificabile che ad alcuni dei lavoratori in appalto non si applichi neppure il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro dell’ Igiene Ambientale ma contratti peggiorativi che niente hanno a che fare con le mansioni che devono svolgere.

Nel caso di virus che si trasmettono per via aerea  una delle categorie a rischio è sicuramente rappresentata da chi viene sotto casa a rivirarvi ciò che buttate eppure niente si sta facendo neanche per correggere la cattiva abitudine di esporre tovaglioli e fazzoletti nella carta invece che nell’ organico. Negli ultimi anni si è sviluppato e consolidato il servizio di raccolta  secondo la modalità del porta a porta che, come Cobas, abbiamo sempre sostenuto perché  ha permesso l’ assunzione di centinaia di operatori ed il raggiungimento di percentuali di raccolta differenziata  che supera l’ 80% ovunque. Tuttavia, per ridare dignità a chi il servizio lo svolge, nella fase di trattative del rinnovo del CCNL sia pubblico che privato (FISE)  deve essere  riconosciuta al settore la categoria usurante.

Nell’ambito del servizio l’operatore unico è costretto ad un continuo sali e scendi dal mezzo causa il mancato adeguamento meccanizzato dei mezzi. Tale situazione sta causando tra gli addetti un innalzamento della percentuale di patologie lombo-scheletriche.  Chiediamo quindi l’ abolizione dell’ operatore unico, la riduzione dei carichi e dei ritmi di lavoro. Dobbiamo tornare alle 36 ore lavorative mantenendo i 5 giorni di permesso elargiti nell’ ultimo rinnovo e fatti passare come una compensazione per l’ aumento dell’ orario di lavoro.   Questo è la ricetta  per alleggerire il porta a porta, meno lavoro, più assunzioni, meno profitti e più investimenti. Nell’ambito degli impianti si registrano casi sempre più frequenti di operatori affetti da patologie tumorali sia all’apparato respiratorio che a quello gastrico, le parti si dotino di tutti gli strumenti necessari affinché vengano poste in essere tutte quelle vere forme di tutela e di controllo per il rispetto delle normative in materia di sicurezza.

Spesse volte nelle varie aziende del settore, dove gli aspetti critici e vertenziali sono molteplici, il numero dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Salute e la Sicurezza non sono sufficienti a monitorare tutte le situazioni di rischio (1 ogni 200 lavoratori!), in quanto le unità produttive hanno peculiarità molto differenti tra loro: dal comparto impianti e discariche, al comparto autisti automezzi; dalle officine a quello dello spazzamento, fino arrivare al personale impiegatizio degli uffici. Siano quindi istituite più figure RLSSA nella misura di almeno uno per ogni unità produttiva, ove l’azienda sia divisa in unità produttive. Siano redatti DVR (Documenti Valutazione Rischio) in maniera dettagliata e specifica ai luoghi di lavoro, che individuino ogni minimo rischio potenziale presente in ogni singola unità produttiva, considerato che sul contenuto di tali documenti verrà redatto poi il protocollo sanitario per le visite mediche a cui i lavoratori saranno sottoposti.

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