Storie del Novecento in Toscana al Lucca Center of Contemporary Art
Dal 25 gennaio al 31 maggio 2020 il Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art propone una nuova grande mostra dal titolo “Storie del Novecento in Toscana. Soffici, Viani, Rosai, Maccari, Marcucci, Venturi: dal ritorno all’ordine alla conquista del disordine”. L’esposizione, a cura di Maurizio Vanni e Piero Pananti, racconta attraverso 81 opere, tra cui capolavori prestati dai maggiori collezionisti e archivi italiani, alcune storie del Novecento figurativo in Toscana. A partire dal primo conflitto mondiale, molti artisti e intellettuali rividero i propri pensieri sulle Avanguardie e, superata l’esperienza futurista, si assistette a un vero e proprio “Ritorno all’ordine” sostenuto dalla rivista “Valori plastici”. Si cercavano risposte rassicuranti nel passato per ritrovare nella cultura classica l’identità nazionale.
Nei primi decenni del XX secolo, la Toscana ebbe una vita artistica molto intensa. Comparvero sulla scena Mino Maccari e Mario Marcucci che all’inizio risentirono dell’influenza del post-macchiaiolismo, ma poi si indirizzarono verso una satira arcaica di matrice espressionista il primo e un post-impressionismo intimista con slanci espressionisti il secondo. Ardengo Soffici si rifaceva al Futurismo personalizzandolo. Tra il 1913 e il 1914 fu lui a fondare, insieme a Giovanni Papini, la rivista “Lacerba” con cui iniziò a collaborare anche Ottone Rosai, che caratterizzava le sue opere con un senso soggettivo di forza drammatica. Entrambi mostravano un’attenzione particolare per il Quattrocento toscano. Nel 1917, infatti, sulla rivista “La Voce” si iniziò a parlare dell’importanza del recupero dei valori plastici e delle forme artistiche primitive sopra le quali codificare il nuovo secolo. Il ritorno all’ordine rassicurava.
Lorenzo Viani, al suo rientro dall’esperienza parigina (1908-10), “violò” l'ordine unendo la lezione di Fattori al segno duro e incisivo dell'Espressionismo nordico. Anche Marcucci diede prova di pittura libera e scarso interesse per il segno classico con opere legate a soggetti tratti dall’ambiente domestico e familiare. Nel 1936 tornò a Firenze Venturino Venturi, dopo un lungo soggiorno in Francia e in Lussemburgo. Fin da subito propose opere grafiche e scultoree che risentivano di suggestioni primordiali e tribali della scultura di Modigliani tradotte attraverso essenzialità e sintesi personali. Ormai la eco classica era del tutto superata. La conquista del disordine diventava uno stile di vita.
Fonte: Ufficio Stampa