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'Passione, coraggio, idee': Piero Bartalucci racconta una generazione empolese

Piero Bartalucci alla Casa del Popolo di Santa Maria di cui è presidente

Piero Bartalucci alla Casa del Popolo di Santa Maria di cui è presidente

E' destinato a diventare un cardine della storiografia empolese 'Passione, coraggio, idee', il libro appena arrivato nelle librerie empolesi scritto da Piero Bartalucci per le edizioni Polistampa. Già consigliere comunale, amministratore delegato di Acque Industriali, presidente di Conselsa, l'autore ripercorre nelle pagine, come si legge in copertina, una generazione empolese, quella uscita dalle rovine della guerra e capace di risollevare il paese. Le iniziali del titolo stanno per Partito Comunista Italiano, quello che per l'autore ha rappresentato una parte importante della propria vita. Il volume è arricchito dalla prefazione del senatore Vannino Chiti e dalla postfazione di Monia Baldacci Balsamello

Partiamo proprio dal titolo e dal richiamo al Partito, perchè?
Passione, coraggio e idee erano il Partito Comunista italiano. Non era burocrazia, non settarismo, per noi era quelle tre parole ed era anche molta discussione. Quando si arrivava alla conclusione dopo il dibattito, però, tutti si andava in quella direzione, ma ognuno diceva la sua ed era impensabile che qualcuno non rispettasse l'idea dell'altro, che uno non avesse la libertà di dirlo, che non lo si lasciasse parlare o non lo si ascoltasse per capire il suo punto di vista.

Che obiettivo ti sei posto con questo libro?
Quello di far conoscere ai giovani, anche dirigenti del partito, da dove veniamo. Si parla di zona rossa, perchè? Quali sono i presupposti? Questo voglio spiegare nel libro, far capire dove nasce quello che Empoli è oggi. Cito un episodio. Quando Minniti venne a conferire alla città la medaglia d'oro ero presente e notai che nessuno disse la parola comunisti. Questo è un errore storico, se non ci fosse stata Bandiera rossa non ci sarebbe stata nemmeno Bella ciao. Poi uno può pensarla come vuole ed è politica, ma la storia non si può negare. Ecco, io avverto un timore del passato ed è per farlo conoscere che ho scritto il libro.

Come è strutturato?
Ci sono tre parti. La prima è identitaria, sono partito da me, dalla mia famiglia, da Santa Maria. Io sono una persona normale, racconto il mio vissuto per raccontare la mia generazione. La seconda è quella dove sboccia in noi questa passione politica, scatenata dalla guerra nel Vietnam. Il passo successivo fu conoscere il Partito che formava e selezionava le persone, gente che faceva sul serio. Ricordo che io fui mandato in Puglia a fare una campagna elettorale proprio per forgiarmi sul campo dopo aver appreso la teoria. E come me accadde a molti altri. Nella terza racconto il partito empolese, con quella generazione che a quel punto era cresciuta.

Cosa è il partito per Empoli?
Vuol dire tante cose, è una rete fatta di associazioni e di punti di aggregazione. Proprio per questo non ho mai avuto alcun timore che potesse perdere le elezioni amministrative, la rottura col territorio non c'è mai stata e, il giorno che ci sarà, allora sì che le cose potranno cambiare. Per questo era impensabile che Brenda non vincesse le elezioni, perché anche lei è sempre inserita in questo schema e continua a tenerlo ben forte. Lo spirito era ed è questo.

Lo vedi anche altrove?
Io credo che Empoli sia un modello unico all'interno della Toscana. Mario Fabiani diceva che, durante il ventennio, non ci fu mai una seduta del tribunale speciale senza un empolese imputato. Quando in Italia c'erano 2500 iscritti al Partito, qui ce ne erano 300. Alla scuola leninista di Mosca c'erano nove empolesi, qualcuno addirittura autodidatta che aveva fatto la terza elementare. Sono numeri chiari che significano molto.

Un capitolo lo dedichi al contributo che i contadini dettero alla Resistenza
Fu fondamentale. Io vengo da una famiglia di contadini e furono proprio loro a sfamare le persone. Senza i contadini le persone sfollate sarebbero morte di fame. Oltre a questo ospitavano renitenti alla leva o gente che andava alla macchia, hanno fatto cose importanti. Gente che spesso era cristiana e che si ribellava all'ingiustizia, persone che dopo l'8 settembre capirono al volo da che parte si doveva stare.

Il clero che ruolo ebbe?
Importante, anche il prete di Santa Maria, Diodato Prestini, nonostante presenziasse all'inaugurazione della casa del fascio benedicendola, fu quello che raccolse i morti del 24 luglio. Don Palloni fu quello che, quando mio padre era dato per disperso nei sette anni che fu lontano da casa, fece da tramite con l'ufficio Vaticano voluto da Papa Montini proprio per raccogliere informazioni sulle persone disperse. In generale il rapporto del Clero con la popolazione è sempre stato buono. Per un comunista era normale mandare i figli nelle scuole cattoliche, io ho anche servito Messa. E' un arricchimento del territorio, un valore aggiunto. Qui steccati ideologici non ci sono mai stati

Questo libro presenta una bella galleria di personaggi, da Pietro Ristori a Mario Fabiani a Rigoletto Martini
Sì, Ristori si può considerare il padre del partito comunista empolese. Quando c'era un problema o una crisi, si rivolgevano tutti a lui, magari appariva meno ma era un pilastro.

Un capitolo a parte per Remo Scappini e Rina Chiarini.
Li ho definiti due miti perché questo erano. Loro volevano venire sempre in sezione a prendere la tessera nonostante noi gliela volessimo portare a casa visti gli impegni che aveva Remo. Per loro, ma soprattutto per noi, quel momento era una festa

Nel libro metti in rilievo anche il premio Pozzale, che significato ebbe?
Quando il fascismo fu sconfitto, le persone semplici del Pozzale non pensarono solo a ricostruire materialmente la vita quotidiana, ma istituirono un premio lettarario dando così il segnale che, per rinascere, serviva anche la cultura. Se contestualizziamo al periodo è una cosa che fa riflettere.

Alcune pagine sono dedicate ai fatti del '21 e scrivi che sarebbe ora di farla finita con le divisioni
Sì, da una parte e dall'altra visto che la storia è ormai conosciuta. Non fu un delitto di folla, i marinai furono trucidati, bestialmente trucidati come scrive Pezzino nel libro-studio che gli fu commissionato da Luciana Cappelli. Un episodio che sicuramente non va giustificato, ma contestualizzato per capirlo. Io sono per intitolare anche una strada a quelle persone morte, un atto da fare al termine di un processo di elaborazione storico-politica. Ma con le divisioni basta, questa è una ferita che andrebbe chiusa.

Sei stato protagonista della vita politica empolese per molti anni, c'è un sindaco a cui sei più legato?
Per esperienze dirette che ho avuto dico Varis Rossi e Luciana Cappelli. Il primo per il fatto che in quel periodo lavoravo in Publiser, con Luciana invece sono stato in Consiglio comunale.

Come ti poni oggi nei confronti del Partito democratico?
Dal 2014 non ho più la tessera. Nel dopoguerra i partiti avevano molti iscritti mentre oggi no. Quindi non rappresentano più la gente e sono diventati più liquidi e personali, luoghi dove non si discute più ed io non mi ci ritrovo. Empoli è forse un'eccezione ed anche il Pd lo è ma lo schema è del tutto diverso rispetto a quanto avveniva prima. Il partito è un'idea, è il sale della democrazia.

A Empoli il Pd è personale?
No, c'è una rete importante a supporto fatta di case del popolo e di associazioni, ma siamo l'ultimo baluardo, un modello che resiste. Ovvio che poi c'è un leader, ma il partito non è personale.

Da uomo di sinistra, avresti fatto l'accordo elettorale a sostegno della candidatura Barnini?
Sì, ma il primo passo doveva farlo il Pd. Forse a lei premeva di più guardare al centro e quindi le cose sono andate così, però personalmente un accordo lo auspicavo.

Il libro dove si può acquistare?
Si trova nelle librerie empolesi, poi organizzeremo anche la presentazione.

Un libro, come dicevamo all'inizio, che non può mancare nella biblioteca di ogni empolese, il racconto di oltre cinquanta anni di vita della nostra città, di personaggi, di politici, della Publiser di cui è stato un alto funzionario, di episodi, dell'esperienza di Radio Fata Morgana, dei sindaci che si sono succeduti, di aziende, della sua Santa Maria, di persone a cui tutti, in un modo o nell'altro, dobbiamo qualcosa. Il tutto raccontato da chi ha vissuto tanti di questi anni mosso da tre cose: passione, coraggio, idee.

Marco Mainardi

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