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Beata Cristiana e i ricchi possedimenti del monastero
Dalla donazione della prima casa, nel 1289, secondo alcuni nel 1279, da parte del neonato comune di Santa Croce (1253), il monastero della beata Cristiana ha conosciuto un incremento enorme del patrimonio fondiario e immobiliare fino alla soppressione del medesimo da parte di Napoleone nel 1807 quando i beni patrimoniali del monastero della beata Cristiana furono incamerati dallo stato e i vari registri furono depositati alla sottoprefettura di Pisa, dalla quale dipendeva Santa Croce.
Notizie attendibili da Giovanni Lami nel suo Charitonis e Hippophili, ci dicono di donazioni al monastero già dal XIII secolo. Fra questi devoti si annoverano dal 1287 Nicolus quendam Mangiadori di S. Croce donna Scotto sua moglie, dimoranti in ecclesia San Michele che nel 1326, sempre con la famose formula “pro remedio anima mea” donano molti beni.
Allora le donazioni erano convintamente eseguite come un lasciapassare per il paradiso e un sicuro perdono per i molti peccati commessi. Gli stessi conti di Rosaiolo, santacrocesi ed emeriti briganti, ebbero cura di varie chiese nelle Cerbaie. Poi siccome furono ribelli a Firenze nella seonda metà del Trecento, i loro beni finirono venduti al Monastero arricchendolo notevolmente.
Secondo la studiosa Anna Maria Pult Quaglia, 'Il patrimonio fondiario di un monastero toscano' in Ricerche di Storia Moderna, Pacini Editore, p.145, i beni del monastero si estesero dal Cinquecento al Seicento e all’Ottocento, si estendevano da Uzzano in val di Nievole, a Lupo di San Miniato, Montalto, Cappianese, Casone in Santa Croce, Liusciana o Veltrice, al confine con Romanino, nel piano di Santa Croce. Molti beni erano anche di là d’Arno o Evola. Ragguardevoli poderi a vigna e uliveti, si estendevano nella zona di Caprile in Cascina, alla Bufala vs San Romano, alla Casaccia di Montefalcone, in Bordicino al confine con Castelfranco. Dal Seicento al Settecento troviamo possessi a Uliveto di Vicopisano e a Lazzeretto nel 1780.
In virtù di questo patrimonio le monache agostiniane riuscirono a far fronte agli aversi strali del destino come l’incendio per un fulmine, che nel 1515 aveva incenerito la chiesetta e le ossa della beata Cristiana. Nonostante le donazioni continuassero, fino all’Ottocento inoltrato, questo grosso patrimonio fu dilapidato da amministratori incapaci e truffaldini tanto che le ingenue e sprovvedute suore si trovarono piene di debiti e furono costrette a svendere al comune di Santa Croce nel 1875. Con atto rogato da Ser Serafino Berti il monastero fu ceduto al comune con l’obbligo per il comune medesimo di “adibirlo e convertirlo ad uso scolastico”. Vedremo in un altro intervento le vicende del monastero e delle monache da quel 1875 ai nostri giorni.
Valerio Vallini