'Ndrangheta nel Cuoio, 13 rinvii a giudizio nell'inchiesta Vello d'Oro
Ci sono 13 rinvii a giudizio nell'inchiesta 'Vello d'Oro', l'indagine che ha portato a 14 misure cautelari per il cosiddetto 'Sistema Scimone', una serie di reati per associazione a delinquere, riciclaggio, usura, estorsione, esercizio abusivo del credito fatture false e frode fiscale, che coinvolge varie aziende e imprenditori del Comprensorio del Cuoio. A processo andranno il vertice dell'organizzazione Antonio Scimone, l'imprenditore calabrese ma residente a Vinci Cosma Damiano Stellitano, uomo di fiducia di Scimone, e Giuseppe Nirta, nipote (e omonimo) del boss della 'Ndrina La Maggiore ucciso nel 1995. Rinviati a giudizio anche Antonio Barbaro di Platì, il fucecchiese residente a Pistoia Andrea Iavazzo, Lina Filomena, Giovanni Lovisi, Marco Lami, Nadia Carresi e Maurizio Sabatini di Santa Croce sull'Arno, i fucecchiesi Francesco Lovisi e Alessandro Bertelli e Mario Lovisi di Castelfranco di Sotto. Condannato con rito abbreviato, invece, Filippo Bertelli: per lui 2 anni di reclusione e 3mila euro di multa, con pena detentiva sospesa. Il processo per gli altri comincerà il prossimo 8 ottobre 2019.
L'inchiesta partì da una denuncia contro l'imprenditore trapiantato a Vinci Cosma Damiano Stellitano per usura, avendo richiesto 35mila euro il giorno dopo averne prestati 30mila. Da qui l'indagine accertò un giro di denaro che partendo da Calabria, Slovenia, Croazia, giungevano in Toscana per essere fatti poi sparire al Fisco italiano nel Regno Unito. Tutto il sistema era gestito dalla 'Ndrangheta, in particolare dalle famiglie calabresi Nirta e Barbaro. Scimone nella fattispecie sarebbe il braccio destro del boss a Firenze, e sarebbe stato al vertice di una rete di 'cartiere' che erano state costruite ad hoc per riciclare flussi di denaro.
Il M5S: "Accelerare sul tema della legalità anche in Toscana"
“Frodi, fatture false, riciclaggio: il sistema, in alcuni casi appesantito dall’aggravante mafiosa, emerso dal rinvio a giudizio di tredici persone nell’ambito dell’inchiesta che ha per teatro il tessuto produttivo del distretto del Cuoio a Santa Croce sull’Arno conferma che occorre accelerare sul tema della legalità anche in Toscana. Non esistono terre felici o zone immuni dal proliferare di pratiche criminali. Ed è stato proprio il credersi immuni e la sottovalutazione del fenomeno che hanno permesso la penetrazione di mafie e criminalità organizzata nella nostra regione: le responsabilità sono senza dubbio anche politiche". Così i consiglieri regionali del Movimento 5 stelle Irene Galletti e Gabriele Bianchi.
La Toscana, secondo un recente studio della Normale di Pisa commissionato dalla giunta, è al quarto posto in Italia per reati di favoreggiamento mafioso. “Il Movimento 5 stelle – proseguono i consiglieri - da anni porta avanti politiche di contrasto a ogni genere di criminalità. Tra le altre, di recente abbiamo presentato una proposta, puntualmente bocciata dal Pd, mirata all’inserimento della parola “legalità” all’interno dello statuto della nostra Regione: un atto simbolico – spiegano – per affermare con ancora più forza questo principio. Nelle prossime riunioni del Consiglio proveremo di nuovo a intervenire in questo senso e vedremo se dal Partito democratico saranno ancora innalzate barricate”.
Intanto il M5S Toscana metterà all’attenzione del presidente della commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra, la questione: “Lo inviteremo – sottolineano Galletti e Bianchi – per una visita nel distretto del Cuoio: esistono centinaia di aziende sane, realtà che possono vantare una forza lavoro che produce ricchezza impegnandosi ogni giorno a dare il massimo per garantire qualità e valore in un settore che realizza prodotti apprezzati e riconosciuti nel mondo”.