Liberazione, celebrazioni in Toscana: "Il 25 aprile ha restituito dignità". Problemi a Firenze, Prato e Scarlino
Il 25 aprile in tutta Italia si celebra la liberazione dal nazifascismo. Sono molte le celebrazioni anche in Toscana, da nord a sud. "Festeggiare la Liberazione significa gioire e meditare" ha detto il presidente della Regione Enrico Rossi, che oggi ha partecipato alle cerimonie in quel di Firenze.
Problemi a Prato, protesta contro il Prefetto
Nel corso delle celebrazioni a Prato ì in piazza Santa Maria delle Carceri, è andata in scena una protesta contro il prefetto Rosalba Scialla. Quando lo speaker ha fatto il suo nome alcuni presenti alle celebrazioni hanno fischiato, chiedendone le dimissioni con slogan e cori. Nel mirino l'autorizzazione della manifestazione di Forza Nuova dello scorso 23 marzo a Prato.
Bruttissimo atto vandalico a Scarlino
Imbrattata con vernice spray la lapide in memoria del partigiano Flavio Agresti, medaglia d'oro al valor militare. Il fatto è avvenuto a Scarlino. Ferma la condanna del sindaco Marcello Stella e dei rappresentanti delle forze politiche presenti stamani per la deposizione della corona, nonché dei cittadini intervenuti per la cerimonia per il 25 aprile. Il Comune ha annunciato che sporgerà denuncia alle autorità competenti.
Montemurlo, Lorenzini: "Festa di tutta l'Italia"
Il Comune di Montemurlo ha celebrato questa mattina in piazza della Libertà la festa del 25 aprile, 74esimo anniversario della liberazione dell'Italia dal nazi-fascismo. Nel proprio discorso, tenuto davanti a numerosi cittadini, alle associazioni e alle autorità, il sindaco ha sottolineato che il 25 aprile non è di destra né di sinistra, ma è la festa di tutti gli italiani, di tutti coloro che amano un' Italia libera, pacifica e democratica. La democrazia, infatti, non è uno stato naturale della storia. La democrazia e la libertà gli italiani se la sono conquistata a caro prezzo, dopo una lotta dura e sanguinosa contro il nazi-fascismo che aveva reso schiavo e oppresso il nostro Paese. Una valore da difendere e da preservare attraverso la memoria. Nel suo discorso celebrativo, inoltre, il sindaco ha voluto ricordare “i silenziosi resistenti”, uomini e donne semplici e coraggiosi che anche a Montemurlo sfamarono, accolsero e protessero partigiani e soldati alleati, dando così un fondamentale contributo alla lotta di liberazione. Per il sindaco, infatti, il 25 aprile ha ridato all'Italia la dignità di Paese libero e quei silenziosi resistenti hanno reso umanità e orgoglio all'Italia. Il primo cittadino di Montemurlo ha ricordato il sacrificio di Erasmo Meoni e Gino Gelli, due montemurlesi arrestati all'indomani degli scioperi del 7 marzo 1944 a Prato e deportati nei campi di concentramento in Germania, e il giovane Tamare Meucci, ucciso dai nazisti nei boschi poco fuori del paese.
Alla cerimonia ufficiale hanno preso parte i carabinieri della Tenenza di Montemurlo, i Vigili del Fuoco, l'Anpi, i rappresentanti delle associazioni d'arma locali (Alpini Montemurlo, Carabinieri in congedo), le associazioni di volontariato ( Avis, Vab, Gruppo Storico, Misericordia Montemurlo, Filarmonica “G. Verdi”) e numerosi cittadini. Il25 aprile italiano insegna all'Europa e al mondo il riconoscimento della comune appartenenza al genere umano e l'assoluto rifiuto di ogni ideologia basata sulla sopraffazione, la violenza e la superiorità razziale.
Il sindaco ha poi messo in guardia dal pericolo dell'indifferenza e della paura. Per il sindaco, infatti, chi strumentalizza l'immigrazione per alimentare la paura e l'odio, non risolve i problemi veri del nostro Paese, ma cerca solo di spostare l'attenzione verso un "nemico" creato ad hoc per non affrontare gli altri problemi del Paese: povertà, criminalità, stagnazione economica, ingiustizia sociale. Per il sindaco dobbiamo lavorare per far nascere gli Stati uniti d'Europa, una grande nazione che possa attingere dalla propria Storia e dalla propria memoria collettiva quella forza propulsiva per offrire sviluppo, pace, speranza e futuro ed affrontare insieme le grandi sfide della contemporaneità come le migrazioni, le guerre e le ingiustizie sociali.
Il discorso di Castaldo, prefetto di Pisa
"Il 25 aprile 1945 è una data che è parte fondamentale della nostra storia comune, è una giornata di festa e insieme di impegno per il presente e per il futuro nostri e delle nuove generazioni. E’ importante che soprattutto i giovani conoscano e comprendano appieno i significati storici e permanenti di Resistenza e di Liberazione, che non si esauriscono nella lotta al nazifascismo, ma che rappresentano il primo essenziale momento per la riconquista della libertà e della democrazia. Dalla memoria di quei tragici eventi e dalla consapevolezza dei valori così riaffermati possiamo trarre la fiducia indispensabile per affrontare le sfide quotidiane. La complessità di queste sfide e delle incognite che vi si accompagnano richiede un nuovo senso di responsabilità nazionale, una rinnovata capacità di coesione, nel libero confronto delle posizioni e delle idee, e insieme nella ricerca di ogni possibile terreno di convergenza. Libertà, democrazia, unità sono beni che vanno difesi, custoditi e valorizzati sempre e incessantemente nel rispetto del Patto Costituzionale e dei suoi valori fondativi, che dal 25 aprile traggono origine e che sono il nostro sicuro presidio".
Follonica, Benini: "Illuminiamo il nostro angolo cieco e cresciamo"
"Mi fa paura l’angolo cieco delle cose, quel punto del nostro occhio e dello specchietto retrovisore che ti impedisce la vista dei oggetti e persone fino a quando non ci sbatti contro. Ecco, mi sembra che in questo momento siamo un po’ in un angolo cieco e ce lo dimostrano una serie di fatti ed elementi, anche simbolici.
Quando si parla di 25 aprile come un derby tra comunisti e fascisti, ma poi per fortuna ci sono persone come Liliana Segre che ci ricordano di cosa si parla; quando ci si fa fotografare il giorno di Pasqua con un mitra, proclamando che difenderemo i nostri confini, quando annunciamo di avere l’elmetto e di essere armati; quando si abolisce la storia dell’esame di maturità; quando si occultano le condizioni di chi arriva dal mare, ci si sofferma su uno smalto, poi non indossato davvero da Josefa, e sui fisici forti e palestrati dei migranti della Diciotti, in un meccanismo di degradazione delle vittime che serve a giustificare l’indifferenza, che bisogna provare necessariamente nei loro confronti.
Ecco tutto questo mi porta a dire che siamo in un angolo cieco perché sono gesti potentemente simbolici che disegnano una direzione e dobbiamo opporre una grande capacità di aprire gli occhi e ridare luce a questo angolo buio, a questo angolo cieco.
Aprire gli occhi e il cuore, tornare consapevoli, perché la direzione che dobbiamo seguire è quella che ci disegna la Costituzione, figlia della guerra di Liberazione e della Resistenza. La Costituzione non è un traguardo, ma è un percorso e una strada che noi dobbiamo compiere. Non sono risultati acquisiti, ma delle promesse che noi dobbiamo mantenere. E’ un impegno di memoria, conoscenza e responsabilità, individuale e collettiva. Aprire gli occhi e il cuore, come fa Telemaco nell’Odissea, quando scopre che cosa i Proci avevano fatto della sua Itaca: avevano confuso il giorno con la notte, eliminato le distinzioni, instaurato un regime di caos, sopraffazione e violenza. Telemaco decide di non restare ad aspettare il ritorno del padre, ma di andarselo a cercare per riportarselo a casa.
Come ha fatto Telemaco, quindi, dobbiamo darci da fare: non basta indignarsi e aspettare tempi migliori, ma l’eredità di uno Stato democratico è un impegno di riconquista, che giorno dopo giorno, ci dobbiamo garantire. Dobbiamo farlo con il tesoro di chi è morto anche nelle nostre macchie e sulle nostre colline. E’ una battaglia che dobbiamo combattere attraverso l’affermazione dei diritti, della cultura, delle scelte quotidiane, private e pubbliche, che inevitabilmente si incrociano l’una nell’altra.
Dobbiamo metterci in viaggio, non stare a guardare. Oggi avremmo tutti gli strumenti per vedere, ma paradossalmente, spesso abbiamo gli occhi chiusi, enormemente chiusi, un po’ per parafrasare il titolo di un film straordinario di Kubrick “Eyes wide shut”, tratto da un altrettanto straordinario romanzo che è “Doppio sogno” di Schnitzler.
E a proposito della direzione che dà la nostra Costruzione, se si dovesse sintetizzare si troverebbe nella parola “comunità”. Un termine che arriva da “co munus”, ovvero persone che condividono un dono, e questa carta Costituzione e il senso di questa forse oggi sono traditi e oggi più che la legge del dono e di questo obbligo reciproco prevale il senso di interesse e un’altra parola che spesso viene presa come simile, ma in realtà è completamente opposta: la parola “appartenenza”, che viene da proprietà. Quindi non comunità, ma appartenenza a chi ha la stessa lingua, la stessa religione e forse quindi tende ad escludere chi non ha queste caratteristiche.
Credo invece che noi dobbiamo affermare questa idea, questa grande e profonda interrelazione reciproca, che è ben espressa nel verso di una poesia di Danilo Dolci che dice che: “Ciascuno cresce solo se sognato”. Si cresce quindi non se si sogna, ma se si è sognati da qualcun altro, in un continuo gioco di correlazione e interdipendenza gli uni dagli altri".
A San Casciano i ricordi di Pestelli
Occhi lucidi e commozione vibrante per Ezio Pestelli, il 93nne che oggi, in occasione della festa della Liberazione di San Casciano, ha voluto condividere per la prima volta in forma pubblica le memorie e i ricordi di guerra che da due anni appunta meticolosamente in un diario. Accompagnato dalla figlia Sonia e al fianco del sindaco, Ezio ha ripercorso in piazza della Repubblica alla presenza di centina di cittadini e rappresentanti di associazioni, gli anni più difficili della propria vita, vissuti costantemente sotto minaccia, pressati da quel clima di violenza, terrore e morte che nel ’44 la ferocia tedesca diffondeva nelle campagne chiantigiane. Sono gli anni della giovinezza in cui l’angoscia della fuga scandiva le giornate e si presentava puntualmente, come un fantasma, nel buio della notte tra i poderi, i boschi, i casolari, illuminati solo dalle bombe che da Campoli le truppe naziste puntavano in direzione di Sant’Andrea in Percussina per colpire case, campi, persone.
La testimonianza di Ezio, al centro delle celebrazioni del 25 aprile, riassume i momenti salienti della sua esperienza in tre di episodi che lo stesso sancascianese legge e rivela con chiara consapevolezza. “Io vivevo a Macinaia, a Sant’Andrea in Percussina era il 29 luglio del ‘44, giorno del mio compleanno compivo 19 anni – ricorda - quando nella notte io e la mia famiglia si sentì dei rumori giù nella stalla, dopo pochi minuti arrivarono in cucina una decina di tedeschi che cercavano i disertori; appena mi videro dissero: questo essere disertore, fucilare. La mia povera mamma piangendo disse che io ero solo un ragazzino non un disertore. A quei tempi non c’era l’elettricità e nelle case c’erano solo i lumi a olio e quindi c’era buio, questo mi permise di scappare in una botola lì vicino che rispondeva alla concimaia delle bestie e da lì scappai nel bosco degli Scopeti. I tedeschi mi cercarono per un po’ e poi si sono rassegnarono e andarono via. Ho vissuto nel bosco per 2-3 giorni con altri 2 ragazzi russi e 2 ragazzi di San Casciano”.
Un altro episodio riguarda la sofferenza subita dallo zio che ha accompagnato molte delle notti insonni di Ezio. “I fascisti di Spedaletto – rivela - andarono a prendere un noto antifascista muratore sul luogo di lavoro a Chiesanuova, non trovandolo e non potendo ritornare via senza nessuno, presero il mio zio Caiani Egisto che era lì a lavorare, ma non era di nessuna fede politica, era un lavoratore e gran credente. Lo portarono a San Casciano alla casa del fascio, lo tinsero di rosso e lo issarono sul palco della piazza centrale del paese dove c’era tanta gente. Tutti lo offendevano, lo deridevano e lui non poteva fare e dire niente era alla berlina di tutti; addirittura un macellaio del posto, gran fascista, gli si avvicinò con la mannaia iniziando a dire Tagliamo il capo, tagliamo il capo e la folla allora sì che gridava più forte e lo offendeva ancora di più. Lui si sentiva perso, deriso da tutti senza motivo, non aveva fatto niente di male, per fortuna c’era la guardia Comunale, tale Rocco che lo conosceva, con un balzo salì veloce sul palco e iniziò a difenderlo, dicendo che non era antifascista ma un pover’omo”.
Nell’estate del ’44 Ezio cercava di sopravvivere trascorrendo lunghi periodi nei nascondigli di fortuna e in alcuni dei luoghi conosciuti da pochi che la comunità riteneva sicuri come i sotterranei di Casa Machiavelli. "Io avevo paura - riferisce commosso - per questo motivo di giorno vivevo nel bosco, andando solo la mattina a “governare” i quattro buoi che avevo nella stalla e così li ho salvati, la sera quando faceva buio andavo al rifugio alle Cantine del Machiavelli dove c’erano una trentina di persone. Qui si mangiava quello che le massaie avevano racimolato, si dormiva in terra, sulle panche dove capitava. Sono stato lì per un mese circa".
Nelle cantine del noto Albergaccio di Sant’Andrea in Percussina questa mattina Ezio è tornato a far visita. Ha rivisto i luoghi in cui dormiva e mangiava, ha rivissuto le emozioni e i drammatici ricordi di una giovinezza rubata e devastata dalla guerra. “Il significato profondo del 25 aprile - conclude - si lega ai valori di libertà, rispetto, memoria, identità, è la festa di tutti gli italiani e deve essere onorata necessariamente con uno sguardo rivolto al passato, conoscendo la storia e avendone memoria perché gli errori della guerra non si ripetano più. Non dimentichiamolo mai”.
Scontri al corteo di Firenze
Ci sarebbero stati scontri al corteo di Firenze. A denunciare la situazione è IAM-Iniziativa Antagonista Metropolitana col seguente comunicato.
"Anche quest'anno Nardella dedica il 25 aprile alle "nuove generazioni". In effetti centinaia di giovani erano i piazza stamani, ma a pochi metri di distanza dal palco di piazza Signoria viene loro impedito di entrare in piazza con cariche della polizia e manganelli.
Ieri il sindaco aveva detto che avrebbe consentito la libera partecipazione ed espressione di "tutti"...tutti quelli che la pensano come lui. È vergognoso che la giornata della liberazione venga privatizzata, usata come passerella elettorale ad uso e consumo del PD.
È vero, non volevamo partecipare alle celebrazioni per applaudire il discorso del Sindaco. A dirla tutta, crediamo che il sindaco che vuole costruire un CPR a Firenze, il PD del Decreto Minitti e de lager in Libia, il PD che ci ha rubato il futuro, non abbiano nessun titolo per rappresentare la memoria antifascista.
Abbiamo sfidato il divieto a manifestare perché volevamo parlare anche noi. È così grave? Tutti gli anni da quel palco si fa appello a noi giovani. Quotidianamente ci dipingono come menefreghisti e disinteressati. Non è così. Se ci sono degli eredi della lotta partigiana, di chi 74 anni fa ha deciso di lottare per un mondo migliore, sono i giovani uomini e donne che ogni giorno lottano contro politiche di sfruttamento e razzismi. Oggi tutti parlano di "antagonisti" ma la realtà è che un' intera generazione non ha più alcuna fiducia in questa classe politica. E non sopporta più le sue ipocrisie".
Altopascio, D'Ambrosio: "Una festa prima di tutto"
“Il 25 aprile è la Festa di Liberazione. Non è la giornata, né la celebrazione, né l’anniversario: prima di ogni altra cosa il 25 aprile è la festa. Si festeggia, e lo si deve fare tutti, perché l’Italia è libera. Si festeggia, perché nel 1945 il popolo italiano fu liberato dal giogo del fascismo e del razzismo e dall’occupazione tedesca e nazista. Ed è la festa dell’unità, perché in quei giorni del ’45, negli anni precedenti, durante la Resistenza e l’antifascismo, e poi negli anni a venire, già nel ’46 con il Referendum tra Monarchia e Repubblica e l’elezione per l’assemblea costituente, e ancora a seguire con la nascita della Costituzione Italiana, la NOSTRA Costituzione: in quegli anni appunto gli italiani che hanno detto no al fascismo e alla dittatura hanno lavorato insieme: cattolici, laici, azionisti, repubblicani, popolari, liberali, comunisti, socialisti, partigiani e civili, religiosi, preti e sacerdoti, militari renitenti alla leva della Repubblica sociale italiana e semplici cittadini. Hanno lavorato insieme per quei tre principi che ancora oggi, 74 anni dopo la Liberazione e 71 anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione, rappresentano la guida maestra di ognuno di noi: libertà, uguaglianza, giustizia.
Per questo motivo il 25 aprile non è la lotta tra fascismo e comunismo: una polemica sterile, buona per prendere qualche prima pagina di giornale e per alzare polveroni che hanno come unico fine quello di catalizzare l’attenzione e la riflessione sulle solite tre persone. Il 25 aprile è FESTA NAZIONALE, la festa dell’Italia e degli italiani.
C’è un’immagine che ho portato con me questa mattina, che raffigura una donna, l’Italia, ornata con la fascia tricolore, che abbraccia con tutta se stessa la Costituzione. Un’immagine semplice, comprensibile a tutti, che racchiude e racconta quello che siamo, una Repubblica democratica che trova e sviluppa se stessa nei principi e nelle parole della Costituzione Italiana.
Una Costituzione attualissima, pensiamo solo al riferimento al lavoro che diventa elemento sostanziale dell’articolo 1; una Costituzione che guarda lontano, pensiamo solo a quando parla, nei principi fondamentali, di uguaglianza, di pace, di pari dignità e pari opportunità, di equità sociale, di libertà. Una Costituzione giovane, che guarda e parla ai giovani. Anzi di più: che si rinnova ogni giorno, generazione dopo generazione, grazie alle azioni, all’impegno, agli ideali dei giovani. Perché se è vero che viviamo in una società che tende alla spersonalizzazione, all’omologazione, all’individualismo e alla ricerca di un ostinato presente, che sembra scollegato da qualsiasi passato e non proiettato verso un futuro, è altrettanto vero che esistono semi di una generazione nuova, che vuole riscattarsi, che sceglie di non stare nell’ombra del gruppo e dell’assuefazione generale, ma decide di esserci in prima persona per gli altri, per l’ambiente, per chi ha meno diritti, per chi è più fragile, per chi ha più bisogno, per chi si sente vacillare e non ce la fa, per la terra, la nostra, che grida aiuto e ci chiede di fare tutti qualcosa, ora, per salvarla. Ed ecco che c’è Greta Thunberg e le tante altre Greta, femmine e maschi, ragazze e ragazzi, che anche nel nostro paese e nel piccolo della nostra provincia lavorano e lottano per uno sviluppo sostenibile e attento, promuovono le bellezze naturali che abbiamo, le fanno conoscere a grandi e piccoli affinché ognuno di noi se ne prenda carico e nessuno possa più accampare scuse per girarsi dall’altra parte. Ed ecco che ci sono i ragazzi che si attivano nella promozione dello sport per tutti, che abbattono le disabilità, le distanze e le differenze con un pallone da basket, un campo da calcio o da pallavolo, una vasca di piscina o una pista di atletica o una palestra per il karate. E ancora i ragazzi che donano il loro tempo nel volontariato e non si fermano di fronte a nessuno, ma con la loro musica entrano nei centri per gli anziani e li avvolgono con il loro calore, come nipoti acquisiti e sinceri. Oppure le ragazze e i ragazzi, e sono davvero tanti, che lavorano nell’accoglienza, che hanno sviluppato competenze incredibili nella mediazione culturale, per costruire comunità più solidali e consapevoli, dove l’integrazione è pratica concreta e reale e non un mero concetto da sbandierare qua e là.
Sono esempi in carne e ossa di come la Costituzione Italiana viva ancora oggi e ogni giorno nel nostro presente, non solo con parole, ma con estrema e terrena concretezza: testimoni di ognuno di quei principi della nostra Carta, che come candele della memoria tracceranno la strada e ne apriranno di nuove”.
La polemica di Ceccardi: "Liberazione portò anche soprusi"
Su Facebook il sindaco di Cascina Susanna Ceccardi ha scritto un post che ha causato qualche polemica.
"Il processo di liberazione dal nazi-fascismo in Italia, non fu solo bandiere alle finestre, famiglie in giubilo e barrette di cioccolata dell’esercito alleato che entrava nelle città.
Il processo di liberazione comportò indicibili soprusi a danno di tante famiglie italiane perbene, vi presero parte tanti infami e violenti che rimanevano tali anche sotto una divisa da partigiano e in tanti paesi del Lazio la liberazione è ancora ricordata per gli stupri di massa perpetrati dai corpi francesi in Italia, le cosiddette marocchinate. Il processo di liberazione è fatto di tante storie vere che nei decenni sono state censurate, proprio come le foibe.
La festa del 25 aprile ci lascia un messaggio: i conflitti portano sempre ad azioni terribili, anche se commesse in nome di ideali altisonanti e giusti. I responsabili degli orrori commessi probabilmente oggi non vivono più. Proprio per questo, per raggiungere una vera serenità e pacificazione Nazionale, è giusto ricordare in questa giornata tutti gli errori di quell’orrenda guerra. Perché la Libertà deve essere necessariamente un valore condiviso, dalla Storia e dall’umanità."
Le celebrazioni a Cascina
Il Comune di Cascina ha celebrato il 74esimo anniversario della Liberazione con una cerimonia pubblica che si è svolta nella mattina di giovedì 25 aprile. Il corteo delle autorità e delle associazioni combattentistiche si è formato davanti al municipio, in corso Matteotti e ha raggiunto piazza dei Caduti, al cui monumento l'assessore alla cultura di Cascina ha deposto una corona di alloro in ricordo e ha tenuto il discorso ufficiale.
Presenti i rappresentanti dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia, dell'Associazione nazionale Carabinieri, dell'Associazione nazionale Polizia di stato, dell'Arma dei Carabinieri, della 46esima Brigata aerea di Pisa, della Pubblica assistenza di Cascina, della Croce Rossa di San Frediano, e dell'associazione Falco.
La cerimonia è stata accompagnata dalla Filarmonica municipale "Giacomo Puccini".