Il massacro di Figline di Prato in un libro: ecco 'L'agguato' di Ciro Becchimanzi
Raccontare una delle tante stragi naziste compiute in Toscana, quella che per Prato è sempre presente nelle celebrazioni del 6 settembre (data di liberazione della città) e ogni giorno tra le viuzze del piccolo borgo di Figline. L’intento è quello di approfondire una storia che molti conoscono solo a sommi capi, vista la scarsità di fonti a disposizione. Da qui l’idea di un breve romanzo, in uscita in questi giorni per iniziativa dell’editore fiorentino “Jolly Roger”, scritto da Ciro Becchimanzi e che contiene una introduzione del sindaco Matteo Biffoni e due contributi storici di Enrico Iozzelli, responsabile didattica Museo e Centro di Documentazione della Deportazione e della Resistenza di Prato e di Matteo Mazzoni, direttore Istituto storico toscano della Resistenza e dell'età contemporanea. Il volume contiene anche alcuni scatti del fotografo prateseEndrio Corrado.
Il libro sarà presentato giovedì 25 aprile, alle ore 18, presso il Museo della Deportazione: insieme all’autore saranno presenti il sindaco Biffoni, la presidente della Fondazione Museo della Deportazione e Resistenza Aurora Castellani, Iozzelli e Mazzoni.
«La storia dei 29 partigiani impiccati a Figline nel settembre del ’44 – racconta Becchimanzi – mi ha sempre incuriosito e appassionato, fin dal 1989, quando appena arrivato a Prato risiedevo proprio a due passi dal luogo dell’eccidio. Come tanti pratesi, poi, ho quasi sempre partecipato alla fiaccolata del 6 settembre e lì, più volte, mi sono chiesto quanto si conoscesse realmente di quella strage, quanto i giovani sapessero di come si erano svolti i fatti, di come era, insomma, la città in quegli anni tragici della guerra e dell’occupazione nazifascista. Cominciai quindi a cercare fonti, scritti e saggi storici: tra questi una vecchia pubblicazione del Comune di Prato, un piccolo opuscolo dal titolo “Come si muore per l’Italia libera”, che riportava la trascrizione di diari e racconti orali. Mi venne quindi l’idea di provarne a farne un breve romanzo, intrecciando diverse vicende di quei giorni, sempre con l’assillo di non eccedere in fantasia. Spero che questa mia velleità possa risultare utile a riaccendere i riflettori su quella strage, che fu il tragico epilogo di una rappresaglia crudele quanto inutile da parte di un esercito ormai sconfitto. Che possa, quanto meno incuriosire i giovani, in questi tempi così difficili, dove i valori come libertà e antifascismo, che altre generazioni avevano nel dna, sono messi in discussione, a volte oltraggiati e calpestati. Anche per questo ho voluto dedicare questo libro alla memoria di Lorenzo Orsetti, partigiano della libertà del terzo millennio. Voglio ringraziare – conclude – tutti coloro che hanno reso possibile la pubblicazione ed in particolare la Fondazione Museo della Deportazione e Resistenza, alla quale andrà parte dei ricavati delle vendite».
Sinossi
5 settembre 1944. I partigiani della Brigata Buricchi ricevono l’ordine dal CLN di scendere a Prato perché le truppe alleate sono alle porte. Ormai a pochi chilometri dalla città, vengono attaccati dai tedeschi. Il grosso della Brigata riesce a sfuggire all’agguato, ma una trentina di uomini, quasi tutti giovanissimi, vengono catturati e poi giustiziati per impiccagione nel piccolo borgo di Figline. Forse ci fu una soffiata? Una spia vendette il segreto dell’ordine impartito dai capi del CLN o più semplicemente il Comando partigiano non aveva scelto il percorso migliore per la discesa della Brigata su Prato? Alcuni sfollati sono costretti dai tedeschi ad assistere al massacro per lasciare traccia della loro crudeltà. Una storia vera, ricostruita attraverso i pochi scritti lasciati dai testimoni diretti ed indiretti di una delle tante stragi naziste in Toscana.
Estratto dall’introduzione e dai contributi storici:
“Il valore di questo libro è quindi duplice. Da un lato offre la preziosa occasione di far conoscere soprattutto ai più giovani un pezzo importante della storia di Prato – e al contempo della storia italiana – riaccendendo l’attenzione sui fatti del 1945; dall’altro troviamo la capacità di dare risalto ai sentimenti, alle paure, alla forza di chi decise con fermezza da che parte stare, a costo di sacrifici personali e familiari incredibili. Non scelsero la via più facile, ma la più giusta”.
Matteo Biffoni
“Il lavoro di Ciro Becchimanzi inizia da quel momento cruciale per la storia di Prato. Leggendolo, si rivivono da vicino le ultime fatidiche ore della lotta di liberazione nel centro laniero fino all’insediamento del primo sindaco della Prato libera, Dino Saccenti, rappresentante del CLN locale. Al centro della narrazione il tragico episodio conclusivo della resistenza cittadina, l’impiccagione dei partigiani a Figline il 6 settembre 1944, ultimo giorno di occupazione. Nel testo viene posto l’accento sull’umanità di coloro che, in un momento estremamente complicato, scelsero la parte giusta e seppero dare la vita per i valori in cui credevano. Nelle pagine del racconto si evidenziando paure, incertezze, dubbi e speranze di quei geniali dilettanti che in selvaggia parata stavano andando a liberare la loro città, ma che trovarono la morte quando ormai l’obiettivo stava per essere raggiunto”.
Enrico Iozzelli
“La guerra è stata quindi un trauma per il Paese e per ciascuna persona che l’ha vissuta. Un monito sempre valido contro ogni forma di conflitto e contro le ideologie che la provocarono, tanto più necessario ora nel venir meno dei testimoni. Per questo oggi più che mai è importante ogni forma narrativa che riesca a trasmettere la drammatica realtà di quella guerra alle generazioni contemporanea, attraverso linguaggi diversi, ma accumunati dal rigore della ricerca e dal rispetto delle fonti, come ha fatto Ciro Becchimanzi con questo racconto”.
Fonte: ufficio stampa