Imbrattata la statua di Montanelli a Milano, il commento della Fondazione Montanelli Bassi
Alcune femministe radicali hanno compiuto il tradizionale rito che evidentemente offre loro una grande soddisfazione: imbrattare il monumento di Indro Montanelli collocato a Milano nei giardini a lui intitolati. Lo abbiamo già detto: sfregiare la statua del più popolare giornalista italiano del Novecento è un’ottima occasione per salire sul palcoscenico (Indro se lo sentiva quando affermò: i monumenti non mi piacciono perché sono presi di mira dagli escrementi dei piccioni). L’accusa è quella consueta: avere usato violenza contro la ragazza etiope di nome Destà, che Indro scelse come compagna nel 1935 durante la guerra di conquista coloniale voluta da Mussolini. Addirittura, poiché la ragazza aveva un’età non ben definita, ma stimata tra i 12 e i 14 anni, Montanelli è accusato di pedofilia.
Non tanto per controbattere le accuse delle focose sacerdotesse di questo ottuso femminismo, quanto per rispondere ai molti che ci hanno sollecitato una presa di posizione, precisiamo quanto segue, rinviando a quello che abbiamo qui pubblicato in date precedenti (20 luglio 2015 e 6 maggio 2018):
La pratica del cosiddetto madamato, frutto della politica coloniale e di un particolare clima storico, è ovviamente deprecabile, ma va contestualizzata nella cultura e nella sensibilità degli anni Trenta del Novecento.
Nel rapporto tra Indro e Destà non ci fu alcuna violenza. La ragazza conservò un ricordo affettuoso di Montanelli tanto che al primogenito nato dal suo successivo matrimonio mise il nome Indro.
E’ assurdo parlare di pedofilia e non solo per il fatto che – come ricordò Montanelli in più occasioni – la ragazza era considerata dalla sua gente matura per il matrimonio, ma soprattutto perché l’unione tra i due fu un fatto pubblico, non violento, ma condiviso e anzi fortemente voluto dal suo «sciumbasci» (ossia il suo attendente di colore che coordinava il battaglione eritreo), il quale, in caso contrario, paventava la perdita di autorità del comandante sulla truppa.
Poco dopo l’unione tra i due, i matrimoni misti furono proibiti da Mussolini ed è davvero singolare che Montanelli, che aveva scelto una compagna di colore, sia oggi accusato di razzismo dalle profanatrici del monumento milanese. A questo proposito stupisce la lettera inviata oggi (11 marzo) a Repubblica da una “scrittrice e poliziotta dell’ufficio maltrattamenti antistalking e minori”, la quale, pur di condannare Montanelli, si appella addirittura al codice fascista, citando il Regio decreto 740/37 che vietava il matrimonio tra colonizzatori e colonizzati. E questo è davvero il colmo.
Nel 1952 Indro tornò in Etiopia e incontrò Destà che lo accolse calorosamente, come certo non avrebbe fatto se si fosse sentita vittima di una violenza.
Sperando di essere stati esaurienti, restiamo a disposizione per ulteriori precisazioni
Fonte: Fondazione Montanelli Bassi