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L'allarme di Confcommercio Firenze: "Emorragia di negozi in centro storico"

A Firenze prosegue l’emorragia di negozi in centro storico. Lo rivela l’ultima indagine di Confcommercio sulla demografia delle imprese commerciali e turistiche nelle principali città italiane.

Se nel 2008 le botteghe del centro di Firenze erano 1.851, a fine 2018, dopo dieci anni, sono diventate 1.752, con una perdita di oltre il 5% (-99 in valori assoluti). Un po’ più contenute le perdite nella rete distributiva tradizionale delle periferie, dove i negozi sono passati dalle 3.241 del 2008 alle 3.166 del 2018 (-2,3%, -75 in valori assoluti).

A chiudere i battenti – sia in centro che fuori - sono soprattutto i negozi specializzati, che vendono moda, articoli casalinghi, culturali e ricreativi.

Aumentano invece le farmacie e i negozi di informatica e telefonia, a testimonianza dell’attenzione crescente dei consumatori per tutto ciò che riguarda salute, benessere e comunicazioni. In crescita anche le licenze del commercio ambulante.

Situazione differenziata per le botteghe alimentari, in aumento (+17) in centro storico, grazie al richiamo che l’enogastronomia ha presso i turisti, ma in calo (-35) in tutti gli altri quartieri cittadini.

Se gli esercizi commerciali diminuiscono, di contro alberghi, bar e ristoranti proseguono la loro marcia trionfale. In centro storico le imprese del comparto sono passate dalle 1.174 del 2008 alle 1.481 del 2018 (+2,6%, +307 in valori assoluti); fuori dal centro, dalle 1.394 di dieci anni fa alle 1.839 di ora (+3,2%, +445 in valori assoluti).

“Queste cifre indicano come il centro storico di Firenze sia sempre più a misura di turisti e sempre meno di residenti”, sottolinea il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni, “un’evoluzione che è in atto in maniera pressoché omogenea in tutta Italia, ma che dobbiamo monitorare con attenzione se non vogliamo che i nostri centri storici si spopolino. La presenza delle botteghe sotto casa è misura della qualità e della facilità del vivere in città. Il fatto che spariscano deve metterci in allarme”.

“Nonostante la crisi perdurante, in Italia i consumi del fuori-casa sono in aumento e questo spiega l’exploit di bar e ristoranti, che a differenza dei negozi continuano ad aprire sia fuori che dentro il centro storico”, fa notare il presidente della Confcommercio fiorentina Aldo Cursano, che è anche presidente di Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi)-Toscana. Ma non è tutto ora quel che luccica: “il fatto è che ora, sia per necessità di lavoro sia per stile di vita, la gente non rinuncia a

mangiare fuori ma ha meno capacità di spesa”, spiega Cursano, “e con l’aumento della concorrenza, le imprese della ristorazione si trovano meno marginalità da investire nella crescita”.

Sul grande sviluppo del comparto turistico incide molto anche il proliferare disordinato delle strutture ricettive extralberghiere: “anche questo è un fenomeno da valutare con attenzione”, dice il direttore Franco Marinoni, “va scongiurato l’effetto delle città-cartolina che la sera diventano dormitori per turisti. Non piacciono a nessuno. Ma finché ci sono negozi c’è speranza di restare attrattivi per residenti e visitatori. Ecco perché dobbiamo tutelare gli esercizi di vicinato e favorirli con precise misure di sostegno, per il valore sociale ed economico che rivestono”.

L’analisi dell'Ufficio Studi di Confcommercio, presentata il 6 marzo scorso a Roma ed elaborata su base locale dalla Confcommercio fiorentina, ha preso in esame 120 città (tutti i capoluoghi di provincia più 10 comuni di media dimensione).

A livello nazionale, sono 64mila i negozi scomparsi negli ultimi dieci anni. Nel periodo 2008-2018 i centri storici hanno perso il 13% dei negozi in sede fissa, -14% al sud con divario di 4 punti percentuali rispetto al centro-nord. Rispetto alle periferie il divario è di circa il 3%. Crescono i negozi di tecnologia e le farmacie, cade il numero dei negozi tradizionali, che escono dai centri storici per trasformarsi nell'offerta delle grandi superfici specializzate fuori dalle città. Il calo dei consumi reali pro capite ha comportato una perdita di negozi in sede fissa. Quando salgono i consumi il numero di negozi resta stabile. L'impatto della popolazione è positivo, la sua riduzione determina maggior desertificazione delle città. Secondo le stime dell'Ufficio Studi, il 70-80% della riduzione dei negozi dei centri storici è dovuto a razionalizzazione e scelte relative a scarsa redditività e competizione con e-commerce, centri commerciali, parchi e outlet.

Fonte: Confcommercio Firenze - Ufficio Stampa

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