Giornata della Memoria, domani a Firenze il viaggio di Danusia
Per la Giornata della Memoria, martedì 29 gennaio 2019 alle ore 17, presso la Casa di Dante in via Santa Margherita 1, presentazione del libro 'Danusia' di Dana Szeflan Bell. Interventi di Michele Brancale, Annalisa Macchia e Francesco Todaro (traduttore del libro, edito da Ladolfi). Coordina Giuseppe Baldassarre. Sarà proiettato un video con un messaggio dell’autrice: “I ragazzi ascoltavano partecipi. Rivivevo la mia infanzia con mio nipote lì, seduto tra quei bei bambini: vedevo nei loro volti una generazione che non avrebbe più avuto testimoni di ciò che accadde a me, o di sofferenze come la mia”. L'appuntamento è promosso da 'Pianeta Poesia'.
Sara Funaro sull’undicesimo treno della memoria
C’era anche l’assessore ad Accoglienza e Integrazione Sara Funaro sull’undicesimo treno della memoria, che è partito domenica 20 gennaio dalla stazione di Santa Maria Novella alla volta di Cracovia e dei campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau e Auschwitz I, organizzato dalla Regione Toscana in collaborazione con il Museo della deportazione di Prato, sotto l’Alto Patronato del presidente della Repubblica. A bordo c’erano tra gli altri oltre 550 studenti delle scuole superiori toscane e i testimoni dell’Olocausto: Andra e Tatiana Bucci, le sorelle scampate a Birkenau e al dottor Mengel, Silva Rusich, la figlia di Sergio Rusich deportato politico al lager di Flossenburg ed esule istriano testimone della deportazione politica.
Di seguito l’intervento completo dell’assessore Funaro in Consiglio comunale, dove oggi si è tenuta la commemorazione della Giornata della Memoria:
“Quest’anno per la prima volta ho deciso di visitare quelli che sono stati i luoghi del terrore, i campi di concentramento, i luoghi delle testimonianze dei nostri anziani e dei nostri nonni, quei luoghi che abbiamo sentito raccontare per tutta la vita, quei luoghi che avevo timore a visitare per le sensazioni che avrei provato. Poi, però, è arrivato il giorno in cui ho sentito il dovere individuale e collettivo di onorare le memorie del passato, le memorie dei milioni di persone che oggi non ci sono più e di chi essendoci ancora continua con grande senso di responsabilità a tramandare la propria esperienza ai tanti ragazzi che hanno deciso in questi anni di conoscere e di farsi a loro volta testimoni.
È così che inizia il nostro viaggio della memoria: con 550 ragazzi provenienti da tutta la Toscana, che hanno deciso di compiere questo viaggio non come un viaggio celebrativo, ma come un viaggio di conoscenza, di approfondimento che li cambierà profondamente, un viaggio che cambia ognuno di noi profondamente. Da un viaggio come questo si torna cambiati. C’è qualcosa che lavora dentro di noi e spesso non si sa spiegare il perché; si torna più feriti, ma anche più consapevoli dell’atrocità di cui è capace l’essere umano; consapevoli del fatto che non c’è limite oltre il quale il genere umano può spingersi.
L’arrivo a Birkenau è stato il momento più duro. Era freddo, c’era la nebbia ed era una nebbia fitta, che si tagliava come con un coltello; c’era la neve, quella neve che normalmente dà senso di pace, mentre là in quell’occasione dava solo un immenso senso di desolazione. E poi c’è stato l’ingresso nel campo di concentramento, quell’ingresso maledetto che abbiamo visto tutti nei film, nelle foto, letto nei libri, e che non è possibile descrivere a parole. Basterebbe quell’ingresso con i binari che entrano dentro per far riaffiorare i tantissimi racconti dei nostri anziani. I ragazzi erano ammutoliti. Nonostante fossimo stati in tanti era come se ognuno di noi fosse solo, rinchiuso in se stesso a cercare di ascoltare le emozioni che ti travolgevano.
Le parole della senatrice a vita Liliana Segre sono quelle che meglio rappresentano l’arrivo alla Yuden Rampe: “Sei arrivata in un mondo che non è un mondo, sei arrivato in un incubo, fai parte di un disegno diabolico a cui tu non sei preparato, ti chiedi perché…. come si fa a 13 anni a non impazzire quando vedi questo mondo in cui l’ordine, la severità il terrore applicato ad ogni essere umano fino a che è in vita ti trasforma in un numero, in uno schtuk, in un pezzo così come volevano i tuoi assassini che fossi”.
Bruno Bettelheim diceva che “i campi di concentramento servivano per rendere i prigionieri una massa indifferenziata e sottomessa, per predisporre una situazione sperimentale per lo studio dell’uomo e i mezzi per assoggettarlo meglio e dei limiti di sfruttamento del suo corpo in condizioni di schiavitù”. La sua testimonianza e ancora più quella di Primo Levi rendono conto della diabolica distruzione dell’identità individuale e collettiva, ogni singolo angolo di quei luoghi era studiato e progettato per annientare l’essere umano.
Ha colpito ognuno di noi la testimonianza delle sorelle Bucci in cui ricordano come la loro madre quando le incontrava ricordava come si chiamavano, nome e cognome. Il rischio soprattutto con i bambini era quello di scordarsi chi si era in quell’inferno.
Ad Auschwitz e Birkenau si entra in contatto con tutto questo, non si può comprendere, ma il contatto con questi luoghi si sente nel corpo e si vede negli occhi dei ragazzi, quegli occhi spesso pieni di lacrime che dicono molto di più delle parole.
Ognuno di noi si stringeva nei propri cappelli, guanti, giubbotti. Ognuno di noi teneva stretti i propri oggetti, quegli oggetti che abbiamo visto nella nostra visita: le scarpe, gli occhiali, le valigie, le foto, ammassati a migliaia, indifferenziati. Quegli oggetti che prima che un numero hanno dietro un nome, una storia, una vita spezzata. Quegli oggetti nella quotidianità possono sembrare banali, scontati, ma quando ne vieni privato è come se andasse via un pezzo di te.
Gli esseri umani non sono solo portatori della propria individualità, ma di un’appartenenza collettiva, culturale, religiosa e familiare spesso rappresentate da oggetti che assumono significati profondi.
I nazisti e i loro alleati hanno assassinato le persone, hanno tentato di annientare le appartenenze, hanno isolato gli individui. Hanno creato un meccanismo di tortura, il più diabolico messo in piedi nella storia dell’umanità. Hanno messo insieme tutte le categorie di tortura che possono esistere e che, singolarmente o associate, si possono purtroppo ritrovare ancora oggi in tante parti del mondo: privazioni, terrore, dolore, violazione dei tabù sessuali e disumanizzazioni, umiliazioni culturali, violazione dei tabù culturali fino alle procedure che portano alla costruzione di situazioni che implicano una scelta impossibile da parte del torturato.
Penso che ognuno di noi non solo possa conoscere tutto questo in modo più profondo dopo il viaggio della Memoria, ma penso che ognuno di noi, che ognuno di quei ragazzi che hanno partecipato a questo viaggio, possa fermarsi a riflettere su quello che è accaduto e su quello che accade ancora oggi nel mondo.
Vorrei concludere questo mio intervento con un pensiero di Primo Levi, che ho letto ai ragazzi durante il viaggio, un pensiero che penso possa servire a tutti noi: “Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi. La peste si è spenta, ma l’iniezione serpeggia. A molti individui o popoli può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che ogni Straniero è nemico, per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come un’infezione latente, si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa di un sillogismo, allora al termine della catena sta il lager”.
Sono sicura che saranno proprio i ragazzi, che con le loro coscienze e il loro senso di responsabilità, spezzeranno ‘le catene’ del presente e del futuro.
Dedico questi pensieri a tutti quei bambini per cui il ritorno a casa è stato un concetto impossibile; a tutti quei bambini che a causa dell’odio sono stati costretti a diventare adulti troppo presto e mai sono arrivati all’età adulta. E a tutti quei bambini che ancora oggi nel mondo cercano una casa e hanno diritto a non essere vittime dell’odio e a vivere la propria infanzia".
Commemorazione Giornata della Memoria e del partigiano Silvano Sarti.L'intervento di Miriam Amato, consigliera di Potere al Popolo
Morte, disperazione, torture, soprusi ieri come oggi, non appartengono al passato, sono il nostro quotidiano, per questo il mio intervento nel rispetto della tragedia che ha colpito gli ebrei sarà contestualizzato nel presente attuale. Cosa siamo noi per decidere sul destino degli altri, cosa siamo noi per aver messo il denaro come criterio discriminante per decidere chi ha diritti e chi no.
Che senso hanno le commemorazioni se non si ha rispetto per la storia, se non siamo in grado di imparare dalla storia, dagli errori del passato, dalle tragedie che l’uomo stesso e la sua presunzione hanno cagionato. Manipolazione del pensiero di massa che induce ad identificare lo straniero con stigmatizzazione negativa del termine.
La paura del diverso, la paura di riconoscere i diritti con la falsità che possano comportare disagi per altri. Nella nostra quotidianità i nostri figli giocano a fare la guerra alla play station e non rimangono turbati dalle immagini dei popoli colpiti dalle bombe vere. Nella nostra società, in cui possedere vale più che essere, perché si è perso di vista il significato dell’essere...dell’essere umano. Mentre piangiamo i morti di ieri lasciamo morire altra gente, nell’indifferenza totale. Non basta montare un servizio in tv per essere solidali o consapevoli, non basta trincerarsi dietro posizioni dettate da convenienze elettorali per non essere complici, non basta definirsi di sinistra per sentirsi in pace con la coscienza, così come non basta l’urlo disperato delle mamme che hanno visto morire i loro figli in mare, delle donne stuprate nei campi di detenzione in Libia, per tornare umani. Non abbiamo capito nulla della storia, non abbiamo imparato nulla della sofferenza, non stiamo facendo nulla per impedire altre guerre ed altre tragedie, anzi ci nascondiamo nelle cosiddette “missioni di pace”, per portare avanti nuovi conflitti giustificati dalla presunzione di superiorità occidentale. Oggi ricordiamo la giornata della memoria, ogni anno mandiamo gli studenti a conoscere i luoghi dell’orrore, ma li mettiamo davanti anche gli orrori di oggi? Ad esempio la situazione dei Curdi o dei Palestinesi.
Non si vogliono i migranti, soprattutto Africani, ma non si smette di sfruttare le loro terre, perdendo di vista le cause che spingono le persone a lasciarle.
Non si può e non si deve limitare alle commemorazioni le stragi del passato, ma per portargli rispetto e non aver reso inutili le loro morti. Bisogna evitare che altri patiscano quanto hanno patito loro. Non si può staccare come una figurina un pezzo di storia senza contestualizzarla nella situazione attuale, che è ancora veramente drammatica.
Ma la cosa peggiore è che anche quel partito, il vostro il partito democratico, che si definisce di sinistra, si è reso complice di accordi che destinano i migranti in Libia. Per far si che questo giorno non diventi una mera ricorrenza sterile bisognerebbe imparare dagli errori ed evitare scelte di governo che causino altre tragedie, perché in Libia i lager ci sono ancora, con stupri, violenze e torture.
Perché faccio un chiaro riferimento politico, perché nella stessa giornata ricordiamo il compagno Sarti, un uomo che ha dedicato la sua vita a quei valori, di cui ad oggi non siamo ancora stati all’altezza. Ieri dalle parole di altri partigiani sono state ricordate le sue lotte contro ogni forma di discriminazione, per i diritti al lavoro, per la parità, eppure sempre quella finta sinistra non ha concretizzato lo “ius soli”, ancora oggi viviamo in un paese, in cui i migranti non UE che vivono stabilmente nelle nostre città, non possono votare, non hanno il diritto di incidere e decidere per il governo delle città in cui vivono, lavorano e crescono i loro figli, non sono riconosciuti come cittadini. Per non parlare di ciò che ha comportato l’abolizione dell’art.18 ed il jobs act, per i lavoratori. O il negare il gonfalone al gay pride da parte della vostra amministrazione.
C’è molto da fare, caro Silvano, e ad oggi non siamo stati degni dell’eredità che ci avete lasciato, non vedo da parte di quella sinistra, che avrebbe potuto incidere in Parlamento, un briciolo di auto critica, non ho visto in questi anni politiche in grado di soddisfare i bisogni primari dei cittadini.
Tu ricordavi sempre il valore della Costituzione, ma chi la conosce? Non è mai stata insegnata nelle scuole come era stato stabilito dai padri costituenti, non è applicata ma nessuno se ne accorge, perché tanto è ignorata.
Le proposte di inserire, fra altri argomenti, la Costituzione nelle scuole è l’ennesima offesa per la Carta fondamentale del nostro paese. Una carta in cui i diritti e i doveri sono chiari e indiscutibili, in cui l’interesse economico e la svendita del patrimonio storico, artistico e culturale, non era previsto, in cui gli amministratori sarebbero dovuti essere rappresentanti nelle istituzioni al servizio dei cittadini, in cui la partecipazione popolare alla vita politica andasse ben oltre all’espressione di voto. Se viene ripresa in mano è per cercare di oltraggiarla con la presunzione di modificarla a piacimento e sempre spinti da interessi non collettivi, come nel caso dell’ultimo referendum.
Ma nulla di tutto questo è stato fatto, ne fa parte del dibattito politico, dove tutto è ridotto a mera campagna elettorale. In piazza ieri mi ha nauseato una frase, la frase del sindaco Nardella, che ha riportato le parole del Compagno Pillo che, a detta del Sindaco, gli ha detto di non arrendersi e di salvare Firenze dal fascismo. Ho trovato questa dichiarazione, riportata in pubblico, di pessimo gusto, se anche sia stata detta in sede privata, e lì che sarebbe dovuta rimanere, una commemorazione in cui il personalismo e la voglia di farsi campagna elettorale, da parte del sindaco Nardella, ha preso il sopravvento. Sono veramente rammaricata e posso riportare che dalla piazza la sensazione di una frase inopportuna era molto condivisa.
Poi il video con la voce del Compagno Silvano Sarti ha aggiunto, fortunatamente, che a sdoganare il fascismo è stato sìBerlusconi, ma anche certa sinistra.… Malessere, questo vi lascio col mio intervento, malessere per le morti che non abbiamo potuto evitare e per le morti che non stiamo evitando, aprendo i porti, malessere per chi con ingiustificati accordi abbiamo confinato nei lager libici di oggi. Malessere per la perdita del compagno Sarti e per non essere ancora degni del suo insegnamento, del percorso che ci hanno delineato e del valore della Resistenza che va oltre la connotazioni storiche ma che dovrebbero guidare le nostri azioni quotidiane. Malessere per l’ignoranza che affligge l’umanità, celata dietro una presunta superiorità, che concede il dritto di decidere sul destino delle vite di altri esseri umani. Malessere per un umanità che non ha rispetto della vita. Malessere per un Paese che ha la Carta Costituzionale più bella del mondo, ma continua a disapplicarla.
Fonte: Ufficio Stampa