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Fattoria La Leccia - Cantagrillo 2016: una nuova interpretazione del Trebbiano
Torniamo a parlare di vino dopo la pausa natalizia, e lo facciamo partendo da un vitigno che ha un legame stretto e profondo col nostro territorio: il Trebbiano. Varietà bianca molto produttiva, di elevata acidità e aromi tenui, base del Vin Santo e addirittura parte dell’uvaggio del Chianti, viene oggi generalmente ritenuta di poco appeal dal punto di vista organolettico ma, se ben interpretata e valorizzata, può dare origine a vini decisamente piacevoli e di carattere.
Ne è un esempio il Cantagrillo IGT Toscana, 100% Trebbiano, prodotto da Fattoria La Leccia a Botinaccio, Montespertoli.
Come mi spiega Lorenzo Bagnoli, che assieme alle sorelle e alla cugina Paola gestisce l’azienda di famiglia, Cantagrillo, così come gli altri vini della tenuta, è il frutto di un percorso evolutivo, filosofico e culturale ancor prima che tecnico, intrapreso da Fattoria La Leccia a partire dal 2013. Un percorso che parte dalla valorizzazione di un territorio storicamente votato alla viticoltura e delle sue tradizioni viticole secolari, dal rispetto per l’ambiente e la biodiversità, dal sapiente utilizzo dei vitigni autoctoni, Sangiovese e Trebbiano in primis, che vengono coltivati e vinificati con particolare riguardo delle loro peculiarità, dandone una propria interpretazione che ne esalta i punti di forza senza stravolgerne la natura.
L’azienda, che pratica l’agricoltura biologica, è situata a 200 m di altitudine sul crinale della fascia collinare che separa la Val di Pesa dalla Val d’Elsa, e gode di condizioni climatiche favorevoli alla viticoltura, essendo esposta alle brezze marine provenienti da Ovest, e protetta a Nord dal Montalbano che funge da barriera ai freddi venti di tramontana. 20 ettari totali di vigneto, posti su entrambi i versanti del rilievo, circondati da boschi di lecci che purificano l’aria e garantiscono la biodiversità, pilastro di un ecosistema sano e sostenibile.
Cantagrillo, che deve il suo nome ai tipici insetti dei nostri boschi, che col loro canto riempiono l’aria negli assolati pomeriggi estivi, è prodotto con uve provenienti in gran parte da un vigneto impiantato su terreno in prevalenza argilloso, ma con un’importante componente calcarea, con viti di Trebbiano di 20-25 anni allevate a cordone speronato. Una piccola parte delle uve proviene invece dai più vecchi vigneti aziendali, dove il Trebbiano, come si usava una volta, si trova sugli stessi filari assieme al Sangiovese e alle altre varietà che si utilizzavano (e si utilizzano ancora oggi) per la produzione del Chianti.
I grappoli, lasciati leggermente appassire sulla pianta, per ottenere una maggiore concentrazione degli aromi e smorzare l’acidità, vengono raccolti manualmente ai primi di Ottobre.
Fondamentali per il carattere e la particolarità del Cantagrillo sono le fasi che seguono la diraspatura, in cui le uve seguono strade e processi differenti.
Una parte di esse è mantenuta in macerazione a freddo per 24 ore prima della pressatura, in modo che lo shock termico provochi la rottura delle cellule delle bucce, consentendo una maggiore estrazione delle componenti aromatiche. La fermentazione avviene poi in serbatoi d’acciaio termocondizionati, grazie ai quali è possibile evitare innalzamenti eccessivi della temperatura che causerebbero la degradazione degli aromi. L’affinamento ha luogo anch’esso in serbatoi d’acciaio con temperatura mantenuta al di sotto di 15°C.
Le restanti uve seguono invece un percorso più insolito per un bianco: sono sottoposte ad una macerazione più lunga che si protrae fino alle prime fasi della fermentazione alcolica. In seguito alla formazione del cappello di vinacce, il liquido è trasferito in fusti di legno di varia dimensione e natura, dove termina la fermentazione e prosegue il successivo periodo di affinamento per 4-6 mesi.
I differenti legni usati in questa fase, acacia, gelso e ciliegio, oltre al classico rovere, permettono al Trebbiano di manifestare vari aspetti del proprio carattere e, terminato il periodo di elevage e compiuto l’assemblaggio delle masse, compresa la parte affinata in acciaio, aprirsi in un ventaglio sensoriale vivace, ricco e multisfaccettato.
Il risultato di queste operazioni è un vino singolare e per molti tratti sorprendente; le macerazioni, le basse temperature di fermentazione, l’affinamento in legno, gli conferiscono una struttura notevole, un carattere deciso, un bouquet dai mille colori, che non snaturano però i tratti tipici del Trebbiano e l’impronta netta del territorio.
Non è certamente il tipico bianco da bersi nell’estate successiva alla vendemmia, bensì un vino che necessita, dopo l’affinamento e l’assemblaggio, di riposare in bottiglia per qualche mese, affinché il puzzle si ricomponga ed il Cantagrillo si esprima al meglio; per questo viene messo in commercio, per una precisa scelta, nel terzo anno dalla vendemmia. Con Lorenzo ho infatti degustato l’annata 2016, che sarà in commercio tra qualche settimana.
Il colore è paglierino intenso e brillante, con lampi dorati; al naso dimostra già la sua personalità unica: la spiccata mineralità fa da sfondo ad un bouquet in cui si percepiscono profumi delicati di biancospino e più decisi di ginestra ed erbe officinali, sentori fruttati di mela gialla e pesca bianca, l’aroma balsamico della foglia di tè, il tutto addolcito da note di vaniglia e miele di acacia. Al palato acidità e sapidità, decise ma equilibrate, vivacizzano una struttura complessa e morbida, lasciando la bocca pulita dopo il sorso.
Le caratteristiche del Cantagrillo lo rendono perfetto per accompagnare una pasta o un risotto al pesce, ma data la sua struttura e la sua complessità aromatica, che ricorda per certi tratti i bianchi del Nord-Est, lo vedrei molto bene anche insieme ad un bollito di carni bianche, magari con qualche salsa vivace in abbinamento.
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Matteo Corsini