Anche i cavalli si stressano: nello studio anche l'Università di Pisa
Può essere un cavaliere particolarmente esigente o la separazione dal proprio gruppo sociale o ancora l’apparizione di qualcosa di nuovo nell’ambiente. Succede così che anche i cavalli (nel loro piccolo) si stressano e che per calmarsi (al pari di noi umani) mettono in atto particolari comportamenti.
Si potrebbe sintetizzare in questo modo quanto emerge da un recentissimo studio pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” e realizzato da una equipe di veterinari ed etologi composto da Paolo Baragli, Claudio Sighieri (Dipartimento di Scienze Veterinarie) ed Elisabetta Palagi (Dipartimento di Biologia) dell’Università di Pisa e da Chiara Scopa del Centro di Referenza Nazionale per gli Interventi Assistiti con gli Animali (Direttore Dott. Luca Farina), Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Legnaro, Padova.
“Per la prima volta abbiamo definito e standardizzato una condizione di stress nei cavalli secondo modalità e tempistiche precise, che ci ha permesso di individuare quei comportamenti che i cavalli usano per calmarsi”, sottolinea Paolo Baragli del dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Ateneo pisano.
E’ emerso così che lo “snore”, cioè un suono legato alla respirazione simile ad una profonda inalazione, è un comportamento messo in atto per controbilanciare lo stress così come, ma con una tempistiche diverse, il “vacuum chewing”, cioè la masticazione a vuoto, senza nulla in bocca.
“I comportamenti calmanti messi in atto dai cavalli sono una forma di resilienza, cioè una strategia che consente di affrontare meglio certe situazioni caratterizzate da una importante risposta emotiva negativa – spiega Chiara Scopa dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie – sono azioni inconsapevoli che hanno un effetto sul sistema nervoso autonomo, che permette al soggetto di bilanciare lo stress e provare a ristabilire l’equilibrio interno del proprio organismo, lo facciamo anche noi umani in alcune situazioni, ad esempio dondolando le gambe, gesticolando, strusciando le mani o arricciandoci i capelli”.
I ricercatori hanno condotto la sperimentazione su 33 cavalli di razza, sesso ed età diversi in quattro differenti scuderie italiane. In pratica, lo stress test consisteva nel gonfiare con un meccanismo a distanza, improvvisamente e in pochi secondi, un palloncino all’interno dei box dei cavalli lasciandolo gonfio per 5 minuti. Il comportamento degli animali è stato quindi video-registrato e i dati fisiologici (frequenza e variabilità cardiaca) sono stati raccolti da un monitor cardiaco fissato su una cintura elastica applicata al torace. Per validare i risultati le stesse rilevazioni sono state eseguite anche su un gruppo controllo e in questo caso i cavalli venivano lasciati soli nei box senza che ci fosse alcun palloncino. I ricercatori hanno quindi rilevato che lo snore e il vacuum chewing erano molto più frequenti come reazione al palloncino, infatti le variabili fisiologiche indicavano una maggiore attività del sistema “calmante” dell’organismo (componente vagale del sistema nervoso autonomo). La differenza riscontrata stava nella tempistica di comparsa, lo “snore” era prevalente nel primo minuto, mentre il vacuum chewing era distribuito in tutti i 5 minuti del test. Ciò indicherebbe che lo “snore” serve a contrastare il primo impatto dell’evento stressante, mentre il vacuum chewing interviene con un’azione più lenta e prolungata.
“Il cavallo è tra i più diffusi animali domestici e da compagnia, oltre ad essere utilizzato in attività ludico-ricreative e nelle terapie assistite - conclude Paolo Baragli – e, nonostante l’attenzione sempre crescente, è ancora difficile definire e riconoscere quali siano i segnali che possono aiutarci a capire il loro reale stato interiore. Il comportamento da solo può non essere sufficiente e questo studio potrebbe quindi fare da apripista alla realizzazione di linee guida comportamentali, validate dalla reale attività del sistema nervoso autonomo, utili a tutti coloro che hanno a che fare con i cavalli e perciò anche a beneficio degli umani”.
Fonte: Università di Pisa