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Il ricordo di Don Renato Fissi nel decimo anniversario dal 'Dies Natalis'

A dieci anni dalla scomparsa di Don Renato Fissi, sacerdote della Diocesi di Firenze, per 52 anni, dal 1956 al 2008, vogliamo ricordare un uomo, un sacerdote innamorato di Cristo e della Sua Chiesa che ha lasciato , in chi lo ha conosciuto, la consapevolezza di aver condiviso la strada con uomo speciale, un semplice ma grande sacerdote, servitore di Dio e un dono per tutti.

Uomo, alto asciutto, dalla camminata svelta, agile e leggera, dallo sguardo vivace come un bambino, Don Renato era capace di stupirsi di fronte a un tramonto, di accalorarsi in una discussione, di ridere e scherzare come di dare un calcio ad un pallone insieme ai suoi ragazzi fino a sporcarsi le mani per le opere e l’Opera di Dio

Finché la malattia non lo ha fermato, il 27 dicembre del 2008, è rimasto lo stesso bambino come ricorda la sorella Renata, oggi novantenne, quando all’età di quattro anni saliva sugli alberi sfuggendo alla sua sorveglianza e giocava allegro con i compagni, combinandone di tutti i colori, ma allo stesso tempo sensibile e capace di riflessioni profonde, forte dell’educazione sana e genuina che aveva ricevuto in una famiglia semplice dell’ Impruneta, devota alla Madonna.

Don Renato Fissi nasce il 9 marzo del 1932, ultimo di quattro figli . Fin da bambino, quello che lo caratterizza è l’estrema fiducia nella Provvidenza, che lo rende capace di affrontare le circostanze, dalle più semplici alle più faticose, senza disperare. Già a otto anni “sente” la vocazione e a tredici entra in seminario.

Viene ordinato sacerdote nel 1956 e viene mandato prima a San Felice in Piazza poi a Castelfiorentino, come cappellano. La prima parrocchia di cui gli viene affidata la responsabilità è San Bartolomeo a Palazzuolo a Tavarnelle.

Già lì si rende evidente uno dei suoi più grandi doni: la facilità con la quale è capace di rapportarsi con i più piccoli. Organizza momenti di incontro, gioco, attività e proprio per questo compra un pullman dell’esercito per portare bambini e ragazzi, anche delle parrocchie vicine, in gite ed escursioni tutti assieme, per sperimentare la gioia della comunione e condivisione in nome di Cristo.

Intuisce l’esigenza delle nuove generazioni di riscoprire la fede come esperienza viva e l’urgenza educativa già di quegli anni. Questo carisma non lo abbandonerà mai e l’attenzione verso i giovani sarà sempre una sua priorità: si farà promotore di campi scuola, sarà responsabile della scuola all’Antella, aprirà un asilo nido e, non ultimo, l’idea del G.R.I.M., l’oratorio a Borgo San Lorenzo. Tutto questo porta con sé, insieme al suo “strano e colorato pulmino” a Fibbiana, quando vi viene trasferito nel 1971.

Matura in lui il desiderio di far divenire la parrocchia luogo di incontro, condivisione e preghiera e trova in quel piccolo paese un luogo dove sperimentare e vivere il rinnovamento portato dal Concilio, di cui lui era appassionatamente convinto.

I bambini, i ragazzi ma anche i giovani e le famiglie si stringono intorno a lui che li guida a fare esperienza di Cristo nel reale. Il suo giudizio sulla realtà è chiaro e la sua passione, il suo impegno, la sua esuberanza, testimoniano il senso del suo agire.

Estremamente pratico e capace, sa coinvolgere gli altri in ciò che fa, e, la manualità, il fare, sono lo strumento educativo col quale richiama alla sacralità delle cose, del lavoro, dell’attività umana vissuti con la consapevolezza di partecipare all’opera di Dio, proprio come nella formula benedettina “ora et labora” alla quale richiama chi gli sta vicino.

Sono di quegli anni il campo di lavoro in Abruzzo per aiutare padre Emilio Rinaldi dei Vincenziani, nel restauro della chiesa a San Giovanni Vecchio in provincia dell’Aquila e la partenza di un gruppo di giovani per il Friuli, dopo il terremoto del ’76, in collaborazione con la Caritas. Ma anche l’assistenza agli anziani soli della parrocchia, per i quali viene sistemata un’ala della canonica a piccolo appartamento e l’idea della un piccola confezione di giacconi, nata come esperienza di comunione nel lavoro, dove un gruppo di

persone decidono di vivere la loro giornata, proprio con quello spirito benedettino dove il lavoro si alterna alla preghiera ed è esso stesso preghiera .

Nel 1977 è all’Antella, lascia Fibbiana obbedendo alla chiamata del cardinale Florit dopo appena sei anni, anni che però lasciano il segno nella storia di quella parrocchia: una generazione di bambini allora e adulti oggi che lo ricorda con affetto e un gruppo di giovani che rimarranno sempre legati a lui come a un padre.

A Santa Maria all’Antella rimane ben 19 anni, ed è qui che senza dubbio concretizza il suo impegno più grande.Durante il suo apostolato, conosce Don Gatti, parroco di San Bartolomeo a Molezzano vicino a Vicchio, è alla ricerca di un luogo dove poter sperimentare con continuità, con i ragazzi, l’esperienza di lavoro, preghiera e amicizia e lì trova in quell’anziano sacerdote un “complice”. Così comincia l’esperienza di “Molezzano” che poi diventa un luogo aperto ai gruppi parrocchiali e ai movimenti.

Il vuoto è un’occasione sprecata per l’opera di Dio, così nasce il progetto di San Lorenzo a Montisoni, il recupero di una chiesa in stato di abbandono dal 1956, realizzato con la “Comunità Incontro” di Don Piero Gelmini e quindi affidato al lavoro degli ex-tossicodipendenti.

In tutto questo non si è mai preoccupato, o quanto meno fatto scoraggiare, dalle difficoltà anche economiche, contando fiducioso sui suoi parrocchiani che richiamava alla povertà e sulla Provvidenza, prima finanziatrice. Il suo fare era la risposta a un bisogno reale, concreto, secondo il progetto di un Altro, con un “sì” quotidiano e instancabile.

Sono un altro esempio la gestione della scuola elementare paritaria dell’Antella, si impegna per quest’opera e per quello che rappresenta nel tessuto sociale del paese, si fa promotore della sua ristrutturazione fino al coinvolgimento nella gestione della scuola stessa di alcuni del movimento di CL che già nell’ambito fiorentino si occupavano di scuole cattoliche. Di questa scuola si occupa ancora oggi un’associazione a cui hanno dato il suo nome e che gestisce anche sul nostro territorio altre scuola Parificate come La Scuola di santa Teresa del Bambin Gesù a Montelupo.

Intanto sopraggiunge, già in quegli anni, la malattia e proprio per motivi di salute il cardinale Piovanelli lo chiama nel 1996 e lo invia nella parrocchia della Sacra Famiglia a Sagginale, San Cresci e Olmi, nel comune di Borgo San Lorenzo.

In quel Mugello già a lui caro, continua la sua porta anche qui tutti i suoi carismi e godendo di una pausa del suo male, non viene meno alla sua tempra di lavoratore, cominciando il restauro di San Cresci, una pieve del Mille in stato di abbandono che, grazie alla sua tenacia e all’aiuto di chi condivide con lui questo progetto, ai volontari e benefattori, torna a vivere con la prospettiva di luogo di incontro.

Con il ripresentarsi della malattia, ha di fronte la prova più grande, quella del sacrificio e anche qui ci testimonia la profondità del suo cuore: offre il suo dolore in silenzio. Di fronte alla totale dipendenza sperimenta come la posizione umana più ragionevole è quella della mendicanza; accetta la volontà del Signore senza nascondere la propria fragilità e si abbandona alle braccia amorevoli della Madonna, la madre del Signore alla quale fin da piccolo è stato consacrato.

Questo suo legame con Maria, lo riavvicina negli ultimi anni, grazie ad amici comuni, a un anziano sacerdote che aveva conosciuto quando era parroco a Fibbiana, Don Mario Boretti di San Donato a Livizzano. Questa fraterna amicizia nelle fede e nella devozione mariana, gli saranno di aiuto e conforto negli ultimi periodi della sua vita.

Giovedì 27 dicembre alle ore 21:30 , nella Chiesa di S, Maria a Fibbiana , verrà celebrata la S.Messa in suffragio.

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