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Millenario di Torre, poesie in onore dell'antica frazione fucecchiese

Si è concluso poche settimane fa l’ultimo evento organizzato per il Millenario di Torre, dedicato ai poeti locali e alle maestre della vecchia scuola elementare della frazione, ma non è terminata l’onda lunga dell’ispirazione poetica, che caratterizza questa porzione di territorio di Fucecchio in cui sono nati il poeta e giornalista di fama nazionale Enzo Fabiani e i due giovani poeti Samanta Campigli e Simone Gabrielli. Oggi emerge una nuova poesia scritta da Marcella Banti di Fucecchio e dedicata proprio al Millenario della frazione Torre.

Quest’ultima, ispirata dai racconti dei torrigiani Vincenzo Sgherri e Giuliana Bagni, è rimasta così colpita dalla storia di questo antico villaggio di campagna, che ha avvertito l’esigenza di tradurre in versi le immagini e le tradizioni secolari di un intero popolo. Un “simbolo poetico” del lungo Millenario di Torre che Marcella Banti ha voluto donare a Torre e che adesso viene condiviso con l’intera comunità.

Antichi Passi
Cadono le foglie ingiallite dal tempo.
Nell’aria riecheggia il rumore di antichi passi:
soldati sommersi in pesanti armature fuggono dalla guerra,
pellegrini erranti cavalcano secoli di storia
in cerca di speranza,
volti stanchi,
provati dalla vita,
dissetano le loro sofferenze all’ombra
della miracolosa fonte.
In questa terra ancora silenziosa
e verdeggiante,
tra quelle case costruite sulle macerie di una torre antica
Gregorio ha respirato gli odori della
Divina Pace
ed è diventato Santo.
Una colonna strappata all’usura della storia,
ignara del prestigio del suo marmo,
sorregge quell’angolo di cielo
che ancora protegge i suoi fedeli
e a chi è in cerca delle sue radici
rivela le origini mischiate
tra la regalità romana e l’umiltà di un
Santo.

«La poesia di Marcella Banti – afferma Francesco Campigli, uno degli organizzatori del Millenario – racchiude, come uno scrigno prezioso, tutti i “passaggi” fondamentali della storia di Torre dall’antichità al Medioevo. Soldati e pellegrini, in particolare nell’età di mezzo, hanno caratterizzato questo territorio, specialmente coloro che attraversavano la Via Francigena o Romea e dunque il tratto tra l’Arno e i boschi delle Cerbaie, per poi proseguire verso Roma. Una “variante” di tale Via – secondo le ricerche di storici e archeologi – lambiva proprio Ultrario, toponimo medioevale corrispondente alla frazione Torre. E poi i contadini di questa terra i quali, provati dalle fatiche del duro lavoro nei campi, si recavano alla fonte di San Gregorio Magno per devozione al Patrono o per bere l’acqua miracolosa, proprio come narra la leggenda secolare, rielaborata molti anni fa anche dal poeta Enzo Fabiani.

Leggenda scolpita nella memoria collettiva di un popolo che, ogni anno, celebra – il 12 marzo – la processione alla antica fonte benedetta, rivivendo – tra inni sacri e tradizione – le atmosfere e i sentimenti religiosi radicati nel territorio. Anche l’autrice della poesia riprende la leggenda secondo cui Gregorio si recò in questo luogo e si spinge oltre, forse per omaggiare la frazione collinare di Fucecchio, poiché collega addirittura la sua santità agli «odori della Divina Pace» respirati a Torre (luogo indicato nella documentazione archivistica bassomedievale anche con i toponimi «Podium turris» e «podium de la torre»); «odori» respirati dal Santo nelle verdeggianti vallate in cui egli fece scaturire – secondo la tradizione – la sorgente miracolosa. E poi il riferimento al borgo che si sviluppa sulle macerie dell’antica torre medioevale, parte della quale è tuttora inglobata tra la Chiesa e il complesso edilizio annesso all’edificio sacro.

Infine un fascio di luce illumina le tracce di un passato ancora più antico, che affonda le proprie radici nella “romanità”: si tratta del riferimento alla colonna scoperta recentemente e attribuita dagli studiosi al periodo romano; periodo in cui esisteva già un insediamento, come testimoniano le ricerche archeologiche sul territorio. Una colonna di marmo prezioso (giallo antico, con venature rossastre), proveniente da una cava tunisina attiva fino e non oltre il IV secolo d.C.. Significativi gli ultimi versi della poesia che sembrano incorniciare la storia di Torre “tra la regalità romana e l’umiltà di un Papa”, San Gregorio Magno appunto, che di Roma fu Pontefice, tra i più grandi nella Storia della Chiesa».

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