Alloggi Erp, il dibattito in consiglio regionle. Scaramelli: "Una legge per chi ha bisogno"
Ad aprire il dibattito sulle disposizioni di Edilizia residenziale pubblica (Erp), ieri pomeriggio, martedì 4 dicembre, il consigliere Andrea Quartini (M5S): “Nessuno ha il coraggio di fare il primo passo, inizio io”, ha esordito, unendosi al grazie per il lavoro degli uffici e riflettendo sui quindici mesi di discussione. “In realtà la discussione forte c’è stata tra la maggioranza in Consiglio e la Giunta regionale – ha affermato – noi abbiamo dibattuto in commissione e ora in Aula; non a caso questo atto boccia la legge Saccardi e la prima proposta della Giunta, finendo per arrivare a delle “disposizioni monche, che mostreranno la loro inutilità all’atto pratico, disposizioni fatte per promuovere una finta riforma, utile solo a fini propagandistici”. “Questa legge, non avendo affrontato molti problemi (disagio abitativo, lode, manutenzione alloggi sfitti, alienazioni, conflitti sociali) – ha concluso – è un’occasione persa per l’edilizia residenziale pubblica in Toscana”.
Secondo Monica Pecori (Gruppo misto Tpt) il “testo ispirato dalla Giunta regionale era diverso, tuttavia, non vedo niente di utile o di migliorativo rispetto al passato, a partire da un effettivo controllo sul patrimonio degli alloggi, che non c’è”. “Si è perso di vista l’obiettivo principe – ha sottolineato – quando si parla di disagio abitativo occorre porre al centro la persona e i suoi bisogni, lavorando per dare garanzie”. Da qui l’aggancio al “sistema farraginoso dei punteggi”, che per la consigliera non dà garanzie al soggetto disabile di poter accedere a una abitazione conforme alle proprie esigenze. Pecori ha concluso il proprio intervento dichiarando di non condividere il criterio della cosiddetta storicità della residenza sul territorio toscano ed esprimendo un giudizio sulla proposta di legge “al momento negativo, che spero possa cambiare in sede di votazione sul pacchetto di emendamenti”.
Di “legge diversa rispetto a quella affrontata mesi fa” ha parlato Paolo Sarti (Sì-Toscana a sinistra), che ha sottolineato in particolare due problemi non risolti, la governance e la mancanza di risorse: “occorre investire in edilizia popolare, non possiamo fare le nozze coi fichi secchi, perché questo è il tentativo che abbiamo di fronte a noi”. Non solo, secondo Sarti questa legge è “un mare magnum da rivedere e ripulire: un piano di edilizia residenziale pubblica deve guardare esclusivamente agli investimenti, non deve essere un calderone dove ci si mette tutto, dal disagio sociale all’autosufficienza”. E invitando a “non inseguire la Lega che sta facendo tanti danni”, il consigliere ha chiuso il proprio intervento parlando di atto “da migliorare” e rimandando agli emendamenti.
Jacopo Alberti (Lega) non ha dubbi: “Il testo base della Giunta regionale del 2017 è stato completamente stravolto, non è quello consegnatoci lunedì sera (3 dicembre)”, ha affermato, annunciando la presentazione di 24 emendamenti e soffermandosi su alcune considerazioni politiche. Prima fra tutti: “Si è parlato di legge in salsa leghista, ma non è vero, la salsa leghista è quella che ci ha contraddistinti da sempre, nel nostro voler dare le case prima agli italiani, senza ghettizzare, ma questo atto continuerà ad assegnare le abitazioni prima agli stranieri”, anche attraverso un nuovo metodo, l’autocertificazione di imposta valori di immobili all’estero. E parlando di altri punti non condivisibili, a partire dalla “perla dell’articolo 35 sulla mediazione sociale e culturale”, Alberti ha concluso: “Non vediamo nessun leghismo, con questo provvedimento non ci sarà alcuna inversione di tendenza”.
Per il consigliere Enrico Sostegni (Pd), la nuova legge è “vicina alle persone e ai territori, una misura che pensa allo sviluppo sociale della nostra Regione”. La Toscana, ha spiegato Sostegni “è stata la prima a fare dell’integrazione socio sanitaria una parte fondamentale della propria caratterizzazione. Dal ’96 ha scelto che tutto il patrimonio Erp fosse di proprietà dei Comuni e che a quel livello si strutturasse l’organizzazione della gestione e dell’utilizzo degli immobili da destinare all’edilizia residenziale pubblica, che è uno degli strumenti per rispondere ai bisogni abitativi dei cittadini”. Un testo “concordato passo dopo passo con la Giunta regionale”, per arrivare a “una misura più equa e flessibile”. Sostegni ha ricordato “il 40 per cento di flessibilità che abbiamo lasciato ai Comuni” e che “il disagio abitativo è stato fatto contare di più”. La questione della permanenza “risponde a persone che da troppo tempo si trovano nella stessa situazione e non hanno trovato risposte diverse, ma il limite minimo dei cinque anni di residenza non può essere innalzato, perché noi vogliamo – ha aggiunto Sostegni – che la Toscana sia pienamente europea e riconosca i diritti sociali, per questo”.
Giudizio negativo è stato espresso dal consigliere Paolo Marcheschi (Fratelli d’Italia), nei confronti di “una legge da cui ci si aspettava una visione sociale più definita e invece è una riforma molto timida, senza coraggio, che genera nuova conflittualità tra poveri vecchi e nuovi”. Il quadro generale, ha spiegato Marcheschi, “è peggiorato a livello nazionale e anche in Toscana. In questi anni non si sono costruite case, non si sono fatti piani di edilizia sociale. Le case sono le stesse e i poveri sono aumentati”. La discrezionalità lasciata ai Comuni “è anche eccessiva, la soglia del 40 per cento è troppo alta”. Un testo che “doveva nascere come una riforma importante e pian piano è stato ridimensionato. I fuochi di artificio sono diventati petardi”. Questo anche a causa del “contrasto tra Giunta e Consiglio, che non si è fermato soltanto alla governance”, ha osservato Marcheschi. Non c’è la “percezione di come è cambiata la povertà in Toscana, dove emergono i nuovi poveri: sono coloro che fanno figli e anche se lavorano si impoveriscono. Sono i padri separati, a tutela dei quali ho presentato un emendamento”.
Secondo il consigliere Nicola Ciolini (Pd) la nuova legge “non è la soluzione a tutti problemi di disagio abitativo in Toscana, che richiedono investimenti adeguati sul patrimonio edilizio, maggiore efficienza delle società di gestione e maggiore disponibilità dei Comuni sulle politiche abitative”, ma ha l’obiettivo “di ottimizzare funzionalità ed efficienza del sistema attraverso regole più eque rivolte non solo a una parte del Paese, ma a tutti coloro che hanno più bisogno, da più tempo e in senso assoluto. Di qui – ha spiegato Ciolini – passa la ricerca di giustizia sociale”. Le case popolari “sono da sempre parte del nostro popolo, rispondono alle necessità di una maggiore inclusione sociale. Non vogliamo inseguire nessuno, cerchiamo di rendere più funzionale lo strumento legislativo. Se il testo è così cambiato in questi mesi, è perche ci siamo messi in ascolto e a disposizione di tutti”. Giusto affrontare “il tema dei padri separati, che oggi rappresenta una vera emergenza”. La governance “ha bisogno di un approfondimento maggiore, nessuno di noi nega che c’è bisogno di un intervento anche su questo aspetto”.
Scaramelli: "Legge pensata per chi ha bisogno"
Una legge innovativa, pensata “per chi ha bisogno” perché il “discrimine non è la nazionalità. Il cardine è capire chi aiuta, declinare bene lo stato di bisogno che ci ha portati a questo testo”. Queste le parole del presidente della commissione Sanità in Consiglio regionale, Stefano Scaramelli (Pd). Un testo che approda in Aula dopo 15 mesi di lavoro e discussione “durante i quali abbiamo avuto modo e tempo per approfondire e capire chi aiuta questa nuova legge sull’Erp” ha spiegato Scaramelli. “Aiuta chi lavora da anni nel nostro territorio, le giovani coppie, chi ha un reddito basso, i precari, chi non riesce a pagare affitti sempre crescenti nel mercato libero e chi, non avendo figli, pur avendo altri requisiti, non ce l’avrebbe mai fatta a vedersi assegnare un alloggio”.
“Aiuta – ha continuato il presidente – chi ha disabilità fisiche e mentali, quanti sono stati impoveriti dalla crisi e faticano a trovare una casa. Tutela chi ha già beneficiato di un diritto che consente la crescita sociale e l’emancipazione offrendo al tempo stesso nuove opportunità a chi da anni è ancora in attesa”. Una legge, insomma, in cui si ritrovano diritti, doveri e nuovi diritti come ha spiegato Scaramelli parlando di “nuovi poveri cui dobbiamo dare risposte”, di “meccanismo che premia in maniera importante il lavoro”, di punteggi in favore di coloro che fanno domanda da molto tempo, ma non riescono mai ad arrivare all’assegnazione di un alloggio” fino alla misura rivolta ai sindaci per agevolarli nella gestione di situazioni emergenziali.
Le tutele elencate dal presidente sono state molte, a cominciare dall’innalzamento del livello di soglia che permette di rimanere all’interno del circuito Erp. “Abbiamo pensato a chi oggi è titolare di diritti, consentendo un canone più basso, da 56 a 50 euro, mantenendo un’invarianza dei canoni che consente una tariffazione costante nel tempo. Siamo intervenuti sullo stato della governance e quindi delle aziende che governano il sistema e mantenuto gli 11 Lode (Livelli ottimali di esercizio) a livello locale”
Parlando di doveri, il presidente ha citato “elementi nuovi, importanti, articolati con una soluzione mediata fra le varie forze politiche”. Come i corsi di educazione civica per chi vive all'interno di una casa popolare. “Rimandiamo ai soggetti gestori e ai Comuni questa attività formativa che pure non è vincolante in sede di partecipazione al bando” ha spiegato. Altra novità importante, condivisa soprattutto con le organizzazioni sindacali e rappresentanti degli inquilini, riguarda problematiche sollevate in particolare dai Comuni perché il contrasto disagio abitativo “possa diventare prevalente o quantomeno aumentato”. “C’è una domanda forte di residenzialità a cui dobbiamo rispondere e in questo caso il rapporto fra canone e reddito può essere elevato fino al 50 per cento” ha detto ancora Scaramelli portando l’esempio di persone che guadagnano mille euro e che quindi non possono permettersi un affitto di 500. “Abbiamo nuovi poveri” ha continuato parlando di precari, citando poi misure di sostegno per le giovani coppie: “non dovranno più dimostrare la convivenza di due anni per poter partecipare ai bandi”.
Sul fronte punteggi, Scaramelli ha ricordato l’aumento previsto per chi da tempo fa domanda ma non si vede mai assegnare una casa. “In questi casi è evidente che il bisogno si è procrastinato ed è quindi doveroso intervenire”. A tal proposito è prevista anche una norma specifica dedicata ai Comuni che consente loro di gestire casi di emergenzialità: le abitazioni potranno essere inserite in percorsi di emergenza fino al 40 per cento del patrimonio disponibile. “Una soglia molto importante che consente anche a persone con disagi di carattere psichico o mentale di rientrare in un percorso agevolato” ha spiegato Scaramelli.
Sul processo di emancipazione sociale, il presidente ha precisato che può terminare al raggiungimento di un reddito superiore ai 36mila euro, con una forbice che scivola fino a 27mila su base Isee in modo da declinare situazioni specifiche e realtà territoriali.
Diamo una risposta abitativa ai più deboli – ha concluso –, mettendo i doveri al fianco dei diritti, introducendo controlli tassativi e corsi di educazione civica diffusa. È una scelta politica figlia della cultura riformista e progressista della Toscana capace di coniugare giustizia sociale, legalità e valori democratici”. “Auspico un dibattito franco e un consenso largo”.
LA LEGGE IN SINTESI
La legge in materia di edilizia residenziale pubblica ridefinisce i criteri di assegnazione delle case popolari. Arriva a conclusione un lungo lavoro sul testo che la Giunta regionale aveva presentato in commissione nel marzo scorso. Un lavoro che ha portato a una profonda riscrittura del provvedimento, emendato in commissione Sanità articolo per articolo. Rispetto al progetto iniziale, che ne prevedeva il superamento, restano gli undici soggetti gestori e i relativi Lode (i livelli ottimali d’esercizio), per i quali si prevedono modelli organizzativi che permettano di esercitare le funzioni anche in forma associata, preferibilmente nell’area vasta di appartenenza, e l’istituzione di commissioni territoriali per il contrasto al disagio abitativo.
Vengono riviste le modalità di accesso, assegnazione e utilizzazione degli alloggi Erp e i canoni di locazione, che vengono distinti in quattro tipologie: minimo; sociale; ordinario protetto; massimo di solidarietà. Si introducono modifiche alla disciplina dell’annullamento e della decadenza dall’assegnazione e della risoluzione del contratto di locazione. In particolare, tra gli elementi introdotti, per partecipare ai bandi per l’assegnazione di alloggi Erp, non saranno ammesse persone “con condanne penali passate in giudicato per delitti non colposi per i quali è prevista la pena detentiva non inferiore a cinque anni, ovvero avvenuta esecuzione della relativa pena”. Il procedimento di decadenza sarà avviato obbligatoriamente dal Comune nei confronti dell’assegnatario “che abbia riportato condanna definitiva per violenza o maltrattamenti verso il coniuge, i minori o altri componenti del nucleo familiare” e per i delitti non colposi suddetti. Il Comune procederà all’assegnazione dell’alloggio ad altro componente del nucleo familiare.
Un sub-emendamento presentato in commissione dal presidente Scaramelli ha rimodulato l’assegnazione dei punteggi e introdotto per la prima volta i 3 punti a chi è residente o lavora nell’ambito territoriale da almeno 15 anni e 4 punti per chi è residente e lavora da almeno 20 anni alla data della pubblicazione del bando.
Le vecchie graduatorie rimarranno in vigore fino al momento in cui il Comune non emetterà il nuovo bando.
Si attribuisce un criterio prevalente di premialità del disagio abitativo, per il quale è stata tolta la soglia dei 6 punti.