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La 'piccola guerra' tra Ponte a Egola e Cigoli dai diari di Enrico Giomi

La storia di Ponte a Egola, nella seconda metà dell’Ottocento, emerge, come diaristica, dalle “Memorie storiche” di Enrico Giomi, nato nel 1846, nella frazione di Tognarino. “Mi accingo ad esporre - così scrive l’autore nella prefazione al suo libro una breve narrazione di ciò che il popolo del Ponte a Evola operò nell’ultima metà del secolo, non tanto per costruirsi la nuova chiesa, come pure per migliorare la sua posizione morale, poiché quella materiale era già molto migliorata col mezzo della sua industria e del suo commercio”. Industria e commercio che nacquero e si svilupparono nel borgo già esistente in età napoleonica (1808), ma cresciuto fra le Fornaci e il ponte sul torrente, dalla metà dell’Ottocento. [ndr.]

La costruzione della chiesa e la nascente industria conciaria, sono al centro di queste “Memorie” pubblicate in edizione privata, per gentile concessione delle nipoti Zola, Neva e Fresa Giorni. Il volume intitolato “Una piccola guerra tra Ponte a Egola e Cigoli” evidenzia le lotte religiose sociali e politiche che si scatenarono fra questi due centri del comune di S. Miniato. Lotte per lo più incruente ma dense di scontri politici e sociali. Gli abitanti del castello di Cigoli temevano, con la costruzione della nuova chiesa al Ponte a Evola, di perdere quei privilegi di traffici e di interessi: processioni, matrimoni, battesimi, feste, che la presenza di una chiesa attirava e faceva crescere.

Si assiste così, come in un romanzo, ad una serie infinita di astuzie, scontri fra gerarchie ecclesiastiche e potere politico, perché intanto il Ponte a Egola era diventato, in relazione ai tempi, un centro economico importante con una discreta popolazione di 1145 bocche, ed era sede di una sezione elettorale sulla quale gravitavano Montebicchicri, Stibbio, S. Romano, Romaiano.

Così il nobile Guglielmo dei Pazzi, il conte Guicciardini e il barone Giorgio Sonnino, si trovarono impegnati in quello che oggi si può definire un duello politico basato sul voto di scambio: un impegno per intercedere presso l’autorità regia al fine di ottenere facilitazioni per la costruzione della chiesa in cambio di voti, preziosi ieri più di oggi, vista allora, la ristretta base dell’elettorato, tutta basata sul censo. Ma oltre il dato politico, la lettura di queste “Memorie” testimonia una fase storica di decadenza dei borghi sui colli, e la crescente importanza economico sociale dei paesi a valle. Si assiste alla nascente industrializzazione di una zona e si ha una chiave di lettura di come da un popolo di vetturali e di barrocciai si sia giunti ad un ceto imprenditoriale agguerrito e competitivo su scala mondiale.

Le famiglie Giomi, Matteucci, Marianelli, Dani e Rossi, che si operarono per la costruzione della chiesa sono le stesse che troviamo fra i pionieri delle prime concerie. Risalgono a quegli anni anche i conflitti e le incomprensioni fra Ponte a Egola e S. Miniato che Giomi qualche volta enfantizza e altre cerca di comprendere e giustificare. Ma l’aspetto più interessante di questo libro che qui vogliamo solo accennare per non togliere il gusto della scoperta a chi lo dovesse leggere, è l’incalzare degli avvenimenti che attraverso episodi del quotidiano fa rivivere, a distanza di oltre un secolo quella atmosfera e quei sentimenti. Riemergono usi e costumi, vizi e virtù, superstizioni e ingenuità, che ancora oggi si possono riconoscere come caratteristici della gente del Ponte a Egola non tanto per nascita ma per precise circostanze storiche.

Valerio Vallini

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