Un convegno e un libro a Pisa in attesa di 'Mosè in Egitto'
C’è molta aspettativa per il capolavoro serio rossiniano Mosè in Egitto, in cartellone nella Stagione Lirica del Teatro Verdi il 9 e l’11 novembre, dopo la promozionale scuole e sociale del 7 novembre). In attesa che il sipario si apra su quest’opera dalla mirabile architettura formale e dagli effetti drammatici di rara intensità, questa settimana sono in calendario due importanti appuntamenti di approfondimento: un convegno mercoledì 24 e la presentazione di un libro venerdì 26 ottobre.
“Mosè nella Bibbia, nella musica e nelle arti visive” è il titolo del convegno, in programma mercoledì alle ore 15.30 in Sala Titta Ruffo.
Organizzato dalla Fondazione Teatro di Pisa e dal Servizio Cultura e Università dell’Arcidiocesi di Pisa, il convegno sarà aperto dai saluti istituzionali del Presidente del Teatro Giuseppe Toscano, del coordinatore del Servizio Diocesano padre Iuri Sandrin SJ e dal presidente della Comunità Ebraica di Pisa Maurizio Gabbrielli, cui seguiranno gli interventi di S.E. l’Arcivescovo Mons. Giovanni Paolo Benotto, di Rav Luciano Meri Caro, rabbino di riferimento della Comunità Ebraica di Pisa e del direttore artistico delle attività musicali del teatro Stefano Vizioli. Ad approfondire, quindi, le tematiche del titolo saranno due importanti teologi e un musicista specialista di musica antica. A parlare di Mosè nella Bibbia sarà infatti Cristiano D’Angelo, docente della Facoltà teologica di Firenze, nonché Vicario Episcopale per la Pastorale nella Diocesi di Pistoia; il tema “Mosè nella musica” sarà analizzato da Aaron Carpené, direttore d’orchestra, clavicembalista, organista, pianista e musicologo specializzato nel repertorio barocco; infine, a parlare di Mosè nelle arti visive, accompagnandosi con alcune proiezioni esplicative, sarà uno dei più noti teologi italiani, Severino Dianich, docente di Ecclesiologia alla Facoltà teologica di Firenze nonché Vicario episcopale per la pastorale della Cultura e dell’Università della Diocesi di Pisa, studioso che com’è noto ha dedicato tutta la sua ricerca al tema della Chiesa e, più di recente, a quello dei rapporti fra teologia e arte. A coordinare il convegno sarà il M° Stefano Barandoni.
Si connette idealmente al convegno l’appuntamento in programma per “Parlando di libri” venerdì pomeriggio, alle ore 18, nel Foyer del Verdi. Rinviata infatti al 20 febbraio la presentazione del libro di Arrigo Quattrocchi “Esercizi di memoria” per sopraggiunti impegni delle curatrici, venerdì oggetto dell’incontro sarà il libro del prof. Franco Piperno “La Bibbia all’opera. Drammi sacri in Italia dal tardo Settecento al Nabucco”, uscito quest’anno per i tipi della casa editrice Neoclassica. Con l’Autore ne parlerà Stefano Vizioli.
Professore ordinario di Musicologia e Storia della musica nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma “La Sapienza” e Direttore del Centro servizi “Sapienza CREA -Nuovo Teatro Ateneo” della medesima università, membro del Collegio docenti del Dottorato di ricerca in Musica e spettacolo, Presidente della Commissione MuSa- Musica Sapienza, Delegato del Rettore per le iniziative culturali, il prof. Piperno ha al proprio attivo numerose pubblicazioni ed edizioni relative a diversi ambiti di ricerca sia sulla musica cinque-settecentesca che sulle istituzioni orchestrali dei teatri d’opera italiani dell’Ottocento. In questo suo nuovo libro, il prof. Piperno parte dal fatto che nella metà degli anni ’80 del 1700, a Napoli e in altre piazze teatrali italiane, venne aggiunta al calendario operistico una stagione in tempo di Quaresima caratterizzata da opere su soggetto veterotestamentario e che proprio da quel momento prese avvio e si consolidò una tradizione di sacrodrammi biblici che giungerà fino al Nabucodonosor di Verdi. Il libro delinea quindi gli aspetti di drammaturgia e di strategia produttiva di questo repertorio; esamina quindi la tradizione precedente e la successiva ricezione di sacrodrammi esemplari come appunto il Mosè in Egitto di Rossini, considera le diverse motivazioni che le politiche culturali in Italia degli anni rivoluzionari, poi giacobini indi della Restaurazione hanno espresso per ora sostenere, ora tollerare questo particolare filone operistico.
Fonte: Ufficio stampa