Ecco il Drappellone e il Masgalano per il Palio Straordinario del 20 ottobre
Chissà se la straordinarietà di questa edizione che chiude le celebrazioni della Grande Guerra porterà sorprese ai dieci contendenti. Comunque sia, il fervore antico non mancherà e la gara per aggiudicarsi il Palio continuerà a nobilitare quel fascino vigoroso al quale hanno contribuito gli artisti chiamati a “illustrarne” il senso.
Per questa occasione è stato invitato Gianmarco Montesano, “pittore di storia”.
La storia è, di solito, scritta dai vincitori. Eppure nella contrapposizione tra historia rerum gestarum e res gestae, tra narrazione e “fatti”, permane uno scarto, una soluzione di continuità: una frattura che a volte l’arte si incarica di rendere trasparente.
Gianmarco Montesano da decenni si sforza di restituire ai nostri occhi immagini concrete, senza intenti provocatori né celebrativi, di quanto la storia ufficiale si limita a citare come qualche cosa di laterale, come pura traccia. Come scriveva alcuni anni fa Maurizio Sciaccaluga, “Montesano non s’interessa ai meccanismi d’identificazione e proiezione, non vuole annullare il distacco tra realtà e rappresentazione”. E ancora: “ciò che si vede sulla tela non deve essere veritiero perché in tal modo l’artista non è costretto a prendere posizione, a dichiarare i fatti narrati e mostrati. Tutto deve scorrere davanti agli occhi di chi guarda …”.
Ma, per Montesano, quelle tracce sono indizi tutt’altro che propagandistici o puri esercizi retorici. Sono elementi di una storia alla quale un popolo ha partecipato e compito dell’artista è quello di rendere evidente come gli eventi coinvolgano tutti. È un po’ come osservare, distanti, non coinvolti, il rendiconto di quello che siamo stati. Con le speranze e i dubbi, con la partecipazione attiva e con l’osservazione resa dalla comunicazione. Con la promessa che l’immagine vorrebbe rendere evidente e la sospensione di giudizio generata da una pittura che sembra confinare ogni evento in un ricordo che non è possibile mettere a fuoco.
La pittura è il centro. Ritrovata negli anni Settanta, nel pieno degli smarrimenti concettuali, nel culmine del rifiuto della pittura, nello scandalo della ripresa di una tecnica che non cela le fonti delle sue immagini - i film, i rotocalchi, le vecchie immagini del varietà – Montesano ha sfidato ogni possibile soggetto. Da Hitler a Lenin dalle ballerine ai soldati da Leni Riefenstahl a Mussolini, la pittura, rinata in bianco e nero, e poi, saltuariamente ricolorata, ha traversato tutto il Novecento senza temere di toccare il male (quale poi). L’osservazione e la traduzione in pittura somigliano a una sorta di immane catalogo umano, un archivio dove la storia passa e avanza, senza ulteriori commenti.
La pittura di Montesano, quel suo modo di investigare l’evento, è sia una riflessione sul senso delle icone che hanno attraversato l’immaginazione della storia, sia una riflessione sul gesto stesso della pittura.
In questo caso, per questo “Palio straordinario”, si tratta di un’immagine intima che tuttavia non è per niente scontata, nel ricordo di anni dove la barbarie sembra aver trionfato (“ci sono guerre giuste – ha scritto qualcuno – ma non ci sono eserciti innocenti”): un fante consegna un
mazzo di fiori a una giovane donna, forse la sua amata. Sembra che il fante porti su di sé la memorie delle decine e decine di figure di soldati che in Montesano abbiamo imparato a conoscere nel corso degli anni, mentre la giovane altera, stretta nell’abitino bianco, si porta dietro l’altro fondamentale retaggio di questo pittore eclettico, il ricordo reale della propria vita, l’ombra della donna che fu sua zia e lo condusse, forse per prima, al mondo della recitazione, del teatro, del cinema muto e del cinema, Isa Pola.
Figure che devono parlare coi volti, con i gesti, con la mimica esagerata da antiche maschere teatrali.
Il giovane fante porta dunque in dono un mazzo di fiori: un dono “ineccepibile”, un auspicio, una promessa: la guerra avrà termine. Potremo ricostruire la vita.
Fonte: Comune di Siena - Ufficio Stampa