Agli Uffizi la mostra 'D'odio e d'amore. Giorgio Vasari e gli artisti a Bologna'
Dal 9 ottobre al 2 dicembre nella sala Edoardo Detti, al primo piano della Galleria degli Uffizi.
«Né è maraviglia che quella d’Amico fusse più pratica che altro, perché si dice che, come persona astratta che egli era e fuor di squadra dall’altre, andò per tutta Italia disegnando e ritraendo ogni cosa di pittura e di rilievo, e così le buone come le cattive… le quali fatiche furono cagione che egli fece quella maniera così pazza e strana».
Questa citazione dalla Vita di Bartolomeo da Bagnacavallo e d’altri Pittori Romagnuoli è tratta dall’edizione del 1568 delle Vite del Vasari. Il “praticaccio inventore” era Amico Aspertini, ma Vasari allarga il suo caustico giudizio a tutti gli altri pittori bolognesi a lui contemporanei definendoli con “il capo pieno di superbia e di fumo”. Non solo: nella Vita di Michelangelo aggiunge la velenosa nota per la quale il Buonarroti avrebbe lasciato Bologna dopo solo un anno di permanenza perché lì “perdeva tempo”.
Insomma un rapporto nato proprio male, ma per fortuna finito bene, come ci rivela la mostra D’odio e d’amore – Giorgio Vasari e gli artisti a Bologna, curata da Marzia Faietti e Michele Grasso, in corso dal 9 ottobre al 2 dicembre nella Sala Edoardo Detti del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi. Infatti, attraverso una selezione assai accurata e significativa di disegni e dipinti (prevalentemente attinti dalle collezioni delle Gallerie degli Uffizi), l’esposizione lascia intuire come il giudizio ostile di Vasari – che imputava agli artisti d’oltre Appenino il mancato contatto con opere e materiali dell’arte classica dai quali prendere spunto e ispirazione – era destinato a non durare a lungo. I termini sono già meno duri nei confronti del Correggio che, a parer suo, se fosse uscito dalla Lombardia (l’Emilia era allora considerata terra lombarda) e si fosse spinto fino a Roma “averebbe fatto miracoli”, ma verso agli artisti della generazione successiva Vasari spende addirittura parole di approvazione.
È una mostra dal taglio inedito, con un discorso intellettuale e figurativo molto sottile, che spiega il testo delle Vite di Vasari – usato come traccia – attraverso le opere esposte, e che appunto rivela una relazione quasi di odio e d’amore, con giudizi feroci da una parte e slanci ammirati dall’altra: così si spiega, ad esempio, un disegno inedito proprio di Amico Aspertini che sembra un inaspettato omaggio del bolognese “fuori squadra” verso Vasari, di cui cita l’opera. In questa narrazione visuale, c’è un happy end impensabile in partenza: Bologna aveva nel frattempo conquistato il rigoroso artista e primo storico dell’arte aretino.
“La mostra affronta con coraggio un tema sofisticato e raro - commenta il Direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt – guidando lo sguardo del visitatore attraverso dipinti e disegni, in un gioco di rimandi tra testo e immagine. È il frutto di anni di studi da parte dei curatori sugli scritti di Vasari e sulle opere, con risultati inediti e scoperte che rivelano la profonda vocazione alla ricerca delle Gallerie degli Uffizi e la loro missione educativa, ai più alti livelli”.
Rivalità di scuole e sentimenti:
un’interpretazione nuova
Eike D. Schmidt
Ma è proprio vero che Vasari non amava gli artisti bolognesi o, quanto meno, gli artisti che ai suoi tempi erano attivi a Bologna? Se si rispondesse affermativamente, si rischierebbe di generalizzare, mentre l’atteggiamento del pittore e storiografo aretino nei confronti di quei suoi colleghi fu di natura molto più complessa. Occorre invece considerare con più attenzione due fattori principali.
In primo luogo, nella Vita di Bartolomeo da Bagnacavallo e d’altri Pittori Romagnuoli Vasari lancia i suoi strali sulla generazione di artisti attivi al momento del suo soggiorno bolognese nel 1539, mentre in seguito mostra di avere un atteggiamento assai diverso, in alcuni casi di decisa approvazione, verso la generazione successiva. In secondo luogo, al di là degli effettivi conflitti e delle rivalità che all’inizio lo contrapposero ai colleghi incontrati a Bologna, lo storiografo aretino in fondo si servì dei suoi passati rancori per mettere in atto un confronto evidentissimo tra la sua educazione professionale – che gli aveva consentito il salto qualitativo da pittore di provincia a pittore dei Medici – o, meglio ancora, tra la formazione degli artisti presso l’Accademia del Disegno, fondata a Firenze nel 1563, dunque a cavallo tra le edizioni Torrentiniana e Giuntina delle Vite, e la pratica di cantiere o la formazione autodidatta di alcuni “bolognesi”. Il rapporto di Vasari con Bologna, dunque, si evolve fortemente nel giro di trent’anni circa (dal 1539 al 1568), in un’epoca in cui cambia in modo radicale anche tutto il panorama artistico in Italia.
I due curatori della mostra, Marzia Faietti e Michele Grasso, hanno scelto di prendere avvio dalle Vite per ricostruire quella rete di relazioni e intrecci, di pregiudizi reali ed equivoci intenzionali contenuti nei testi vasariani, illustrandoli e commentandoli con le opere dei protagonisti di quelle pagine. Parole e immagini, dunque, o, meglio, parole rilette alla luce delle immagini che a loro volta sono in grado di tracciare un nuovo testo, finora non scritto, ma sotteso al pensiero vasariano, anzi compreso al suo interno. I curatori si sono poi avvalsi della vasta competenza su Vasari storiografo di Fabian Jonietz, che nel suo saggio si sofferma sul peso e la consistenza degli artisti emiliani e romagnoli nel contesto delle Vite. Tra gli artisti, sono particolarmente privilegiati Amico Aspertini e Prospero Fontana, perché rappresentano, rispettivamente, l’avversione vasariana verso il primo, esponente a Bologna di una generazione di pittori del tutto privi di regole, e la riconciliazione dell’aretino con chi invece, come il secondo, seppe collaborare al suo fianco, spingendosi sino a utilizzare suoi disegni per le proprie opere.
La mostra si avvale di pochi prestiti: l’intenzione è infatti di valorizzare i disegni e i dipinti già presenti nella collezione delle Gallerie degli Uffizi, e attraverso la loro guida visuale spiegare al visitatore il sofisticato discorso critico che ne costituisce il tema centrale. Da questo punto di vista la rassegna presenta anche nuovi risultati critici, tra i quali il confronto tra il ritratto disegnato di Giovanni Achillini detto il Filotèo, che qui si ascrive a Francesco Francia, e il ritratto dipinto del fratello di lui, Alessandro Achillini, dovuto ad Aspertini e nel 2009 acquistato dagli Amici degli Uffizi per le Gallerie.
Si evidenziano così le ragioni dell’originaria ammirazione nutrita da Vasari nei confronti del Francia, vecchio caposcuola bolognese, prima che a suo avviso venisse sconfitto dall’evidente superiorità di Raffaello, e si spiega la sua insofferenza verso la sprezzatura espressionista di Amico, di cui peraltro si espone un disegno inedito che, viceversa, potrebbe anche essere interpretato come un omaggio dell’irregolare pittore bolognese al colto collega aretino.
La mostra e il catalogo sono il risultato di un lungo percorso di studi: da un lato le ricerche condotte da Michele Grasso sul fondo dei disegni ascritti tradizionalmente a Vasari, dall’altro l’esercizio storiografico messo in atto da Marzia Faietti, con la rilettura critica di celebri brani vasariani che hanno condizionato l’interpretazione storico-artistica di diversi momenti e aspetti della storia dell’arte. Mi riferisco, per citare un esempio che ha toccato proprio gli Uffizi, al concetto della mostra La rivincita del Colore sulla Linea. Disegni veneti dall’Ashmolean Museum e dagli Uffizi, aperta tra la fine del 2016 e gli inizi del 2017, dove l’analisi si concentrava soprattutto sull’ideologia che aveva portato alla condanna di artisti “veneziani” come Giorgione, Palma, Pordenone e altri ancora, reputati privi di disegno in un passo nella Vita di Tiziano del 1568. Questa avvincente revisione interpretativa di Vasari, densa di novità e sorprese, continua ora nelle iniziative del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, portando l’attenzione su Bologna.
SERVIZI MOSTRA
Enti promotori
Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo
Gallerie degli Uffizi
Firenze Musei
Titolo della mostra
D’odio e d’amore
Giorgio Vasari e gli artisti a Bologna
Sede espositiva
Sala Edoardo Detti, Gallerie degli Uffizi, Firenze
Periodo della mostra
9 ottobre – 2 dicembre 2018
Conferenza stampa e inaugurazione
lunedì 8 ottobre 2018 ore 12
Auditorium Vasari, Gallerie degli Uffizi, Firenze
Prezzo biglietto
Dal 9 ottobre al 31 ottobre:
biglietto intero € 20.00; ridotto € 10.00 per i cittadini dell’U.E. tra i 18 e i 25 anni;
Dal 1 novembre:
biglietto intero € 12.00; ridotto € 6.00 per i cittadini dell’U.E. tra i 18 e i 25 anni;
gratuito riservato a minori di 18 anni di qualsiasi nazionalità, portatori di handicap ed un accompagnatore, giornalisti, docenti e studenti di Architettura, Conservazione dei Beni Culturali, Scienze della formazione, Diploma di Laurea di lettere e filosofia con indirizzi di laurea archeologico o storico-artistico, Diploma di Laurea o corsi corrispondenti negli Stati membri dell’Unione Europea, insegnanti italiani con contratto a tempo determinato e indeterminato in servizio presso una scuola pubblica o paritaria del Paese
Orario
martedì – domenica ore 8.15 - 18.50; la biglietteria chiude alle 18.05
Chiuso il lunedì
Servizio didattico per le scuole
Visita guidate per le scolaresche solo su prenotazione. Costo di € 3.00 ad alunno.
Info e prenotazioni: Firenze Musei 055.294883
Servizio visite guidate
Info e prenotazioni: Firenze Musei 055.290383
e-mail firenzemusei@operalaboratori.com
Sito web: www.uffizi.it
Fonte: Opera Laboratori Fiorentini - Ufficio Stampa