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Facevano prostituire 30 trans nel pisano: quattro arresti

Quattro persone sono state arrestate questa mattina dai carabinieri di Pisa per sfruttamento della prostituzione. Una lunga indagine scattata circa due anni fa ha fatto emergere un vasto circuito di sfruttamento di almeno 30 transessuali brasiliani, costretti a prostituirsi in strada a Pisa e a Migliarino, nel comune di Vecchiano, per pagare i debiti contratti con le “madrine”. Nell'indagine sarebbero coinvolti anche altri 4 soggetti per i quali è scattato l'obbligo di dimora. Le misure cautelari sono state eseguite a Pisa, Viareggio, Massarosa e Livorno. Le accuse sono quelle di associazione adelinquere, induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento dell’immigrazione a scopo di prostituzione.

Gli sfruttatori erano altri transessuali brasiliani che insieme ad alcuni italiani hanno goduto di un flusso di denaro di alcune centinaia di migliaia di euro all'anno, grazie all'organizzazione di viaggi, alla predisposizione delle case per ospitare l'attività di prostituzione e allo sfruttamento del lavoro dei viados.

I dettagli dell'indagine

L'indagine è scatatta a seguito di una segnalazione pervenuta agli investigatori nell’estate del 2016 da una transessuale esasperata dalle continue pressioni di chi l’aveva “accomodata” in un appartamento pisano e "autorizzata" a prostituirsi per strada. Sono quindi scattati pedinamenti, identificazioni, intercettazioni telefoniche e ambientali che, a partire da una coppia di transessuali, di cui una sottoposta a intervento chirurgico per il cambio di sesso, ha visto il coinvolgimento di altri connazionali e di alcuni italiani.

La coppia di transessuali, C.R.S.D., detta “Denise”, 35 anni, e “Kailane” A.d.S., 33 anni, aveva base a Pisa e qui organizzava l’arrivo dei connazionali: giovani transessuali pronti a prostituirsi per mantenersi da vivere. I due organizzatori del sodalizio criminale facevano accomodare le vittime connazionali in alcuni appartamenti cittadini e, di sera, organizzavano il loro trasporto per il “luogo di lavoro”, a bordo strada, in particolare sull’Aurelia, in zona Migliarino Pisano oppure nelle prossimità della zona “Navicelli” e nei vicini quartieri.

I trasporti erano effettuati da autisti italiani, membri a tutti gli effetti dell’associazione a delinquere, che si facevano pagare dai transessuali per ogni viaggio, andata e ritorno. Le giovani vittime erano di fatto obbligati a prostituirsi per diversi mesi, per poter pagare il debito alle due “madrine”, Denise e Kailane, che, per permettere ai transessuali di prostituirsi, chiedevano inizialmente il saldo di 5.000 euro: senonché, il debito era destinato a lievitare, fino anche a 20.000 euro, prima che la prostituta potesse essere dichiarata “libera”.

Alla conquistata libertà, le vittime erano invitate ad abbandonare i luoghi di prostituzione, perché le madrine erano in continua attesa di altri giovani transessuali dal Brasile: “carne fresca”, secondo il gergo emerso dalle intercettazioni.

Oltre alle due madrine, altre due transessuali brasiliane, peraltro già indagate, in passato, per simili reati, erano coinvolte nel sodalizio: si tratta di R.P., detto “Natasha”, di 32 anni, e di S.R.d.O., detto “Pamela”, di 47 anni. I due, d’accordo con Denise e Kailane, gestivano l’affitto delle piazzole, in zona Navicelli di Pisa. Pretendevano la pigione per ogni ora trascorsa sulla strada oppure si accordavano con le madrine dei transessuali sfruttati, che, di conseguenza, vedevano lievitare il debito contratto con Denise e Kailane, grazie al conto finale dei corrispettivi spettanti per la “locazione”.

Un altro transessuale, nel corso degli accertamenti, ha fatto emergere il proprio ruolo nell’associazione per delinquere. Pur non essendone promotore, E.H.D.N., detto “Xuxa”, di 41 anni, è stato identificato come partecipante al sodalizio, soprattutto nella gestione di alcune vittime transessuali che le due madrine si preoccupavano di ospitare e alle quali assegnavano le piazzole di sosta per potersi prostituire.

Sotto l’attenta direzione di Denise e Kailane, Xuxa valutava anche la produttività dei connazionali sfruttati, dei quali cercava di esaltare le qualità, spostandoli di volta in volta nelle zone più redditizie o permettendo loro di prostituirsi in appartamento, lusso concesso soltanto a pochi prescelti.

Il ruolo degli italiani, G.C. livornese di 38 anni, e G.B., 45enne napoletano, domiciliato a Massarosa, era subordinato a quello dei brasiliani: di fatto, consisteva proprio nel “supporto” alle attività. Con una telefonata di preavviso, anche piuttosto tardiva, gli italiani si mettevano a disposizione delle madrine e andavano a prelevare i transessuali dalla casa ove erano stati sistemati, per accompagnarli nella piazzola prevista per il meretricio notturno. A termine dell’attività, che normalmente veniva svolta dalle 22 circa fino alle 2 del mattino, gli autisti tornavano a prendere i transessuali e li riaccompagnavano a casa, a meno che non avessero questi stessi trovato un “passaggio”, fornito da un cliente benevolo.

Il quarto italiano coinvolto nell’indagine, G.A., 44enne originario di Napoli, e uno dei tre autisti menzionati, inoltre, si sono prestati al sodalizio anche per favorire la permanenza in Italia di due sodali: sia Kailane, sia Xuxa, che non avevano regolari contratti di lavoro, necessitavano infatti di un valido appiglio giuridico, per non vedersi espellere dal territorio nazionale, allo scadere del permesso di soggiorno.

Per questo motivo, a febbraio del 2007, G.A. ha sposato Kailane, in Municipio a Pisa, con una cerimonia celebrata con tutti i crismi e un nutrito numero di invitati. Abito da sposa per lei, completo per lui, i due hanno di fatto preso ognuno la propria strada subito dopo la celebrazione, occorsa esclusivamente per convalidare il soggiorno di Kailane in Italia. Anche G.C., il livornese 38enne, si era prestato a una fittizia unione, non matrimoniale ma civile, perché il reale genere dalla consorte Xuxa, formalmente maschio, non lo permetteva: a fine del 2016, i due hanno infatti contratto l’unione civile, allo scopo esclusivo di regolarizzare la brasiliana e dietro una somma corrisposta allo “sposo” dal sodalizio stesso.

Le indagini, dirette dal Pubblico Ministero, dott.ssa Paola Rizzo, hanno effettivamente delineato i contorni di un’associazione attiva e redditizia, per un flusso di denaro annuo che superava alcune centinaia di migliaia di euro. I gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari, consistenti nel concreto rischio di reiterazione del reato, hanno fatto sì che il Giudice per le Indagini Preliminari, concordando in tutto con le risultanze dei carabinieri e del Pubblico Ministero, emettesse la misura cautelare, per la quale Denise, Kailane, Natasha e Pamela, definiti “promotori” dell’associazione, sono finiti in carcere, i primi due a Pisa e gli altri due a Lucca.

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