Al via il Festival Internazionale del Teatro Romano
DUE APPUNTAMENTI: “I Beatles e la malinconia” di Stefano Vestrini e “L’arte di saper invecchiare, con il grandissimo Piero Nuti
Mercoledì 11 luglio al Festival Internazionale del Teatro Romano
Alle 18 quello che è già diventato un evento dei pomeriggi di Volterra,consumati al Bistrot dei Ponti: “I libri che diventano spettacolo”, con il concerto presentazione del bel libro di Stefano Vestrini: I BEATLES E LA MALINCONIA”, ci saranno Stefano Vestrini, l’autore e insieme ad un gruppo di importanti musicisti cioè Piero Zannelli e Fabrizio Taddei, insieme alla voce di Roberta Santini.
Alle 21,45 la serata si sposta al Teatro Romano con L’ARTE DI SAPER INVECCHIARE con l’immenso Piero Nuti, il marito di una delle più grandi attrici del teatro italiano, Adriana Innocenti, scomparsa pochi anni fa. Nuti si misura con la sua età: “Bisogna aggiungere vita agli anni, non anni alla vita”, secondo l’esortazione del neurologo, Premio Nobel per la medicina, Rita Levi Montalcini. Così Luciano De Crescenzo:“I vecchi che posseggono il senso dell’umorismo hanno diritto al trenta per cento di sconto sull’età” – “La gioventù, la maturità e la vecchiaia sono tre periodi della vita che potremmo ribattezzare “rivoluzione, riflessione, televisione”. Si comincia col voler cambiare il mondo e si finisce col cambiare i canali!”.
L’attore e regista Piero Nuti, conoscitore e frequentatore del teatro antico ai massimi livelli, è la guida ideale per un percorso teatrale piacevolissimo attraverso “L’arte di saper invecchiare” di Cicerone. Dopo averci affascinati con “Processo a un seduttore” del medesimo autore, il “grande vecchio” del teatro ci conquista con questo sorprendente testo del più geniale avvocato di tutti i tempi. Lo spettacolo si apre all’attualità attingendo a spunti di autori contemporanei e ai contributi di tutti gli anziani (e dei grandi anziani) che vogliano “dire la loro". L’arte di saper invecchiare illustra le motivazioni che mettono generalmente in cattiva luce la vecchiaia e ne confuta la fondatezza. Cicerone esalta l’importanza delle attività per l’anima e delle “cose grandi” per le quali non è necessaria l’agilità del corpo ma piuttosto l’intelligenza e l’autorità e che si possono compiere anche da anziani come accadde, per esempio, a Sofocle che continuò a scrivere tragedie quali l'Edipo a Colono, o a personalità quali Platone o Pitagora. Il corpo non è una casa, ma un albergo dell'anima. Secondo l’autore, l'anima è immortale, e ne è una prova il fatto che si sanno molte cose già dalla nascita, e nemmeno quando siamo vivi l'anima si vede, dunque può esserci anche dopo...
L’idea di proporre i processi, le orazioni e le opere filosofiche dell’antichità nacque all’inizio degli anni ’50, a Genova, grazie al felice incontro tra il professor Francesco Della Corte e un gruppo di universitari amanti del teatro, tra cui Vito Molinari e Piero Nuti che li presentarono con enorme successo nelle Università e nei teatri d’Italia. I testi di partenza sono antichissimi ma lo spirito in essi contenuto e le parole con cui sono comunicati toccano direttamente la sensibilità contemporanea di ciascuno di noi. L’intento di Cicerone è lui stesso a illustrarcelo con chiarezza:“Desidero sollevare te, e anche me stesso, di questo peso della vecchiaia. La stesura di questo libro mi è stata così piacevole che, non solo ha spazzato via tutte le angosce della vecchiaia, ma mi ha anche reso la vecchiaia dolce e gradita”.
Fonte: La conchiglia di Santiago