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Zubin Mehta ritorna al Teatro del Maggio, calorosa accoglienza a Firenze

Zubin Mehta (foto Simone Donati)

Grande attesa per il ritorno di Zubin Mehta sul podio del Teatro per i due concerti del Ciclo Šostakovič in programma giovedì 28 e sabato 30 giugno 2018 alle 20 durante i quali dirigerà il pianista Sir Andràs Shiff  e  l'Orchestra del Maggio.

Il maestro Mehta, arrivato a Firenze giovedì 21 giugno, è stato accolto tra gli applausi da una delegazione del Maggio andata a dargli il benvenuto all’aeroporto e successivamente ha ricevuto manifestazioni d’affetto da parte dei musicisti dell’Orchestra, dei fiorentini che lo hanno incontrato e degli utenti delle pagine social del Teatro, che in questi giorni hanno visto moltiplicarsi i “like” ai post che lo riguardano. Grande l’affetto ricevuto da Firenze, ricambiato dal maestro che ha detto di essere molto felice di essere tornato “nella sua città e nel suo teatro”.

Felice al punto da chiedere di inserire un nuovo brano al programma del concerto di giovedì 28 giugno, che originariamente prevedeva solo la Sinfonia n.1 in fa minore, op. 10 di Dmitrij Šostakovič e il Concerto per pianoforte e orchestra n.2 in si bemolle maggiore, op. 83 di Johannes Brahms, e a cui si va ad aggiungere, in apertura, la Vorspiel del Die Meistersinger von Nurnberg di Richard Wagner.

Sabato 30 giugno invece Zubin Mehta interpreta con Sir Andràs Shiff il Concerto per pianoforte e orchestra n.1 in re minore op.15 di Johannes Brahms e a seguire la Sinfonia n.5 in re minore op.47 di Dmitrij Šostakovič.

Il programma di giovedì 28 giugno

Il preludio all'atto primo dei “Maestri Cantori di Norimberga” (Vorspiel  del Die Meistersinger von Nurnberg) sintetizza e riassume in espressione musicale, come forse mai accade in altra opera di Wagner, tutto lo spirito e i contrasti dell'azione scenica sino alla finale, solenne celebrazione a lode dell'arte tedesca. Rappresentata per la prima volta a Monaco il 21 giugno 1868, l'opera ebbe, cosa per Wagner consueta, una lunga gestazione, dalla casuale scoperta delle vicende del calzolaio-poeta Hans Sachs, avvenuta a Marienbad nell'estate 1845 leggendo la «Storia della letteratura poetica nazionale dei Tedeschi» del Gervinus, fino al periodo di composizione letteraria e musicale vera e propria, durata quasi sette anni, dal 1861 al '67.  Musicalmente il preludio è costruito su alcuni dei temi fondamentali che ritorneranno nel corso dell'opera seguendo i criteri della tecnica dei «Leitmotive» o motivi conduttori: unità musicali legate a determinati simboli o situazioni con funzioni drammatiche.

Opera prima dell’enfant prodige della musica russa di inizio secolo scorso, la Sinfonia n. 1 è composta da un diciannovenne Šostakovič come saggio per il diploma di composizione al Conservatorio di San Pietroburgo. Nonostante sia la composizione di uno studente, la sinfonia viene notata per l’originalità della scrittura e ne viene organizzata un’esecuzione pubblica nella sala della Filarmonica il 26 maggio del 1926. Il pubblico la accoglie con favore e la sinfonia del giovane talento sovietico valica ben presto i confini del paese, eseguita in giro per il mondo dai maggiori direttori del tempo. Già in questa prima prova sinfonica spiccano alcuni tratti che diventeranno caratteristici del linguaggio di Šostakovič: una predilezione per i ritmi incisivi e gli andamenti di marcia dal tono macabro e ironico, il gusto per soluzioni timbriche insolite e per il lirismo solista di alcuni strumenti e l’inconfondibile guizzo ironico, che gli consentirà di realizzare sempre opere ambigue, capaci di mascherare l’angoscia più cupa dietro l’immagine di un apparente tripudio.

Composto nel 1881, il Concerto n. 2 si bemolle maggiore op. 83 è il frutto della felice stagione creativa in cui Brahms ha già ottenuto un meritato riconoscimento, come auspicato da Schumann, con le prime due Sinfonie e il famoso Concerto per violino. Definito dallo stesso autore come ‘un gran bel concerto’ e realizzato, stando alle sue parole, con notevole facilità, questo concerto è in realtà una delle opere per pianoforte e orchestra più complesse della letteratura ottocentesca, già a partire dall’imponente struttura di respiro sinfonico, con quattro ampi movimenti in luogo dei canonici tre. Rispetto al passato, Brahms riserva un’attenzione particolare al protagonismo dello strumento, che grazie a una scrittura solida e vigorosa, dove sono numerosi i passaggi virtuosistici, riesce a imporsi su un tessuto orchestrale pur fitto e articolato.

Il programma di sabato 30 giugno

La difficile gestazione del Concerto n. 1 in re minore op. 15 - ben quattro anni di dubbi, ripensamenti, modifiche e richieste di consigli ai fidatissimi Clara Schumann e Joseph Joachim - è pari alla sorte di Brahms, segnata da favori altalenanti almeno fino agli anni Ottanta dell'Ottocento, quando verrà rivalutato definitivamente. Le perplessità suscitate nei primi ascoltatori erano dovute alle scelte stilistiche e compositive dell’autore, inconsuete e lontane dalle convenzioni del concerto per strumento solista e orchestra. Privilegiando un rapporto paritario tra pianoforte e orchestra, Brahms adotta qui una scrittura che concede ben poco spazio alla componente virtuosistica dello strumento ma che risulta perfettamente integrata in un complesso ordito orchestrale di matrice sinfonica.

Sono ormai lontani gli anni del felice trionfo della Prima sinfonia quando Šostakovič nel 1937 firma la Sinfonia n. 5, una delle sue composizioni più emblematiche e sofferte. L’anno precedente era stato infatti duramente attaccato sulle colonne della Pravda e l’articolo che lo accusava di formalismo, ovvero autore di arte borghese nemica del popolo, aveva messo in pericolo la sua carriera e la sua stessa vita. Šostakovič aveva appena concluso la sperimentale e complessa Quarta sinfonia ma decide di non farla eseguire e di chiuderla in un cassetto, aspettando tempi migliori. In sostituzione compone la Quinta, un’opera stranamente apprezzata dal regime che non riconosce dietro ai pochi accenni di trionfalismo musicale l’atto di denuncia del compositore. L’ambiguo sottotitolo, Risposta pratica di un compositore a una giusta critica, fece pensare inizialmente a una resa dell’artista dinanzi alla stoccata inflittagli dal regime di Stalin ma nei quattro movimenti della Quinta Šostakovič, in realtà, non adotta un linguaggio retorico né popolare. Anni dopo, sarà lui stesso a chiarire come il giubilo riscontrabile nella Quinta fosse solo un connotato di facciata, l’ennesima e tragica maschera indossata per dare sfogo alla propria creatività in tempi dominati dalla paura e dal terrore.

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