Salute in Carcere, Donvito (Aduc) e Lensi (Ass. Andrea Tamburi): "Quadro allarmante"
Qualche giorno fa, l’Agenzia regionale di sanità ha reso noto i risultati della IV rilevazione sulla salute dei detenuti in Toscana a 10 anni dalla riforma. I dati sono allarmanti. Il 58,7% della popolazione detenuta è affetta da almeno una patologia, un dato che nel caso del carcere fiorentino di Sollicciano sale al 62,1%. La rilevazione mostra che i disturbi psichiatrici continuano a rappresentare il gruppo di patologie più diffuse (38,5%), seguiti dalle malattie infettive e parassitarie (16,2%). In diminuzione, invece, i disturbi dell’apparato digerente che interessano il 9,5% dei detenuti mentre aumentano le malattie del sistema cardiocircolatorio (15,5%) e del metabolismo (12,1%).
Dal 2008, anno della riforma, la competenza sulla sanità in carcere spetta alla Regione Toscana. In questi dieci anni, però poco o nulla si è concretizzato a livello di prevenzione o della formazione del personale specializzato, specialmente in campo psichiatrico. Invero, qualcosa è stato fatto a livello di presidi interni, che dovrebbero però essere implementati e resi attivi per l’intera durata della giornata; in una istituzione totale è infatti impensabile il contrario. Il carcere è una struttura pubblica di servizio, all’interno della quale la persona detenuta dipende totalmente dallo Stato anche per intraprendere i dovuti percorsi di risocializzazione. La responsabilizzazione della persona detenuta passa anche e sopratutto nel rendere possibile, come per tutti i cittadini, l’attivazione di una normale prevenzione sanitaria. Specialmente in un luogo dove offerta alimentare e possibilità di attività fisica sono ridotti ai minimi termini.
Nello specifico del carcere fiorentino di Sollicciano, i dati della rivelazione della ARS ci offrono ulteriori e gravi motivi per insistere nell’invitare le strutture e le istituzioni competenti ad aprire con la città un serio e approfondito dibattito sul futuro dell’istituto. Un istituto che difficilmente è riformabile e che deve dimostrare di essere in grado di migliorare la qualità di vita dei detenuti e dei lavoratori. Altrimenti, lo ribadiamo, sarebbe meglio pensare alla sua dismissione.
Fonte: Ufficio Stampa