Riciclaggio e estorsione, 27 arresti in Toscana. Confiscata un'azienda di Montelupo
Ventisette persone tra la Toscana, la Sardegna e la Calabria sono state raggiunte da ordinanza di custodia cautelare nella giornata di oggi, mercoledì 23 maggio. Due sono in carcere, uno ha l'obbligo di dimora e venticinque sono agli arresti domiciliari. I reati sono associazione a delinquere, auto-riciclaggio, bancarotta fraudolenta, usura, estorsione, false fatturazioni e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
Le ordinanze sono state emesse dal Gip del Tribunale di Pistoia. Per quanto concerne la Toscana, le persone sono residenti a Pistoia, Firenze, Pescia, Massa e Cozzile, Montecatini Terme, Massarosa, Pieve a Nievole, Quarrata, Scandicci, Capannori e Vicopisano. Tutto ciò è risultato delle operazioni 'Amici Nostri' e di 'Pluribus', confluite in un unico procedimento da parte della guardia di finanza.
Le indagini sono state avviate nell'aprile 2015 e si sono concentrate su alcuni commercialisti del Pistoiese, oltre che su imprenditori a loro collegati. Sono state inoltre confiscate otto aziende, le cui sedi erano a Pistoia, Buggiano e Montelupo Fiorentino. Le società operavano nei settori della ristorazione, movimento terra, edilizia e vendita di tabacchi. Eseguito anche il sequestro preventivo di beni immobili e mobili nonché di conto correnti e depositi bancari per circa trentasei milioni.
Le investigazioni congiunte hanno consentito di individuare una struttura composta da imprenditori, operanti in vari settori economici, organizzata con l'aiuto di commercialisti. Allo scopo di agevolare alcuni imprenditori, attivi nella provincia di Pistoia, la struttura ha commesso reati di bancarotta fraudolenta, evasione fiscale ed elusione fiscale, nonché di illecito impiego di capitali, trasferiti anche all’estero per circa venti milioni di euro, arrecando un danno complessivo (nei confronti dei creditori terzi e dell’Erario) pari a oltre cinquanta milioni di Euro.
Le imprese coinvolte venivano 'svuotate' delle proprie risorse aziendali, attraverso il depauperamento dell’attivo, determinandone l’insolvenza ed, in alcuni casi, il fallimento. Quanto tolto, inoltre, veniva riciclato in nuove realtà imprenditoriali che, di fatto, subentravano alle imprese fallite o insolventi e ne proseguivano l’attività, anche attraverso 'prestanome'.