Via ad Almirante, Rossi: "Sia scritto sotto fascista e collaboratore dei nazisti"
"La maggioranza di centrodestra del comune di Grosseto ha deciso di intitolare una strada a Giorgio Almirante. Chiedo che sotto il suo nome sia scritto: "fascista e collaboratore con gli occupanti nazisti", come attesta il documento rinvenuto nel 1971 dagli storici dell'Università di Pisa, pubblicato da l'Unità e confermato in sede processuale nel 1974".
Così commenta sulla sua pagina Facebook il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi (Art.1-Mdp) in merito alla decisione di intitolare una via a Giorgio Almirante, oltre che a Enrico Berlinguer e 'alla Conciliazione'.
Leonardo Marras, capogruppo PD Regione Toscana, commenta invece così l’atto approvato ieri dal Consiglio comunale di Grosseto.
“C’era davvero bisogno di questa dimostrazione? Me lo chiedo e lo chiedo alla maggioranza grossetana che ieri ha messo in scena un altro, l’ennesimo, pietoso teatrino come una corsa con il fu alleato Tornusciolo a chi è più autenticamente fascista contemporaneo.
La risposta è no. Non c’era bisogno. Nel braccio di ferro tra le varie sfumature di destra che animano il Consiglio comunale ci perde la città. A chiunque è apparso senza senso imboccare questa strada solo per rispondere ad una provocazione fatta apposta per dividere la destra al potere e la maggioranza, assecondandola, ha fatto un errore tattico, che diventa anche istituzionale e storico, i cui effetti si ripercuotono sulla collettività.
Proporre la pacificazione nazionale è un vero e proprio vizio del centro destra, farlo dopo settanta anni di libertà conquistata è un gesto davvero sgradevole. Può sembrare un giudizio di parte, ma si tratta di un giudizio storico: non sarà passato inosservato che sono ben poche le realtà, anche toscane, da sempre governate dalla sinistra in cui è stata proposta l’intitolazione di vie o piazze ad Enrico Berlinguer; non è avvenuto nemmeno a Grosseto dove con l’alternanza di maggioranze di colore politico diverso si potrebbe facilmente cedere alla tentazione di affermare la vittoria ostentando simboli di parte, come una bandiera con cui sventolare la momentanea supremazia sull’avversario. Questo perché ai grandi uomini di parte è riservato il riconoscimento definitivo solo dopo aver consegnato alla storia l'opera con cui hanno contribuito a innalzare il valore della società e delle istituzioni, non prima di quando il giudizio politico sia superato dall’evidenza storica e perciò non più di parte. Indubbiamente Berlinguer è stato grande uomo politico e uomo di parte, per ciò che ha rappresentato per milioni di italiani, per i suoi strappi dal comunismo internazionale, per la responsabilità di tenere duro nei momenti bui vissuti dall’Italia negli anni settanta, per la capacità di innovazione politica e per l’integrità umana e la forza morale con cui ha combattuto il malcostume nella vita pubblica. Eppure la richiesta non è avvenuta o non si è portata avanti, qui come altrove. Almirante, invece, cosa ha fatto di grande? Cosa ha rappresentato per questo paese? Il suo passato così oscuro nel ventennio, le sue responsabilità politiche - se non penali – su atti e avvenimenti gravi per la nostra storia, il suo ruolo successivo nella Repubblica, costituiscono davvero meriti così alti da passare al riconoscimento universale? È stato riferimento per un costante e misero cinque per cento di elettori. Pochi, e nemmeno tutti vollero aprirsi subito e definitivamente alla democrazia con la cosiddetta ‘svolta di Fiuggi’ – guidata peraltro da altri –.
Senza approfondire, con il dichiarato intento di unire, è stato approvato al contrario un atto che spacca la città: pur senza l’unanimità in Consiglio, un’opinione di parte pur legittima diventa realtà oggettiva, che deve avere ed ha valore per tutti. Così l’atto obbliga il Comune ad adeguarsi ad un indirizzo che per molti è un’onta alla memoria collettiva e chi governa, a quanto pare, non si preoccupa minimamente delle conseguenze di provocare una frattura in una comunità che d'ora in avanti dovrebbe rimanere priva di valori condivisi. In questi casi, senza il pieno consenso dell’aula non si procede, perché andare avanti è segno di arroganza e di debolezza.
Giova ricordare che su molti episodi tragici, pur risalenti ad un momento di guerra civile, primo fra tutti la strage dei ragazzi di Maiano Lavacchio – i martiri d'Istia – mai c'è stata memoria divisa fra i nostri concittadini. È un simbolo, quello della memoria di quei ragazzi, e i simboli se hanno la forza di superare intatti tanti decenni, non si toccano.
Spero che il sindaco e la sua maggioranza pensino bene se dare realmente seguito o meno a questo indirizzo e che spendano nella riflessione almeno il tempo che sarebbe stato necessario impiegare prima di presentarla per ragionare e scegliere di non farne di niente”.