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Variante Urbanistica, Amato (PalP): "Ristrutturazione edilizia cautelativa solo per il PD"

"In nome della “rigenerazione urbana”, con la Variante al Regolamento Urbanistico si avvia un  trattamento degenerativo sulla città storica, con il rischio di incorrere a nuove speculazioni immobiliari. La Variante , aggredisce il patrimonio edilizio storico e abolisce l’obbligatorietà del restauro sui monumenti architettonici: la loro tutela viene demandata alla libera discrezionalità della Soprintendenza, che  ha funzioni di diversa natura, non tratta di pianificazione, non è suo compito occuparsi della disciplina in materia di attività edilizia ed urbanistica e  non può sopperire alla mancata pianificazione comunale.

Rimettendo alla Soprintendenza il destino degli edifici monumentali, il Comune, a mio avviso, recede da un obbligo costituzionale. Si rischia di eludere le funzioni attribuitegli dalla Legge urbanistica (L 1150/1942), dall’art. 118 della Costituzione, definite dal “Testo unico degli enti locali” L’urbanistica, quale funzione primaria ed essenziale, rientra tra tali compiti amministrativi, il Comune ha l’obbligo di dettare la disciplina delle trasformazioni e dell’uso di ogni immobile ricadente nel territorio comunale, nell’interesse generale.

La proposta Variante all’art. 13 delle Norme Tecniche di Attuazione del Regolamento Urbanistico agisce sulla disciplina delle trasformazioni del patrimonio immobiliare storico introducendo un’inedita “ristrutturazione edilizia limitata” su quasi metà dell’edificato del territorio comunale, pari al 42% degli immobili monumentali (sono esclusi i beni culturali, pari al 25%, demandati alla Sovrintendenza ), inesistente nelle norme regionali e nazionali.

La “ristrutturazione edilizia limitata” pur preservando la sagoma, le facciate – ancorché “sostanzialmente” – e alcuni elementi distributori (scale, androni), non tutela la configurazione interna degli edifici ed espone il patrimonio edilizio a ulteriori frazionamenti finalizzati agli affitti turistici.

Il rispetto degli elementi tipologici scompare dalle prescrizioni, con possibile alterazione dei caratteri architettonici dell’edificio, che riguarda sia gli elementi tipologici formali che strutturali. Se a queste aggiungiamo il mutamento della destinazione d’uso dell’immobile, non più ancorata al vincolo tipologico, il recupero abitativo dei sottotetti, il frazionamento degli immobili e la facoltà di soppalcarne gli spazi, ci rendiamo conto delle conseguenze che ci potranno essere.

Un pericoloso provvedimento che apre la strada agli appetiti sulle architetture monumentali del centro città e delle colline, che agevola la sciagurata vendita di edifici storici di proprietà pubblica e che, infine, legittima vecchie speculazioni bloccate dal sistema giudiziario.

Un vero e proprio atto di selezione sociale, rafforza l'esclusione dei residenti dai luoghi rappresentativi della città , privi oramai di funzione sociale. La gentrificazione

viene normata  e attuata attraverso un simile provvedimento. È sempre più evidente la carenza di politiche sociali, che tutelino l’ambiente di vita urbana ed i residenti.

Se già appare surreale l’invenzione di una ristrutturazione “alla fiorentina”, appare fuor di ragione la normativa che il Comune ha delineato per i monumenti architettonici: i pezzi più pregiati, dagli Uffizi a Forte Belvedere, dalla Villa di Rusciano alla Manifattura Tabacchi, saranno suscettibili di “ristrutturazione edilizia” tout court (“senza limitazioni” si precisa nella delibera). Non è un caso che molti di essi corrispondano alle “Aree di Trasformazione” del RU e alcuni siano anche presenti nei Piani di alienazione.

La sostituzione del restauro con la “ristrutturazione” contravviene alla prescrizione di tutela del Bene culturale espressa nell’art. 29 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. La ristrutturazione edilizia è infatti la classe di intervento che consente la maggior libertà nelle opere di trasformazione, persino la demolizione dell’edificio e la sua ricostruzione in forme diverse da quelle originali. Quanto a previsioni urbanistiche dunque, sui monumenti si potrà agire con la stessa libertà con cui si opera su un capannone industriale. È d’altra parte evidente come questa operazione allontani tutta la popolazione fiorentina residuale, innalzi il costo della vita, elimini servizi, annulli la vita di comunità e di quartiere, consegni la città ad un’ospitalità standardizzata, la renda un luogo ostile, completamente sfigurato e senza anima".

Fonte: Gruppo Misto Comune di Firenze

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