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Intervista a Carolina Orlandi: la storia di David Rossi raccontata da chi gli era accanto

Cinque anni fa, il manager del Monte dei Paschi di Siena, David Rossi, viene trovato morto in un vicolo della cittadina senese, sotto la finestra del suo ufficio. Il caso viene subito archiviato come suicidio, anche se fin dall'inizio, emergono aspetti inquietanti nella dinamica della caduta e nei suoi retroscena. Cinque anni dopo, la figlia Carolina Orlandi, decide di raccontare la sua versione dei fatti, nel libro d'esordio "Se tu potessi vedermi ora" (Mondadori 2018 p.109). La vicenda, appare così filtrata attraverso i suoi occhi, il suo punto di vista, in un racconto molto toccante, ma allo stesso tempo puntuale e dettagliato. Così, pagina dopo pagina, i ricordi personali si mescolano alle indagini giudiziarie, consegnandoci una parte rimasta fino ad ora invisibile dell’ex manager di Mps. Ho voluto intervistare Carolina, partendo da una domanda banale ma necessaria:

Parliamo del  titolo, "Se tu potessi vedermi ora", sembra proprio una dedica a David, lo è realmente? Com'è nata l'idea?

Il titolo nasce dalle pagine del libro. “Se tu potessi vedermi ora” è il titolo di una canzone che ascoltavo spesso nei mesi successivi alla morte di David. Per molto tempo, però, ho creduto che il titolo del libro dovesse essere qualcosa di meno personale e più metaforico. Alla fine, invece, ha vinto la spontaneità, l’autenticità dei miei 26 anni. Tutti mi dicevano che questo titolo lasciava trasparire molto di più il lato umano di questo libro, che è la parte più importante che viene fuori.

<Una sera, a tavola, ti ho chiesto come mi sarei dovuta muovere, un giorno, se avessi voluto scrivere un libro. E tu, con aria apparentemente disinteressata, mi hai detto: "Intanto per scrivere un libro bisogna aver qualcosa da raccontare>. Ecco, quando hai capito che quel qualcosa da raccontare esisteva davvero, nonostante rappresentasse per te e per la tua famiglia un'immane tragedia?

L’ho capito una mattina mentre ero ad una lezione del mio corso di giornalismo. Ero a Torino. Avevo sperato per più di tre anni che qualche giornalista d’inchiesta mettesse nero su bianco tutte le incongruenze di questa storia in un libro. Poi, quella mattina, mi ha attraversato di colpo la consapevolezza che la mia verità - ciò che era successo alla mia famiglia, chi era David come uomo e tutto ciò che la testate di giornale non potevano mostrare - aveva comunque un valore. Diverso, ma allo stesso modo importante. Era l’unico modo per portare le persone dentro a questa vicenda, a interessarsene, a farla propria, ed a non farla annegare nell’indifferenza. Quando da adolescente avevo fatto a David quella domanda, non avrei mai pensato né tantomeno voluto che questa fosse la storia che dovevo raccontare.

Ed infine, c'è una frase che mi ha colpito più di altre: <Mi assale la rabbia, poi la consapevolezza di essere condannata al paradosso più duro: lottare contro la Giustizia per avere giustizia>.  È una frase, anzi una contraddizione in termini molto forte, ma leggendo il tuo libro non si riesce ad esserne stupiti. Sono presenti infatti, molti dettagli che fanno pensare che non si sia trattato di suicidio. Ti chiedo allora, hai ancora speranza in una Giustizia futura?

Penso spesso a questo, non so se credo ancora nella Giustizia, ma ci spero molto. Spero che l’educazione alla legalità, alla cittadinanza attiva, possa portare a cambiare le cose. Spero il più presto possibile di poter dire con fermezza “nella Giustizia italiana io ci credo!”

Il libro verrà presentato a Pistoia, venerdì 13 aprile, presso lo Spazio di via dell’ospizio a partire dalle ore 18. Oltre all'autrice, Carolina Orlandi, sarà presente il giornalista de La Nazione, Daniele Bernardini.

Giulia Meozzi

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