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L'importanza della fotografia nell'investigazione criminale

Complesso ottico per fotosegnalamento denominato "Gemelle di Ellero".

Siamo nel 1839, ed è un dagherrotipo a riprodurre uno scorcio di Parigi: in basso a sinistra, quasi nell'angolo, appare un uomo. È un immagine importante perché, per la prima volta, un nostro simile veniva fotografato. Forse, di lui, non si era neppure accorto il fotografo, Louis Daguerre, e di certo neanche il soggetto si rese conto di quanto accadeva. Anonimo, con il volto sfocato ed il corpo lievemente mosso. E così, in modo del tutto involontario, l’uomo entrava nella storia della rappresentazione determinandone una nuova e rivoluzionaria fase. Il 9 agosto del 1839, Lo scienziato Louis Arago comunicò all'Accademia della Scienza di Parigi, l’invenzione della tecnica messa a punto da Louis Daguerre. Arago, comprese immediatamente il ruolo decisivo che la tecnica fotografica, ancora arcaica, avrebbe avuto nelle scienze umane.

Infatti, il fisiognomico Lombroso trovò nella fotografia un sistema identificativo che consentiva di raccogliere una galleria di ritratti destinati a diventare modelli di riferimento per gli studiosi di antropologia criminale, ma, allo stesso tempo, quelle immagini diedero inizio ad una schedatura dei soggetti considerati socialmente pericolosi. Chiarissima la precisazione del fondatore dell’antropologia criminale “Nessuno dovrebbe dimettersi dal carcere senza esser mai stato fotografato, e la sua fotografia insieme con la sua storia dovrebbe esser spedita alla questura del suo paese ed ad un ufficio centrale di questura nella capitale.” L’osservazione lombrosiana risulta in perfetta sintonia con i principi metodologici del positivismo, che trovò nella fotografia un utile strumento di ricerca, considerato fonte di inoppugnabile oggettività.

Ed è su questa scia che si pone la schedatura proposta da Alphonse Bertillon (1853-1914), cancelliere di Parigi, che cercò di risolvere con metodo il problema dell’identificazione dei criminali recidivi. Spesso infatti, i delinquenti che evadevano di prigione o che si sottraevano alla giustizia, tentavano di mascherare la propria identità cambiando nome e praticando mutilazioni sul proprio corpo, tali da confondere gli inquirenti. Per cercare di opporsi a tale problematica, già nel 1874, Parigi si dotò di un servizio fotografico che condusse così alla realizzazione del primo schedario segnaletico della storia dell’investigazione criminale. Umberto Ellero, invece, che ebbe un ruolo primario nell’affermazione della Polizia scientifica italiana, va soprattutto ricordato come il maggiore sostenitore e studioso della fotografia giudiziaria, nel periodo compreso tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Ricordiamo, che, la prima fotografia segnaletica italiana fu probabilmente quella raffigurante Giuseppe Garibaldi, diffusa dalla polizia del Regno di Napoli nei porti e posti di polizia, il 3 maggio 1860, nei giorni antecedenti la spedizione dei Mille. La fiducia, dimostrata da Ellero per il suo sistema di identificazione, si evince nel libro “La fotografia nelle funzioni di polizia e processuali”, in cui si propone un metodo fotografico multiplo.

Gli strumenti che permettevano la ripresa totale erano le cosiddette “Gemelle di Ellero”: due macchine fotografiche sincronizzate per la posa contemporanea del soggetto di fronte e di profilo ( in casi in cui non si disponeva di due macchine si poneva uno specchio a 45 gradi sulla spalla del soggetto). All'inizio del XX secolo, le “Gemelle di Ellero”  entrarono a far parte del corredo giudiziario della Polizia italiana e furono applicate, certamente sulla spinta dell’antropologia criminale lombrosiana, anche in numerosi manicomi. In anni più recenti, a Torino, l’utilizzo del metodo fisiognomico sorretto dall'uso della fotografia ebbe un ruolo importante per giungere alla soluzione di un caso che aveva diviso l’Italia: quello dello “Smemorato di Collegno”.

Se siete curiosi di approfondire questo particolarissimo caso giudiziario, seguitemi dalle 16 su Radio Lady, che come ogni martedì, si trasformerà in Radio Criminale. Vi aspetto!

Giulia Meozzi

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