Sonia Oberdorfer, il libro sulla maestra fiorentina presentato alle Oblate
Avere vent’anni ed essere ebrea nel 1938, quando entrano in vigore le leggi razziali. È l’inquietante scenario storico e personale da cui si dipana il racconto, toccante e limpido, di Sonia Oberdorfer, giovane maestra fiorentina, oggi centenaria.
Sonia racconta di un mondo infranto, di un impatto violento sulla vita e sul mondo degli ebrei di allora, sulle famiglie ebree fiorentine e toscane colpite da una ferita che resterà dolorosamente insanabile. Pagine che narrano di affetti quotidiani ed eventi epocali, di bombardamenti e persecuzioni e che compongono il volume edito da La Giuntina La tela di Sonia con l’Istituto storico della Resistenza in Toscana e la Fondazione CDSE
Il libro sarà presentato domani, martedì 6 febbraio a Firenze, alla Biblioteca delle Oblate (ore 17) nell’ambito delle celebrazioni per il Giorno della memoria. Partecipano Ilaria Della Monica per la Biblioteca Berenson, Harvard Center for Italian Renaissance Studies, Villa I Tatti, la presidente dell’Associazione nazionale archivi Caterina Del Vivo e Valeria Galimi dell’Università di Milano.
La tela di Sonia raccoglie la testimonianza della giovane maestra accompagnata dagli approfondimenti di Marta Baiardi, Alessia Cecconi e Silvia Sorri, costruiti grazie ad anni di ricerche in archivi storici e fotografici con l’obiettivo di raccontare la storia nazionale e universale di come la vita delle persone viene sconvolta dalle leggi razziali.
Quello di Sonia però è un affresco esistenziale - lucido, doloroso e ironico allo stesso tempo - dove si narrano le abitudini e la quotidianità di una famiglia della piccola borghesia ebraica nella prima metà del Novecento che vengono spazzate via dall’avvento delle leggi razziali. Insieme alle vicende di Sonia e della sorella Lea, licenziate dalla scuola in cui insegnano, emergono le figure dello zio Giorgio Castelfranco, cacciato dalla direzione delle collezioni di Palazzo Pitti; del padre licenziato dalle ferrovie, dei cugini Castelfranco che da un giorno all’altro partono per l’America “senza salutare”. Si salveranno grazie alla vendita della preziosa e ineguagliabile collezione dei De Chirico di famiglia, che Castelfranco aveva raccolto quando il giovanissimo pittore viveva a Firenze, ospite della sua villa di Lungarno Serristori, oggi Museo Casa Siviero. Ci sono infine le presenze degli amici di tutti i giorni che, per vile obbedienza alle disumane norme, tradiscono consuetudini e affetti.
“Ricordo ancora l’ira con cui papà, di ritorno dal lavoro, dal quale era stato allontanato, scagliò a terra il distintivo del partito che tutti gli impiegati statali dovevano portare all’occhiello - mette per scritto Sonia Oberdorfer molti anni dopo gli eventi - Lea e io non potemmo più insegnare nelle scuole pubbliche. La nostra reazione si concentrò sul presente immediato: io trovai un posto di donna di servizio presso una famiglia di ebrei”.
Affetti quotidiani ed eventi epocali, guerre e persecuzioni ed anche personalità del mondo culturale e artistico si incontrano nelle pagine dattiloscritte dall’insegnante vissuta tra Firenze a Genova, che combatte la sua personale battaglia contro l’odio e i rastrellamenti e che – insieme alla sua famiglia - riesce fortunosamente a sfuggire alla deportazione (riparano nella tenuta di famiglia, a Porcozzone, vicino a Senigallia, nelle Marche).
Fonte: ufficio stampa