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Di Maio incontra le imprese toscane: "Metodo, semplificazione, condivisione e no conflitti di interesse"

(foto gonews.it)

Oggi, 17 gennaio, nella Sala Pontevecchio del Convitto della Calza a Firenze, il candidato premier del M5S, Luigi Di Maio, ha incontrato i rappresentanti del mondo delle imprese e le associazioni e organizzazioni di categoria. Un dialogo sul fare impresa oggi. Ad aprire il dibattito, moderato da Giacomo Giannarelli (Consigliere M5S Toscana), i rappresentanti delle organizzazioni Marco Ranaldo - presidente Confindustria Toscana, Aldo Cursano - presidente Fipe Confcommercio, Claudia Fedi - referente per Coldiretti Toscana, Roberto Capobianco - presidente Conflavoro Pmi, Mauro Lassi - vicepresidente Confesercenti e Marco Paolicchi - vicepresidente Cna Toscana.

In piena campagna elettorale in vista del 4 marzo, programmi ormai scritti e tour nelle città italiane avviati per tutti i candidati, il dibattito di oggi è stato incentrato sulle riforme e sulla necessità di aiutare le imprese in un momento economico che segue la crisi. Dai rappresentanti di categoria si è levato un coro in cui tutti chiedono meno burocrazia, un'applicazione rigida del codice degli appalti, più legalità, aiuti alle imprese.

Dagli interventi dei partecipanti si evince, e forte, la necessità delle imprese toscane, di avere un impatto sul mercato, di essere competitive e di creare valore, sia che si tratti di artigianato che di agricoltura, sia che si parli di commercio che di industria. Al candidato premier del Movimento 5 Stelle si chiede attenzione sulla piccole e medie imprese.

Marco Paolicchi, vicepresidente di Cna Toscana e presidente del Polo Tecnologico di Pisa, si rivolge all'onorevole di Maio e ripercorre i passaggi cruciali di quanti lo hanno preceduto nell'incontro: "Siamo di fronte a un'ipertrofia formativa e abbiamo fondi di miliardi di euro bloccati per l'incapacità di metterli a frutto. L'approccio culturale alla legalità passa attraverso la legalità non attraverso la iper-burocratizzazione dei processi. Noi facciamo cose belle che vogliamo vendere nel mondo, ma forse sul modo in cui abbiamo gestito alcuni dei mercati ai quali ci siamo affacciatii c'è qualcosa che non va. In tema di Europa ritengo che noi dobbiamo credere in un mondo aperto e in un mondo di scambi, credere nella globalizzazione.  Ci chiediamo cosa ne pensi la politica delle piccole e medie imprese, che siano poco competitive o invece spina dorsale del Paese? Bisognerebbe chiedersi chi produce lavoro e chi plusvalenza e rendite. Immagino che noi dobbiamo chiederci se una iniziativa legislativa deve favorire le rendite o il mondo del lavoro. Perché il paese investe poco in un tessuto economico capitalizzato. Il nostro, anche nel mondo digitale, è un ecosistema di aziende incredibili ma che hanno scarsa capacità di mercato, mondo che invece dovrebbe entrare nei mercati. Dobbiamo far competere i nostri talenti su mercati, non privilegiando le rendite". Chiuso l'intervento, il vicepresidente di Cna Toscana ha domandato al candidato premier: "Qual è il ruolo dei corpi intermedi? Qual è la vostra idea sul nostro ruolo?".

Il vice presidente della Camera Di Maio ha raccontato le difficoltà del padre di orientarsi tra gli adempimenti:"Dal 2013, da quando siamo in Parlamento, noi del M5S abbiamo cercato di capire il perché di norme folli".

Di Maio ritiene che il problema delle norme da rimandare ai regolamenti parlamentari, così come lo strumento dell'audizione dei rappresentanti delle associazioni di categoria, ritenute uno novecentesco e ormai sorpassato: "Non bisognerebbe cambiare la Costituzione, ma i regolamenti parlamentari. Quando si scrive una legge bisognerebbe poter incontrare i dirigenti che stanno scrivendo la norma. Una circolare ministeriale ha più peso della legge".

"Un numero elevato di leggi, quasi una al giorno, fanno sì che le aziende passino molto del loro tempo tra fare adempimenti e ricevere controlli, anche per una sorta di agonismo normativo. I programmi elettorali non devono contenere le leggi da fare, bisogna semplificare, ma non facendo nuova burocrazia, un esempio ne è il redditometro. La nostra proposta è abolire 400 leggi e pensare che un imprenditore è onesto fino a prova contraria, cioè con incrocio delle banche dati sella pubblica amministrazione. Da lì si può capire se c'è qualcuno che fa il furbo. Bisogna vincere le resistenze degli enti che non vogliono condividere le loro banche dati. Dobbiamo fare un lavoro su questo, tutti i parlamenti europei stanno cercando di capire come ridurre il numero delle leggi. In Francia ogni 3 settimane si fermano le leggi. In Inghilterra non si fanno richiami a leggi precedenti. Eliminare state of payment, redditometro e spesometro, ranking di impresa, ma non lasciare vuoti normativi. Abbiamo effettuato uno studio e appurato che in Italia servono 40 codici. Dal 4 marzo bisogna pensare a una riorganizzazione dell'esistente. Attuare lo Statuto sulle imprese. Anche il Codice degli appalti è stato più volte modificato per poi aver bisogno, per essere interpretato, delle linee guida Anac.
Non c'è consapevolezza dell'impatto della legge sull'ordinamento. La sburocratizzazione la porterò avanti per tutta la campagna.
Stabilità: concetto che tutti richiedono. In  Europa i partiti tradizionali sono ridotti ai minimi termini".

Poi parla della legge elettorale, che in Italia potrebbe non determinare un vincitore unico. In base a sondaggi interni al Movimento, il numero di parlamentari per i 5 stelle sarà triplicato rispetto al 2013. Poi dedica anche una piccola parentesi ai tempi della giustizia. "Bisogna eliminare sovrapposizioni. I tribunali devono lavorare il doppio del tempo rispetto a ciò che fanno oggi per dare giustizia a chi crea valore in questo Paese".
Sull'Europa ribadisce le dichiarazioni che non vogliono il M5S fuori dall'Ue nel caso dovesse vincere le politiche, ma Di Maio afferma: "Possiamo essere più forti come Italia, tante cose vanno riviste, le piccole imprese, che sono un indotto delle grandi, si attestano sotto i 15 dipendenti, mentre in Europa le norme si fanno sul modello delle PM francesi e tedesche, le cui piccole imprese hanno 90 dipendenti". Sulla Bolkestein dichiara:"Non si sa come gli ambulanti vi siano finiti. Il parlamento tedesco ha 45 funzionari a Bruxelles, quello italiano 2". E poi rilancia la necessità di istituire un'Alta scuola di Pubblica amministrazione."
Su investimenti e tassazione, che dichiara "essere legati", Di Maio racconta del suo recente viaggio a Washington dove ha incontrato i vertici di Fca che per arrivare a una tassazione del 15% hanno creato un deficit e  un abbassamento delle tasse con conseguente gettito maggiore. La sua risposta per l'Italia, che ha un debito pubblico più alto, è fare investimenti produttivi che sono ad alto moltiplicatore. "Dobbiamo fare investimenti tagliando spese improduttive, ma non per forza fare investimenti in deficit. - Su questo punto ha sottolineato- Non nomineremo un altro commissario per lo studio sulla spending review. La nostra sfida è abolire la  spesa improduttiva. Non abbiamo interessi a mantenere posti nei Cda delle partecipate di enti inutili che sono solo bacini di voti. Più deficit per investimenti, più gettito e abbassamento del costo del lavoro. Per rendere competitivo il Made in Italy deve essere competitivo il modo di assumere dipendenti".
Sulle banche: "Le banche pubbliche europee sono servite per eludere Maastricht. Le banche private vanno riportate sul terreno dell'economia reale. In Italia non c'è crisi del debito privato, ma una crisi debito pubblico. Serve una banca pubblica per gli investimenti, che naturalmente è la Cassa depositi e prestiti, per ripagare alle aziende i debiti dei crediti che vantano. Con Cdp lo stato dovrebbe garantire le imprese".

In chiusura ecco i punti elencati dal candidato premier Luigi Di Maio per le imprese: "Metodo, semplificazione, condivisione, classe politica senza conflitti di interesse. Risolvere e portare avanti gli stessi punti programmatici che svettavano sui manifesti delle associazioni di categoria negli anni '80 e '90".

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