La celebre testa di cavallo Medici-Riccardi in restauro al Museo Archeologico Nazionale

Il restauro

Il restauro

È stato ufficialmente dato l’avvio ai lavori di restauro della celebre testa di cavallo in bronzo cd. Medici – Riccardi, capolavoro della scultura greca di età tardo-classica (intorno al 350 a.C.) appartenuta a Lorenzo il Magnifico, integrata dal restauratore Bartolomeo Cennini sotto Cosimo II e nel 1881 passata nel Museo Archeologico di Firenze insieme a tutti gli altri reperti archeologici che avevano costituito le imponenti collezioni mediceo-lorenesi.

Grazie a un contributo straordinario della Fondazione non profit Friends of Florence, il lavoro, affidato alle mani di Nicola Salvioli, esperto restauratore e docente di restauro dei metalli, sarà effettuato nella stessa sede del Museo Archeologico (Secondo Piano: Museo delle Collezioni), sotto la direzione di Mario Iozzo e la supervisione di Stefano Sarri (Centro di Restauro della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana).

“Siamo davvero molto felici di collaborare con il Museo Archeologico Nazionale di Firenze e con la Soprintendenza e poter contribuire al restauro e allo studio di un’opera così importante – sottolinea Simonetta Brandolini d’Adda Presidente della Fondazione non profit Friends of Florence. - Pur non avendo vinto la scorsa edizione del Premio Friends of Florence Salone dell’Arte e del Restauro di Firenze 2014, questo progetto meritava di essere valorizzato per l’importanza storico-artistica del manufatto. Partecipare a questo intervento è per noi un’occasione unica: la testa di Cavallo Medici Riccardi farà parte di una mostra che toccherà gli Stati Uniti d’America e ciò permetterà ai nostri soci di poter ammirare ancor più da vicino una delle opere che noi abbiamo adottato”.

L’intervento “a cantiere aperto” e quindi visibile al pubblico durante gli orari di apertura del Museo, terminerà l’8 marzo allorché, la bellissima testa di destriero da guerra, con criniera cesellata e dettagli anatomici accuratissimi, sarà esposta nella mostra “Potere e Pathos. Bronzi del modo ellenistico” che si terrà a Palazzo Strozzi a Firenze dal 14 marzo al 21 giugno 2015, per poi volare oltre oceano, negli Stati Uniti, prima al J. Paul Getty Museum di Los Angeles (28 luglio - 1° novembre 2015) e poi alla National Gallery of Art di Washington DC (6 dicembre 2015 - 20 marzo 2016).

In parallelo e a supporto del restauro, si svolge una campagna di analisi e di studio tecnologico per la determinazione delle problematiche conservative e dei materiali originali (leghe, patine, cere, dorature), a cura del CNR di Firenze – Istituto di Fisica Applicata “ Nello Carrara”.

Orari di visita del Museo:

Da Martedì a Venerdì: 8,30 – 19,00

Lunedì, Sabato-Domenica: 8,30 – 14,00

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Testa di cavallo detta “Medici Riccardi”

Seconda metà del IV secolo a.C.

Firenze, Museo Archeologico Nazionale, inv. 1639

La protome appartenne alla collezione di Lorenzo il Magnifico ed è nota come “Medici Riccardi” dal nome del palazzo in cui per secoli fu conservata: prima della cacciata dei Medici si trovava nel giardino del palazzo mediceo di via Larga, che si affacciava su via dei Ginori, come appare dagli atti di confisca dei beni della famiglia, dove è menzionata come una «testa di bronzo di cavallo che era nell’orto». Il 1494 è dunque un termine ante quem, ma non sappiamo quando la scultura sia entrata nelle raccolte medicee. Il confronto di questo bronzo sia con la Protome Carafa che con la testa del cavallo del Monumento equestre al Gattamelata, realizzati da Donatello tra il quinto e il sesto decennio, indica una forte analogia formale tra il modello antico e le due opere “moderne”. L’artista, cui i Medici affidarono la cura di tutti i loro reperti antichi, parrebbe dunque aver studiato direttamente questa Testa anche prima della sua partenza per Padova, alla fine del 1443: se così fosse, dovremmo pensare che quest’opera figurava tra le “anticaglie” di Cosimo il Vecchio già in tempi precedenti al trasferimento della famiglia nel nuovo palazzo michelozziano (1458 circa). La passione del Medici per le sculture classiche è del resto confermata da Vasari, laddove ricorda, a proposito del Marsia (oggi agli Uffizi) posto all’ingresso del secondo cortile del palazzo, che Cosimo aveva «avuto di Roma molte anticaglie». Dopo la confisca del 1494-1495 la Testa fu conservata a Palazzo Vecchio, per essere restituita ai Medici dopo il loro rientro a Firenze nel 1512: essa tornò allora nei giardini del palazzo di via Larga, dove nel corso del Cinquecento fu adattata a bocca di fontana ad opera di Bartolomeo Cennini e più tardi (dopo il 1672) accostata, sempre con la stessa funzione, a una statua celebrativa del marchese Francesco Riccardi, nuovo proprietario del palazzo. Nel 1815 fu esposta agli Uffizi, da dove nel 1890 raggiunse il Museo Archeologico, già ospitato nel Palazzo della Crocetta.La testa di cavallo, sulle cui circostanze di rinvenimento e sulla cui provenienza sappiamo ben poco, faceva sicuramente parte di una statua equestre a grandezza naturale. La scultura, che riveste caratteri di assoluta eccezionalità, rappresenta uno dei pezzi più significativi nel panorama dei bronzi delle collezioni fiorentine, esemplificando efficacemente la ricchezza dei grandi bronzi antichi, rappresentanti divinità, imperatori, o anche semplici cittadini, presenti in gran numero nelle città antiche. La fame di metalli dell’Alto Medioevo, periodo in cui le statue di bronzo venivano smembrate per essere rifuse, ha contribuito alla quasi totale scomparsa dei grandi bronzi. Anche la testa Medici Riccardi costituisce un’eloquente testimonianza di questi scempi, e non solo perché la protome non è una scultura in sé conclusa ma l’unica parte che rimane di un grande cavallo; e infatti evidente che il cavallo era sicuramente montato, come dimostra la barra del morso ancora visibile all’interno della bocca. Non rimane altro dei finimenti e delle briglie, certo realizzati a parte equindi subito asportati; si conserva viceversa la lingua, per quanto anch’essa realizzata a parte e poi inserita.Degli occhi, originariamente riportati in materiale diverso, non restano che le orbite vuote. Il cavallo, raffigurato in posizione dinamica, con la bocca aperta, stirata dall’azione del morso, le labbra che scoprono i denti fra i quali si intravede la lingua, le narici dilatate, presenta caratteristiche anatomiche di grande verismo, in particolare le orecchie con il bordo peloso, il taglio dell’occhio, le pieghe del pelame, unitamente al ciuffo frontale legato in alto e alla corta criniera emergente tra due bassi orli. I caratteri stilistici, che denotano un notevole livello artistico, oltre ai confronti con sculture e rilievi del periodo tardo classico, inducono a proporre una datazione del pezzo non oltre gli ultimi decenni del IV secolo a.C. Questa ipotesi, contestata da numerosi specialisti, piuttosto inclini a proporre una datazione verso la fine del periodo ellenistico o, addirittura, al periodo imperiale romano, è suffragata anche dalle analisi tecniche. La tecnica di lavorazione e la lega metallica rame-stagno confermano infatti che si tratta di un originale greco, databile tra il periodo tardo-classico e il primo ellenismo, ipotesi suffragata dal fatto che la doratura a foglia, che aveva portato a supporre che la testa appartenesse a una replica romana, è stata applicata alla statua in un secondo momento, su strati di prodotti di corrosione già stabilizzati.

Giuseppina Carlotta Cianferoni

Fonte: Ufficio Stampa

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